La drammatica storia di Rosa: violenze e isolamento nella Piana di Gioia Tauro

Rosa, giovane vittima di violenze legate ai clan della Piana di Gioia Tauro, costretta a fuggire con la famiglia per minacce e insulti, denuncia l’assenza di supporto istituzionale.
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La drammatica storia di Rosa: violenze e isolamento nella Piana di Gioia Tauro - unita.tv

Rosa, nome di fantasia, è una giovane donna che ha vissuto un incubo per due anni a causa di violenze subite da un gruppo di giovani legati ai clan della Piana di Gioia Tauro. Nonostante la condanna dei suoi aggressori, la sua vita e quella della sua famiglia sono state stravolte, costringendoli a lasciare il loro paese a causa di insulti e minacce. La madre di Rosa ha denunciato l’assenza di supporto da parte delle istituzioni, rendendo la loro situazione ancora più difficile.

La violenza subita da Rosa

La storia di Rosa è emblematica di un problema più ampio che affligge molte comunità. Per due anni, la giovane è stata vittima di abusi da parte di un gruppo di ragazzi, alcuni dei quali erano minorenni. Questi giovani erano noti per i loro legami con i clan locali, creando un clima di paura e intimidazione. Martedì scorso, la giustizia ha emesso una sentenza: sei degli aggressori sono stati condannati a pene che variano dai cinque ai tredici anni di carcere, ma questo non ha segnato la fine delle sofferenze per Rosa e la sua famiglia.

La madre di Rosa ha raccontato la loro situazione in un’intervista, esprimendo il dolore e la frustrazione per la mancanza di sostegno. La vita della famiglia è diventata un vero e proprio incubo, costretti a vivere sotto minaccia e a subire continui atti di vandalismo. Negli ultimi mesi, la madre ha dovuto affrontare il danneggiamento della propria auto, con le gomme tagliate ripetutamente. Questo clima di terrore ha reso insostenibile la loro esistenza nel paese di 2.500 abitanti, dove gli incontri con i familiari degli aggressori sono inevitabili.

L’isolamento e la fuga dalla propria casa

La situazione di Rosa e della sua famiglia è ulteriormente complicata dalla loro vita in un piccolo paese, dove ogni uscita di casa si trasforma in un momento di angoscia. La madre ha raccontato di insulti e minacce quotidiane, culminate in un episodio in cui è stata minacciata di accoltellamento. Il giorno della sentenza, una donna legata a uno degli stupratori ha rivolto insulti irripetibili alla madre, rendendo palpabile l’ostilità che circonda la loro famiglia.

La denuncia di Rosa ha avuto un costo altissimo. La giovane è stata costretta a lasciare la sua casa e vive lontana dalla famiglia, con la madre che la vede solo per un’ora al giorno. La madre esprime il suo dolore per la perdita dei momenti più belli della vita di Rosa, descrivendo notti in cui si sveglia per andare nella stanza della figlia, immaginando di trovarla lì. Questo straziante distacco ha reso la situazione ancora più insopportabile.

L’assenza di supporto istituzionale

Nonostante la gravità della situazione, Rosa e la sua famiglia non hanno ricevuto alcun aiuto dalle istituzioni. Hanno scritto al prefetto di Reggio Calabria per chiedere un trasferimento, ma non hanno mai ricevuto risposta. La madre ha evidenziato che il fratello del sindaco è tra i condannati, il che complica ulteriormente la loro richiesta di aiuto. Anche se il Comune si è costituito parte civile nel processo, la madre ha ricevuto solo indifferenza quando ha cercato supporto dal sindaco riguardo alle minacce subite.

La Chiesa, che in altre circostanze potrebbe offrire conforto e sostegno, si è dimostrata assente. La madre ha dichiarato di non aver mai sentito il parroco esprimere solidarietà e ha deciso di non mettere più piede in chiesa, sentendosi abbandonata da tutti. La situazione di Rosa e della sua famiglia è un triste esempio di come la violenza e l’assenza di supporto possano distruggere vite e comunità, lasciando le vittime in un isolamento insopportabile.

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