La cassazione chiude la faida tra due clan albanesi tra ponte milvio e i castelli con oltre 100 anni di carcere
La corte di cassazione ha inflitto oltre 100 anni di carcere ai membri delle bande albanesi a Roma, chiudendo una faida violenta guidata da Elvis Demce e Ermal Arapaj.

La Corte di Cassazione ha confermato condanne per oltre 100 anni contro due clan albanesi in lotta a Roma, ponendo fine a una faida violenta legata a spaccio e controllo territoriale tra Ponte Milvio e i Castelli Romani. - Unita.tv
La corte di cassazione ha appena messo fine a una lunga guerra tra due bande albanesi attive nella zona di Roma, tra Ponte Milvio e i Castelli Romani. Le sentenze definitive inflitte ieri sanciscono oltre un secolo di pena complessiva per i protagonisti della faida, tra cui spicca il boss Elvis Demce. Un capitolo chiuso dopo anni di litigiosità violenta e minacce, con un blitz che aveva evitato il peggio nel 2022. Dietro questa vicenda c’è un intreccio di criminalità legata a spaccio, armi e contrasti di potere nel cuore della Capitale.
La guerra tra “dio” e “ufo”: come nasce la faida tra i clan albanesi
Tutto si sviluppa dall’ascesa di Elvis Demce nei giro criminale romano dopo la morte di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik. Demce, che si faceva chiamare “Dio” e si attribuiva il potere della Cassazione, ha preso in mano un vasto giro di spaccio che si estende tra Velletri, Ponte Milvio e i Castelli Romani. Il suo rivale era Ermal Arapaj, soprannominato “Ufo”, che ha cercato di espandere la propria influenza durante la detenzione di Demce.
Il conflitto vero e proprio è esploso a luglio 2020, dopo una serie di tentativi di intimorimento e colpi bassi tra i due clan. Le intercettazioni telefoniche raccolte mostrano l’arroganza di Demce, che con tono minaccioso e autoritario affermava: “Io sono Dio. Quando parlo sono la Cassazione.” Intorno a lui gravita un gruppo di fedelissimi, tra cui Matteo Costacurta detto “Il Principe”, sicario di estrema vicinanza, e Alessandro Corvesi, ex promessa del calcio romano passato dalla Primavera della Lazio alla malavita.
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Rivalità per il controllo delle piazze di spaccio
Le rivalità di potere prendevano la forma di intimidazioni, minacce e tentativi di omicidio nella lotta per il controllo delle piazze di spaccio. La tensione cresceva ora dopo ora, fino al punto in cui la furia tra i due gruppi poteva esplodere in scontri armati.
Il blitz del 2022 e le condanne: come la giustizia ha fermato una faida pericolosa
Nel 2022 le forze dell’ordine sono intervenute con un massiccio blitz che ha arrestato decine di componenti dei due clan. Ciò ha impedito uno scontro a fuoco potenzialmente mortale. Secondo gli inquirenti si stava per consumare una battaglia tra fazioni che avrebbe portato a vittime, ma l’azione preventiva ha bloccato l’escalation.
Le prime sentenze sono arrivate già a dicembre 2022, con pene severe per i capi e i gregari coinvolti nella rete criminale. Successivamente il tribunale d’appello ha confermato molte condanne. Infine ieri la cassazione ha chiuso il caso con una sentenza definitiva, assegnando in totale oltre 100 anni di carcere ai membri dei due clan.
Elvis Demce, al momento detenuto nelle sezioni di tutela psichiatrica del carcere di Ascoli Piceno, è stato condannato a 15 anni, mentre il suo antagonista Ermal Arapaj ha ricevuto una pena di 10 anni e due mesi.
Le sentenze rappresentano per gli investigatori un segnale chiaro: niente più violenze aperte nel territorio, almeno per ora.
Il contesto romano: tra calcio, ultras e narcotraffico
Questa vicenda offre uno spaccato del lato oscuro di Roma, dove giovani cresciuti tra campi di calcio, gruppi ultras e ambienti della malavita si ritrovano a gestire traffici e tensioni criminali.
L’eredità di Diabolik non è stata una semplice conduzione di affari, ma un modello di comando violento che ha attirato personaggi come Demce, capaci a loro volta di costruire una rete di fedelissimi pronta alla guerra.
L’influenza dello sport sulla malavita
Non è un caso la presenza di Alessandro Corvesi, ex calciatore in erba della Lazio ora dentro al giro della criminalità. Questo dimostra come certi contesti sociali possano incrociare sport, violenza e narcotraffico.
Le zone di Ponte Milvio e i Castelli Romani, luoghi noti per la vita notturna e i movimenti giovanili, diventano così palcoscenico di scontri tra gruppi decisi a prevalere con ogni mezzo.
Il controllo delle piazze di spaccio rimane l’obiettivo principale, con le bande pronte a tutto per mantenere l’egemonia sulle rotte della droga.
L’impatto delle sentenze sul quartiere e la sicurezza
La conclusione di questo lungo iter giudiziario rassicura le forze dell’ordine che da anni monitoravano la situazione. Il carcere per i principali indagati indebolisce drasticamente la struttura dei clan.
Per Ponte Milvio e i Castelli Romani apre una fase in cui la pressione sulla criminalità può rilassarsi, almeno momentaneamente.
Le autorità locali hanno sottolineato l’importanza di mantenere alta la guardia per evitare nuovi risvegli di violenze simili. Questo episodio dimostra quanto sia delicato il tessuto sociale della Capitale, dove fenomeni legati a gruppi criminali si intrecciano con tradizioni sportive e identità di quartiere.
I residenti auspicano una maggiore presenza della polizia e iniziative di prevenzione per rafforzare la sicurezza nelle strade e nelle piazze.
Roma rimane un territorio complesso, in cui le battaglie tra clan lasciano segni profondi e richiedono interventi costanti per garantire ordine e legalità.