Nel suo nuovo romanzo “La stagione che non c’era”, in uscita il 26 agosto per Guanda, Elvira Mujcic racconta la Jugoslavia del 1990 attraverso gli occhi di due ragazzi. La storia si svolge in un momento cruciale, quando il culto della memoria e del passato sfocia nella violenza, riflettendo le tensioni che hanno preceduto la guerra nei Balcani. L’autrice, nata in Jugoslavia nel 1980 e trasferitasi in Italia durante il conflitto bosniaco, usa questa cornice storica per esplorare temi come l’esilio e la guerra con uno sguardo personale e profondo.
Un paese sull’orlo della dissoluzione: jugoslavia negli anni novanta
La Jugoslavia del 1990 è una terra sospesa tra ricordi condivisi e divisioni crescenti. Il romanzo descrive questo passaggio delicato dove i nazionalismi prendono forza mentre si tenta ancora di mantenere un senso d’identità comune. Le voci dei leader estremisti si fanno sempre più insistenti nelle città e nei piccoli paesi vicini a Sarajevo, generando paura ma anche speranza.
In questo contesto teso emerge una società divisa fra chi vuole preservare l’unità jugoslava e chi invece spinge verso nuovi confini politici ed etnici. Mujcic mostra come questa atmosfera carica di tensione sia attraversata da persone comuni che cercano risposte diverse: alcuni fuggono o restano bloccati nell’esilio; altri provano a resistere o a costruire qualcosa che duri oltre lo scontro imminente.
I protagonisti: nene artista ossessionato dalla memoria e merima impegnata contro i nazionalismi
Il cuore narrativo ruota attorno a Nene e Merima, due giovani legati al loro piccolo paese vicino Sarajevo. Nene è un artista tormentato dall’idea che presto nessuno ricorderà più cosa significasse essere jugoslavi; sogna infatti di creare un’opera capace di testimoniare quel tempo complesso vissuto dalla sua generazione prima della frattura definitiva.
Merima invece cerca una via d’impegno diretto contro le forze distruttive dei nuovi nazionalismi. Porta dentro una ferita personale profonda legata all’amore perduto da cui nasce sua figlia Eliza, una bambina che non ha mai conosciuto suo padre proprio per colpa delle ombre create dal conflitto etnico crescente nella regione.
Questi personaggi rappresentano modi diversi ma complementari con cui affrontare quel periodo storico segnato da paura, dolore ma anche tentativi di resistenza culturale ed emotiva.
Elvira mujcic tra esperienza personale letteratura impegno civile
Elvira Mujcic ha vissuto sulla propria pelle gli effetti della guerra nei Balcani essendo nata nel 1980 in Jugoslavia ed emigrata in Italia durante il conflitto bosniaco degli anni novanta. La sua scrittura trae forza da questa esperienza diretta senza però limitarsi alla cronaca storica: attraverso la narrazione crea uno spazio dove passato, presente, emozioni, politiche si intrecciano con delicatezza.
Autrice già nota per opere come “Dieci prugne ai fascisti” , “Consigli per essere un bravo immigrato” o “La buona condotta” , Mujcic porta avanti anche attività culturali come conduttrice su Rai Radio3 con Pagina3 Internazionale, offrendo così contributi continui al dibattito sulle migrazioni, identità, memoria storica.
Un evento al palatino per ricordare srebrenica
L’11 luglio scorso ha aperto al Palatino la serata dedicata ai trent’anni dal massacro di Srebrenica nell’ambito del Letterature Festival Internazionale Roma, presentando uno scritto originale collegato proprio alla tragedia mai conclusa: “quella strage resta infatti simbolo doloroso delle conseguenze devastanti dei nazionalismi esasperati nella ex Jugoslavia.”