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La comunità ebraica di milano si ritira dal pride per dissenso sull’uso del termine genocidio

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La comunità ebraica di Milano ha deciso di non partecipare al Pride che si terrà domani pomeriggio, in segno di protesta contro l’uso del termine “genocidio” per descrivere la situazione in Palestina. Questa scelta segna una rottura significativa rispetto agli anni precedenti, aprendo un dibattito acceso sulle parole impiegate durante eventi pubblici dedicati ai diritti civili e alle minoranze.

La posizione della comunità ebraica milanese sul pride 2025

Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, ha reso nota la decisione con una dichiarazione chiara. Per la prima volta nella sua vita non parteciperà al Pride insieme ai suoi amici a causa dell’autorizzazione all’uso di termini che mettono a rischio l’incolumità della comunità ebraica. In particolare Romano sottolinea come gli ebrei Lgbti siano bersaglio diretto delle tensioni generate da certi messaggi veicolati durante il Pride.

Recentemente Keshet Europe, associazione che riunisce gli ebrei Lgbti europei, è stata oggetto di contestazioni violente a Roma: alcuni manifestanti hanno urlato insulti come “assassini” o “terroristi”. Inoltre il Toscana Pride ha vietato a Keshet Italia – sezione italiana dell’associazione – l’esposizione delle bandiere arcobaleno con la stella d’Israele. Questi episodi hanno alimentato un clima ostile verso le persone appartenenti alla doppia minoranza religiosa ed identitaria.

Perché il termine genocidio crea divisione

Il punto centrale della controversia riguarda proprio l’utilizzo del vocabolo “genocidio” nel documento politico ufficiale del Pride milanese. Nel testo si parla infatti apertamente di un “genocidio documentato perpetrato dal governo israeliano in Palestina”. Per molti membri della comunità ebraica questa definizione è estremamente grave perché contribuisce ad alimentare sentimenti antisemiti nel paese.

Romano rimarca come sia paradossale vedere organizzazioni impegnate nella lotta contro i discorsi d’odio usare parole così pesanti senza riflettere sulle conseguenze reali. Il termine genocidio evoca storie drammatiche legate alla Shoah ed è noto per scatenare reazioni violente nei confronti degli italiani praticanti religione ebraica ovunque essi vivano.

Solidarietà alle vittime ma rifiuto delle parole divisive

Nel suo intervento Romano manifesta solidarietà verso tutte le vittime innocenti colpite dalla guerra nella Striscia di Gaza ma rigetta con forza l’impiego improprio o strumentale della parola genocidio per descrivere quel conflitto specifico. Definisce tale uso non solo falso ma anche pericoloso poiché rischia di legittimare atteggiamenti persecutori nei confronti delle minoranze etniche o religiose presenti in Italia.

Questa presa di posizione porta inevitabilmente alla decisione drastica: non partecipare più ad un evento che secondo lui abbraccia linguaggi violenti usati da chi perseguita gruppi già fragili socialmente. La questione solleva dubbi su quali limiti debbano essere posti nell’ambito dei movimenti civili quando i temi trattati toccano sensibilità complesse legate all’identità culturale o religiosa dei partecipanti coinvolti direttamente nelle dispute internazionali più delicate.

Un’assenza che segna il pride 2025 a milano

L’appuntamento con il Pride 2025 sarà quindi segnato da questa assenza significativa che riflette tensioni crescenti dentro una città come Milano dove convivono molte realtà diverse tra loro ma tutte chiamate a dialogare sui valori comuni senza scivolare in accuse distruttive capaci solo d’alimentare rancori anziché costruire ponti fra le persone.

Written by
Serena Fontana

Serena Fontana è una blogger e redattrice digitale specializzata in cronaca, attualità, spettacolo, politica, cultura e salute. Con uno sguardo attento e una scrittura diretta, racconta ogni giorno ciò che accade in Italia e nel mondo, offrendo contenuti informativi pensati per chi vuole capire davvero ciò che succede.

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