Due gemelline siamesi, provenienti dal Senegal e arrivate in Italia nel luglio 2024, sono state sottoposte a un delicato intervento chirurgico durato 48 ore presso l’ospedale San Gerardo di Monza. Le bambine avevano una fusione cranio-encefalica, una condizione estremamente rara che coinvolgeva la connessione tra ossa del cranio, tessuti cerebrali e sistema vascolare. L’operazione ha rappresentato un caso complesso e poco frequente nella storia medica mondiale.
La diagnosi della fusione cranio-encefalica: caratteristiche e rarità del caso
Le due gemelline presentavano una forma particolare di congiunzione detta fusione cranio-encefalica. In questo tipo di anomalia i loro crani erano uniti da ossa sovrapposte mentre i tessuti cerebrali risultavano collegati in modo esteso insieme ai vasi sanguigni principali. Questa condizione è classificata come una delle più rare tra le varianti dei gemelli siamesi: statistiche indicano che avviene circa in un caso ogni 2,5 milioni di nascite.
Dal 1950 a oggi sono stati eseguiti meno di sessanta interventi chirurgici per separare bambini con questa specifica malformazione. La complessità dell’intervento deriva proprio dalla necessità di disconnettere strutture ossee ma soprattutto nervose e vascolari senza compromettere le funzioni vitali delle due piccole pazienti.
I dettagli anatomici della fusione
La combinazione di ossa, tessuti e sistema vascolare collegati ha richiesto tecniche chirurgiche avanzate e un’attenta pianificazione pre-operatoria per evitare danni permanenti o letali durante la separazione.
Il percorso dell’intervento al san gerardo: fasi e risultati parziali
L’operazione al San Gerardo è durata circa quarantotto ore consecutive ed è stata portata avanti da un’équipe multidisciplinare composta da neurochirurghi, anestesisti e specialisti in terapia intensiva neurologica. Durante l’intervento i medici hanno lavorato per scindere le ossa del cranio unite ma soprattutto per separare i tessuti cerebrali intrecciati mantenendo intatto il flusso sanguigno necessario alla sopravvivenza.
Purtroppo durante la fase finale della procedura la piccola T., uno dei due neonati, non ce l’ha fatta superando il delicatissimo momento critico dell’operazione. La sorella D., invece, è stata trasferita nel reparto di terapia intensiva neurologica dove ha iniziato a mostrare segni progressivi di miglioramento clinico.
Le difficoltà affrontate dall’équipe medica
Gli specialisti hanno dovuto gestire simultaneamente la delicata separazione di ossa, nervi e vasi sanguigni, una delle sfide più complesse in neurochirurgia pediatrica.
Prospettive future per la gemella sopravvissuta: recupero motorio e assistenza continua
Dopo l’intervento D., rimasta viva dopo la separazione dai tessuti condivisi con la sorella T., sta affrontando un percorso intenso in terapia intensiva neurologica presso lo stesso ospedale milanese. I medici riferiscono che le sue condizioni stanno lentamente evolvendo verso uno stato più stabile.
I progressivi miglioramenti riguardano soprattutto capacità motorie che fino ad ora erano impossibili vista l’unione anatomica precedente tra le due bambine. Il personale sanitario punta ora a supportarla affinché possa iniziare a muoversi autonomamente nei prossimi mesi grazie anche alla riabilitazione mirata post operatoria prevista nel programma terapeutico ospedaliero.
L’attenzione internazionale sul caso
La vicenda ha attirato attenzione internazionale sia per la rarità della malformazione sia per gli aspetti tecnici legati all’operazione lunga quasi due giorni consecutivi svolta su pazienti così piccoli provenienti dall’estero.