La ‘ndrangheta e il controllo delle grandi opere pubbliche in italia: strategie, operazioni e sfide nel 2025
L’infiltrazione della ‘ndrangheta nelle grandi opere pubbliche in Italia minaccia la sicurezza economica e sociale, spingendo le autorità a intensificare i controlli e le indagini per contrastare il fenomeno.

L'articolo analizza come la 'ndrangheta si infiltri nelle grandi opere pubbliche in Italia tramite appalti truccati e imprese fantasma, evidenziando le strategie criminali, le indagini antimafia in corso e le difficoltà nella lotta contro questa infiltrazione. - Unita.tv
Negli ultimi anni la ‘ndrangheta ha intensificato il proprio interesse per il settore delle grandi opere pubbliche in Italia. Questo fenomeno, segnalato dalle forze dell’ordine e da vari organi di informazione, riguarda il modo in cui le cosche cercano di infiltrarsi in settori economici vitali per il paese. Il legame tra organizzazioni criminali e appalti pubblici rappresenta un nodo cruciale per la sicurezza economica e sociale del territorio italiano, toccando aspetti di corruzione, controllo imprenditoriale e dinamiche giudiziarie.
Espansione e strategie della ‘ndrangheta nel campo delle grandi opere
La ‘ndrangheta, nata in Calabria, è diventata una delle organizzazioni criminali più potenti e ramificate in Italia e all’estero. Il suo potere si è esteso ben oltre la regione di origine, arrivando a controllare porzioni significative di settori economici, tra cui le costruzioni e le infrastrutture. Il suo interesse verso le grandi opere pubbliche si basa su due elementi: la possibilità di realizzare guadagni ingenti e di esercitare un’influenza duratura sul territorio, anche economica e politica.
Le cosche puntano a inserirsi nei processi di appalto attraverso pratiche di infiltrazione difficili da individuare. Approfittano della complessità delle procedure e delle falle nella trasparenza per far emergere imprese fittizie o manipolate a proprio favore. Con questo metodo ottengono contratti importanti che garantiscono reddito e controllo. Spesso si servono di reti di imprese legate tra loro, apparendo come attori legittimi nel mercato, ma in realtà gestiti in modo occulto da esponenti della mafia. Non a caso le aree dove si sono registrate maggiori infiltrazioni corrispondono a territori tradizionali della presenza della ‘ndrangheta, ma con tendenza all’espansione anche in regioni del nord.
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Metodi di infiltrazione nelle gare d’appalto e aziende fantasma
L’azione della ‘ndrangheta sulle grandi opere passa da un insieme di tecniche coordinate. La creazione di società di comodo rappresenta un modo privilegiato per entrare nei cantieri e ottenere contratti. Queste imprese pochi conoscono come legate ai clan. Partecipano alle gare d’appalto puntando su manovre illegali come la corruzione di funzionari pubblici o la pressione intimidatoria su concorrenti scomodi.
Un caso recente in Piemonte documenta bene questa strategia. Tra Moncalieri e Carmagnola la Direzione Distrettuale Antimafia ha scoperto una rete che collegava diversi appalti alla ‘ndrangheta locale. Gli affiliati gestivano alcune imprese edili che dominavano il mercato locale imponendo condizioni agli imprenditori e richiedendo “protezione” in cambio di soldi.
Questi dati mostrano quanto la mafia si inserisca da protagonista nascosto nel comparto edilizio, senza lasciare tracce immediate. Il controllo diretto o indiretto di aziende permette di stabilire rapporti di forza nel mercato e condizionare anche le economie cittadine, bloccando o dirottando investimenti pubblici e privati.
Intensificazione dei controlli antimafia nelle grandi opere
L’aumento dell’attenzione verso queste infiltrazioni ha spinto le autorità italiane a rafforzare i controlli. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha istituito una serie di verifiche speciali antimafia nella fase di aggiudicazione degli appalti. Questa operazione mira a impedire che imprese sotto controllo mafioso possano accedere a bandi pubblici.
Questi controlli comprendono approfondite indagini sui legami tra imprese e presunti affiliati, incroci di informazioni con le forze dell’ordine e monitoraggio continuo delle attività. Già diversi casi accertati dimostrano che questa strategia permette di bloccare soggetti con influenze criminali prima che entrino nei cantieri. Il modello di vigilanza adottato sta diventando un riferimento per altri enti impegnati nella protezione delle opere pubbliche.
