La difficile realtà di una madre con un figlio disabile: barriere architettoniche e indifferenza

Marina e suo figlio Simone, 12 anni, affrontano difficoltà quotidiane a Roma per la mancanza di infrastrutture accessibili, evidenziando l’urgenza di un ambiente urbano inclusivo e sicuro.
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La difficile realtà di una madre con un figlio disabile: barriere architettoniche e indifferenza - unita.tv

La storia di Marina e di suo figlio Simone, un ragazzino di 12 anni affetto da distrofia muscolare di Duchenne e autismo, mette in luce le sfide quotidiane che le famiglie con disabilità devono affrontare. La mancanza di infrastrutture adeguate e l’indifferenza delle istituzioni rendono anche le attività più semplici un vero e proprio ostacolo. Questo racconto evidenzia l’importanza di un ambiente urbano inclusivo e accessibile.

Un weekend da incubo: la passeggiata impossibile

Marina aveva pianificato un fine settimana spensierato per Simone, desiderando che potesse godere di momenti di svago come una passeggiata e un gelato. Tuttavia, la realtà si è rivelata ben diversa. Partiti da via Luigi Arati, si sono subito trovati di fronte a marciapiedi in pessime condizioni, rattoppati e in alcuni tratti addirittura chiusi da reti di sicurezza per lavori in corso. “Volevo che Simone prendesse un po’ d’aria e mangiasse un gelato da Tony“, racconta Marina, ma la situazione si è rivelata complicata.

Durante il tragitto lungo via dei Colli Portuensi, la famiglia ha dovuto affrontare una serie di difficoltà: scendere dal marciapiede, evitare auto parcheggiate in modo irregolare e camminare in mezzo alla strada, mettendo a rischio la propria sicurezza. “Le macchine corrono e rischiamo di essere investiti”, aggiunge Marina, sottolineando l’assurdità di dover affrontare tali pericoli per una semplice passeggiata. Nonostante le segnalazioni al Municipio, la risposta ricevuta è stata deludente: “Non ci sono soldi”.

Barriere nei luoghi pubblici: il caso del ristorante

La situazione non è migliorata quando la famiglia ha deciso di pranzare in un ristorante di sushi. Simone, che frequenta la prima media, ha bisogno di supporto per socializzare e ogni momento di convivialità è prezioso. Tuttavia, quando ha dovuto utilizzare il bagno, Marina ha scoperto che l’unico disponibile si trovava nel seminterrato. “Impossibile portarlo lì sotto”, ha commentato, evidenziando l’assurdità di una struttura che non considera le esigenze delle persone con disabilità.

Dopo aver chiesto aiuto ai bar vicini, Marina è riuscita a trovare un bagno accessibile. “Una volta fatto tutto, siamo tornati al ristorante per finire il pranzo”, racconta, ma la frustrazione per le barriere architettoniche rimane palpabile. Ogni uscita diventa un percorso ad ostacoli, che richiede tempo e sforzi considerevoli.

L’ascensore rotto: un’altra difficoltà da affrontare

Il programma del weekend prevedeva anche una visita al “Baloon Museum” presso la Nuvola. Prima di acquistare i biglietti, Marina aveva contattato la struttura per confermare l’accessibilità. Ricevuta una risposta positiva, la famiglia si è recata al museo, ma la realtà ha riservato ulteriori sorprese. “Quando siamo arrivati, ho visto un tapis roulant ripido e ho chiesto di poter usare l’ascensore“, spiega Marina.

Purtroppo, l’ascensore era fuori servizio al momento dell’uscita. “Fortunatamente, un uomo ci ha aiutato a risalire il tapis roulant“, racconta, ma l’esperienza ha lasciato un segno. La frustrazione di dover affrontare continuamente tali situazioni è evidente. “Non credo di chiedere la luna, solo che le strutture siano accessibili per i disabili“, conclude Marina, sottolineando la necessità di un cambiamento significativo nell’approccio alle esigenze delle persone con disabilità.

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