La Corte d’Assise di Venezia esclude aggravanti per l’omicidio di Giulia Cecchettin: indignazione e reazioni

La Corte d’Assise di Venezia condanna Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, escludendo le aggravanti di crudeltà e stalking, suscitando la reazione della sorella Elena e richieste di appello.

La recente sentenza della Corte d’Assise di Venezia ha suscitato un’ondata di indignazione dopo che sono state escluse le aggravanti di crudeltà e stalking per Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio della giovane Giulia Cecchettin. La sorella della vittima, Elena Cecchettin, ha espresso il suo disappunto, sottolineando l’importanza di riconoscere la violenza di genere in tutte le sue forme. Questo caso ha riacceso il dibattito sulla necessità di una maggiore attenzione e protezione per le donne vittime di violenza.

La condanna di Filippo Turetta e le motivazioni della sentenza

Filippo Turetta è stato condannato per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere e sequestro di persona. La sentenza, depositata l’8 aprile 2025, ha evidenziato la gravità del crimine, sottolineando la “efferatezza dell’azione” e i “motivi vili e spregevoli” che hanno spinto Turetta a commettere l’omicidio. Tuttavia, la Corte ha deciso di non riconoscere le aggravanti di crudeltà e stalking, ritenendo che le 75 coltellate inflitte a Giulia fossero più frutto di inesperienza che di una volontà di infliggere sofferenza.

I giudici hanno affermato che, sebbene le azioni di Turetta abbiano avuto un carattere persecutorio, non ci sono stati elementi sufficienti a dimostrare che Giulia avesse vissuto uno stato di ansia e paura per la propria incolumità. Questa decisione ha sollevato interrogativi sulla percezione della violenza di genere e sulla necessità di un approccio più rigoroso da parte della giustizia.

Le reazioni alla sentenza: indignazione e richieste di appello

La reazione alla sentenza è stata immediata e trasversale. Elena Cecchettin ha utilizzato i social media per esprimere il suo disappunto, sottolineando che il riconoscimento delle aggravanti è fondamentale per comprendere la violenza di genere. Ha affermato che la violenza non si manifesta solo attraverso atti fisici, ma anche attraverso comportamenti persecutori che possono portare a conseguenze tragiche.

Molti cittadini e rappresentanti politici hanno condiviso la sua indignazione, definendo la decisione della Corte come pericolosa e incapace di affrontare la realtà della violenza sistemica contro le donne. L’avvocato Nicodemo Gentile, che rappresenta Elena Cecchettin come parte civile, ha annunciato l’intenzione di presentare un appello affinché le aggravanti escluse vengano riconosciute.

La premeditazione del femminicidio: dettagli inquietanti

La Corte ha riconosciuto la premeditazione del delitto, evidenziando come Turetta avesse pianificato l’omicidio nei minimi dettagli. Secondo le ricostruzioni, il giovane aveva stilato una lista di azioni da compiere, tra cui “fare il pieno di benzina” e “procurarsi i sacchi per l’immondizia”. Questo piano è stato messo in atto con “lucidità e razionalità”, come sottolineato dai giudici.

La sera dell’11 novembre 2023, Turetta e Giulia si erano incontrati per andare insieme al centro commerciale, dove la giovane stava cercando delle scarpe per la sua laurea. Tuttavia, quando Giulia ha manifestato la volontà di interrompere la relazione, Turetta ha reagito in modo violento, colpendola ripetutamente. Dopo aver occultato il corpo in un dirupo nei pressi del lago di Barcis, Turetta è fuggito, ma è stato catturato una settimana dopo in Germania.

Le implicazioni della sentenza e il contesto attuale

La sentenza della Corte d’Assise di Venezia ha messo in luce la necessità di una riflessione profonda sulla giustizia in materia di violenza di genere. L’esclusione delle aggravanti di crudeltà e stalking ha sollevato interrogativi su come il sistema giudiziario interpreti e affronti questi crimini. La reazione pubblica, che ha superato le divisioni ideologiche, evidenzia un crescente consenso sulla necessità di un cambiamento.

In un contesto in cui il femminicidio continua a rappresentare una piaga sociale, è fondamentale che le istituzioni e la società civile si uniscano per garantire che le vittime di violenza ricevano la protezione e il supporto necessari. La richiesta di appello da parte dell’avvocato di Elena Cecchettin rappresenta un passo importante verso il riconoscimento della gravità di tali crimini e la necessità di una giustizia adeguata.

Le città di Messina e Terni hanno recentemente commemorato altre giovani vittime di femminicidio, Sara Campanella e Ilaria Sula, entrambe di 22 anni. Questi tragici eventi sottolineano l’urgenza di affrontare la violenza di genere e di lavorare per un futuro in cui le donne possano vivere senza paura.