L’inchiesta del tribunale dei ministri si è conclusa sulla mancata consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale da parte dell’Italia. Il procedimento riguarda diversi esponenti di governo, tra cui la premier Giorgia Meloni e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Le ipotesi di reato comprendono favoreggiamento, peculato e omissione d’atti d’ufficio. L’esito della vicenda potrebbe portare a un’archiviazione o a richieste di rinvio a giudizio.
Il ruolo dei membri del governo nell’arresto e nella mancata consegna di al-masri
Le indagini hanno coinvolto figure chiave dell’esecutivo italiano: la presidente del consiglio Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi. Secondo quanto riportano fonti giornalistiche come Il Corriere della Sera e Repubblica, i reati contestati includono favoreggiamento nei confronti di Almasri – accusato dalla Corte penale internazionale – peculato legato alle procedure amministrative sull’arresto, oltre all’omissione d’atti d’ufficio attribuita specificamente al ministro Nordio.
Responsabilità politiche e amministrative
Il procedimento si concentra sulle responsabilità politiche e amministrative emerse durante le fasi successive all’arresto del generale libico in territorio italiano. La posizione dei vari esponenti è oggetto di approfondimento per capire se vi siano state negligenze o scelte deliberate che abbiano impedito la corretta estradizione.
Le comunicazioni interne rivelate dalle mail tra uffici ministeriali
Documenti acquisiti dagli inquirenti mostrano che già nel primo pomeriggio della domenica in cui Almasri fu fermato dalla Digos torinese c’erano segnali chiari sulle irregolarità procedurali relative all’arresto. Luigi Birritteri, allora capo del Dipartimento degli affari di giustizia , inviò una mail a Giusi Bartolozzi – capo gabinetto del ministero guidato da Nordio – segnalando l’assenza dell’autorizzazione necessaria per l’arresto.
Bartolozzi rispose confermando di essere informata ma invitò alla massima cautela nella gestione delle informazioni interne suggerendo anche l’utilizzo dell’applicazione Signal per comunicazioni più riservate. Questi scambi sono stati considerati fondamentali perché dimostrano come fosse possibile correggere tempestivamente gli errori procedurali segnalati dalla Corte d’appello di Roma ma ciò non avvenne.
Queste email mettono inoltre in discussione alcune dichiarazioni ufficiali rese dal ministro Nordio che aveva sostenuto che “solo il 20 gennaio l’ufficio era stato messo al corrente dell’arresto.” I documenti indicano invece una conoscenza anticipata fin dal giorno precedente.
Implicazioni politiche e giudiziarie dopo la conclusione delle indagini
Con la chiusura delle indagini preliminari si aprono due strade possibili: archiviazione o rinvio a giudizio per uno o più membri coinvolti nel caso Almasri. La decisione spetterà ai magistrati competenti valutando le prove raccolte durante gli accertamenti condotti dal tribunale dei ministri.
La vicenda ha avuto ampia risonanza mediatica perché tocca temi delicati come i rapporti internazionali con la Libia, il rispetto degli obblighi verso organismi internazionali come la Corte penale internazionale ed eventuale responsabilità politica su attese gestioni amministrative fallimentari o volontarie omissioni.
Prossimi sviluppi
Le prossime settimane saranno decisive per definire se ci saranno conseguenze legali dirette nei confronti degli esponenti politici coinvolti oppure se verrà riconosciuta l’insussistenza dei fatti contestati.