Le attività preventive e ispettive in diversi cantieri hanno drenato numerose operazioni illecite, riducendo l’accesso della ‘ndrangheta alle risorse pubbliche. Anche se la fenomenologia resta complessa e mutevole, il sistema di controllo italiano prova a resistere e reagire con strumenti più rigidi e coordinati.
Coordinamento internazionale contro la ‘ndrangheta
La capacità della ‘ndrangheta di operare su scala globale ha spinto le forze di polizia ad attivare collaborazioni internazionali. Interpol ha promosso il progetto I-CAN , che dal suo avvio ha portato all’arresto di 108 membri della cosca in diversi paesi fino a gennaio 2025.
I-CAN si concentra sull’intercettazione delle reti criminali e sullo smantellamento delle strutture che la ‘ndrangheta usa per espandersi oltre confine. Il coordinamento con varie forze di polizia straniere permette di seguire flussi finanziari, comunicazioni e movimenti sospetti legati all’organizzazione.
Questa azione congiunta è indispensabile perché spesso la mafia sfrutta procedimenti giudiziari lacunosi in altri paesi, traendo vantaggio dalle differenze legislative. Il monitoraggio internazionale punta a colpire anche la capacità della ‘ndrangheta di infiltrarsi nelle economie estere, rimettendo in discussione la sua portata globale.
Processi giudiziari e inchieste in corso su infiltrazioni nella pubblica amministrazione
Le procure italiane hanno avviato numerose inchieste volte a smascherare gli intrecci tra ‘ndrangheta e grandi opere pubbliche. Tra le operazioni più rilevanti c’è “Propaggine”, che ha visto importanti udienze a Roma nel marzo 2025.
Queste indagini arrivano a toccare figure chiave del crimine organizzato e confermano come esista un sistema di relazioni che permette alla ‘ndrangheta di agire indisturbata sul territorio. I procedimenti giudiziari cercano di ricostruire le catene di appalti falsificati e i benefici provenienti da accordi illeciti tra clan e operatori del settore edile.
Si tratta di momenti fondamentali per la giustizia, che consentono anche di sequestrare beni e risorse accumulati illegalmente. Per le autorità sono tappa essenziale per ridurre la forza economica mafiosa e aumentare il livello di legalità nell’attività pubblica.
Protagonisti e nomi sotto la lente antimafia
Diversi personaggi emergono come protagonisti nelle inchieste. Francesco D’Onofrio, originario di Mileto, è indicato come il capo della rete di ‘ndrangheta che agiva in Piemonte. D’Onofrio è accusato di averizzato riunioni tra esponenti criminali per definire alleanze commerciali e spartizioni di territorio.
Altro nome noto è Edgardo Greco, soprannominato “il killer della ‘ndrangheta”, noto per essere coinvolto in diversi lotti di operazioni anti-crimine internazionali. La sua figura rappresenta un anello di congiunzione nelle indagini transnazionali, capace di collegare diversi episodi di violenza e traffici illeciti.
Questi protagonisti incarnano la struttura organizzata e ramificata del clan, con ruoli precisi che vanno dal coordinamento logistico fino ai rapporti con il mondo imprenditoriale e politico.
Sfide e ostacoli nella lotta contro le infiltrazioni mafiose
La lotta giudiziaria e investigativa contro la ‘ndrangheta si scontra con problemi strutturali. La capacità del clan di mimetizzarsi dentro la società è molto alta. I membri spesso agiscono dietro false identità e si nascondono dietro settori legali. Usano l’intimidazione per bloccare i testimoni o per mantenere il silenzio nei loro territori.
Anche la collusione con persone influenti nel mondo politico ed economico crea difficoltà alle indagini. Alcuni episodi mostrano come questa rete di relazioni permetta agli esponenti mafiosi di evitare controlli e di rimanere impuniti a lungo.
Le inchieste mostrano che è complicato raccogliere prove dirette e dirompenti, specie perché i clan si preparano con anticipo e varano contromisure sofisticate. L’apparato giudiziario deve quindi farsi trovare costantemente pronto a raccogliere dati concreti e a proteggere chi collabora con la giustizia.
La sfida resta ampiamente aperta e la lotta giudiziaria un cammino lungo e spesso tortuoso, che richiede perseveranza e strumenti più efficaci.