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Jp morgan e fibercop riducono lo smart working a milano, le altre aziende mantengono il lavoro agile

Le aziende milanesi si dividono tra il ritorno al lavoro in presenza, come nel caso di Jp Morgan e FiberCop, e la continuazione dello smart working, creando tensioni sui diritti dei lavoratori.

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A Milano, mentre aziende come Jp Morgan e FiberCop riducono lo smart working per favorire la presenza in ufficio, altre realtà lo integrano stabilmente, creando tensioni tra diritti dei lavoratori e strategie aziendali. - Unita.tv

La ridefinizione delle modalità lavorative dopo la pandemia continua a creare movimenti importanti nelle aziende milanesi. Mentre colossi come Jp Morgan e FiberCop scelgono di limitare lo smart working, molte altre società mantengono il lavoro a distanza integrandolo negli accordi di lavoro. Questi cambiamenti mettono in luce tensioni tra diritti dei lavoratori e strategie aziendali, oltre a ridefinire l’uso degli spazi negli uffici cittadini. Le dinamiche in atto riflettono la complessità del ritorno alla normalità nel mondo del lavoro.

Il ritiro di jp morgan e fibercop dallo smart working e le motivazioni aziendali

Jp Morgan ha deciso di sospendere il lavoro da remoto nella sua sede milanese, con obbligo di presenza per tutti i dipendenti, cinque giorni su cinque. La decisione segue quella di FiberCop, azienda italiana nel campo delle infrastrutture di rete e telecomunicazioni, che ha scelto di ridurre l’accesso allo smart working per alcune funzioni chiave. FiberCop motiva la scelta con la necessità di ricostruire il “senso di appartenenza”, potenziare il lavoro in squadra e favorire lo scambio di esperienze tra colleghi, aspetti per loro difficili da coltivare a distanza.

Queste mosse rappresentano una netta inversione rispetto alle pratiche adottate durante la pandemia, quando molte aziende avevano abbracciato il lavoro agile come risposta d’emergenza. Oggi, però, Jp Morgan e FiberCop intendono tornare a una gestione più tradizionale degli spazi di lavoro, ritenendo importante la presenza fisica per rafforzare la coesione interna. Nonostante ciò, in questi due casi si riscontrano tensioni interne e contestazioni da parte dei sindacati, che vedono nella scelta un passo indietro nei confronti dei diritti maturati in questi anni.

Le critiche dei sindacati e le preoccupazioni sui diritti dei lavoratori

La reazione più forte arriva dalla UilCom Lombardia, rappresentata dal segretario generale Luca Frantantonio. La sigla sindacale definisce le decisioni di FiberCop “irragionevoli, inaccettabili e discriminatorie”. La preoccupazione riguarda soprattutto l’impatto sulle relazioni sindacali, che vengono messe a rischio da scelte aziendali decise senza consultazioni. Secondo Frantantonio, questa chiusura al dialogo peggiora il clima interno e alimenta disparità tra i colleghi, rischiando di compromettere il percorso di confronto costruito nel tempo.

Anche in altri comparti, come quello bancario, emergono criticità simili quando viene imposto il rientro integrale in ufficio. Si tratta di decisioni che, oltre a modificare la quotidianità dei lavoratori, possono alimentare frizioni sulle condizioni contrattuali e sulle opportunità flessibili conquistate durante l’emergenza sanitaria. Il sindacato sostiene che la rigidità in questa fase non sia funzionale né alle esigenze dei dipendenti né alle necessità operative delle aziende.

Le aziende che invece mantengono il lavoro agile e l’evoluzione degli spazi in ufficio

A Milano diverse importanti realtà hanno invece strutturato il lavoro a distanza attraverso accordi sindacali solidi e una gestione condivisa. In questi casi, lo smart working non è più una soluzione emergenziale, ma una modalità consolidata che si integra nella routine lavorativa. Le aziende hanno modificato i propri uffici, riducendo gli spazi e riconvertendoli per adattarsi a una presenza più flessibile.

Marco Berselli, segretario generale di First-Cisl Milano Metropoli, sottolinea come il lavoro agile permetta di mantenere o aumentare la produttività e contribuisca alla riduzione dei costi operativi, grazie anche a minori necessità di spazio fisico. In media i dipendenti lavorano da remoto per circa dieci giorni al mese, con variazioni legate ai diversi contratti e ai settori. Questi numeri mostrano una tendenza consolidata nel capoluogo lombardo, senza segnali di inversione significativa.

Trasformazioni degli spazi e collaborazioni più dinamiche

Il lavoro ibrido ha spinto molte aziende a ripensare l’organizzazione degli uffici. Sale riunioni, postazioni condivise e ambienti comuni vengono adattati per accogliere una presenza meno fissa e più dinamica. Questa trasformazione non riguarda solo lo spazio fisico ma anche le modalità di collaborazione e comunicazione tra colleghi. Milano si conferma così un laboratorio in cui l’equilibrio tra smart working e presenza in ufficio continua a mutare con sfumature diverse in base agli attori economici coinvolti.

I segnali di un cambiamento non uniforme e le prospettive per i lavoratori milanesi

Il quadro che emerge da Milano è variegato. Alcune grandi aziende cercano un ritorno all’ufficio pieno per rafforzare la cultura aziendale e la collaborazione diretta. Altre preferiscono mantenere il lavoro a distanza come parte stabile del loro modello operativo. Questa diversità di approcci riflette esigenze differenti e orientamenti strategici non sempre coincidenti.

Per i lavoratori, la situazione crea incertezza e a volte tensioni sul piano dei diritti contrattuali e della qualità della vita professionale. Il confronto sindacale resta un elemento cruciale per tutelare posizioni acquisite e ottenere condizioni chiare e condivise. Le prossime settimane saranno decisive per capire se le misure di restrizione dello smart working saranno isolate o diffuse. Nel frattempo, il lavoro agile continua a rappresentare un punto di riferimento nelle grandi città come Milano.