L’indagine bis sull’omicidio di Diana Pifferi, la bambina di 18 mesi vittima di abbandono e morte nel 2022, è arrivata a una svolta. Sei persone sono state iscritte nel registro degli indagati a Milano con accuse che vanno dal favoreggiamento alla falsa testimonianza. Tra loro, psicologhe del carcere San Vittore e professionisti coinvolti nella difesa di Alessia Pifferi, condannata all’ergastolo. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per presunti tentativi di manipolare le perizie psichiatriche e depistare le indagini.
Chi sono gli indagati e cosa rischiano
Il fascicolo aperto dalla procura di Milano coinvolge sei persone, tutte legate al caso di Alessia Pifferi, condannata per aver lasciato la figlia senza assistenza fino alla morte per stenti. Tra gli indagati ci sono l’avvocata della donna, Alessia Pontenani, e il consulente psichiatrico della difesa, Marco Garbarini. Gli altri sono psicologhe che avevano un ruolo nel carcere di San Vittore: Paola Guerzoni e Letizia Marazzi, più due professioniste esterne, Federica Martinetti e Maria Fiorella Gazale. L’accusa pensa che costoro abbiano contribuito a creare una falsa immagine della capacità mentale della condannata.
Diversa la situazione di V.N., una tirocinante al San Vittore, che ha deciso di chiedere l’accesso alla messa alla prova, uscendone quindi dal processo. Questa persona aveva svolto, al posto della tutor, alcune attività formative obbligatorie per i professionisti sanitari, ma non è stata coinvolta nelle accuse principali. Questa distinzione è importante perché evidenzia come, nel gruppo, la responsabilità penale riguardi solo alcuni soggetti più direttamente implicati nella gestione del caso.
Leggi anche:
Le accuse principali contro gli indagati comprendono favoreggiamento e false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Sono contestate anche accuse di falso in atto pubblico e falso commesso da incaricati di pubblico servizio. La richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Francesco Tommasi mira a portare queste persone davanti a un tribunale, per verificare se abbiano davvero cercato di alterare il percorso giudiziario e difensivo di Pifferi.
Il piano della procura contro la falsa perizia psichiatrica
L’inchiesta parte dall’ipotesi che la difesa di Alessia Pifferi abbia organizzato un piano per fingersi incapace di intendere e volere. Nel luglio 2022, la donna è stata condannata per la morte della figlia di appena 18 mesi, ma avrebbe tentato di ottenere una perizia psichiatrica favorevole. L’accusa sostiene che, con l’aiuto di alcuni psicologi, Pifferi abbia simulato un grave deficit mentale.
Secondo il pm, la difesa avrebbe orchestrato fin da subito questo sistema per evitare il carcere a vita. L’avvocata Pontenani e il consulente psichiatrico Garbarini, dicono gli atti, hanno superato i limiti consentiti per pilotare gli accertamenti psichiatrici. Questo gesto avrebbe dovuto assicurare un giudizio attenuato, ma la perizia indipendente ha stabilito che Pifferi era pienamente capace di intendere e volere. Nonostante ciò, il sistema di falsificazione e manipolazione è oggetto di procedimento penale.
Non si parla solo di dichiarazioni false o test contraffatti. L’indagine racconta di un meccanismo complesso, in cui alcune psicologhe del carcere hanno partecipato – direttamente o indirettamente – alla creazione di un quadro clinico non corrispondente alla realtà. Il falso processo sulla salute mentale ha inquinato il percorso giudiziario e potrebbe avere influenzato la sentenza di primo grado.
La procura ha raccolto intercettazioni telefoniche e testimonianze importanti, fra cui quella di Tiziana Morandi, condannata con Pifferi e incontrata in carcere. Morandi ha riferito che l’avvocata Pontenani avrebbe più volte consigliato a Pifferi di fingere incapacità mentale, indicando una volontà strategica di aggirare la legge.
Ruolo e responsabilità delle psicologhe del carcere san vittore
Il coinvolgimento di alcune psicologhe nel carcere di San Vittore rappresenta il fulcro dell’indagine. Paola Guerzoni e Letizia Marazzi non lavorano più nel penitenziario, ma sono chiamate a rispondere di aver contribuito alla falsificazione degli accertamenti. Si tratta di accuse molto pesanti: favorire una condannata in un processo così delicato tocca un tema sensibile. Nel carcere sanitario le perizie sulle condizioni dei detenuti sono determinanti per la gestione delle loro pene.
Le carte dell’inchiesta mostrano intercettazioni e documentazioni che mettono in discussione la correttezza dei test psicologici svolti in carcere. L’uso di strumenti come il test di Wais, che valuta il quoziente intellettivo, sarebbe stato manipolato per dipingere un quadro di deficit cognitivo più grave di quello reale. Se confermato, questo significherebbe aver falsato procedure ufficiali di competenza pubblica.
Tra le accuse c’è anche il falso in atto pubblico: la complicità di chi, in posizione istituzionale, ha il dovere di agire con rigore. Un caso simile porta a riflettere sulle fragilità del sistema penitenziario e sulle modalità con cui vengono gestite le perizie mediche-psicologiche. Per questo la procura ha chiesto il processo, per far luce sulle false dichiarazioni e impedire che simili episodi si ripetano.
Aggiornamenti sul processo e attese per le nuove perizie
In questo momento il procedimento di secondo grado contro Alessia Pifferi è ancora in corso a Milano, con una nuova perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise d’Appello. Questa analisi sarà fondamentale per ribadire o modificare la valutazione precedente sulla capacità mentale della condannata. Gli sviluppi avranno una grande rilevanza sul verdetto finale.
Intanto, l’inchiesta parallela contro avvocati e psicologi prosegue, con la richiesta di rinvio a giudizio che porta il caso verso un nuovo capitolo giudiziario. Le audizioni in tribunale e gli elementi probatori raccolti nelle indagini preliminari saranno al centro delle decisioni. Questa storia tocca non solo una vicenda di cronaca nera, ma anche la gestione della giustizia e la correttezza dei periti nei processi penali.
Il ruolo fondamentale del pm Francesco Tommasi ha permesso di ricostruire passaggi oscuri e segreti che altrimenti sarebbero rimasti nascosti. Il mondo penitenziario e quello degli esperti chiamati a giudicare la salute mentale di una imputata sono stati esaminati mettendo a nudo condotte scorrette, a tutela della verità giudiziaria e della giustizia per Diana. Le prossime udienze chiariranno quindi non solo la posizione degli indagati, ma anche i limiti entro cui si muovono professionisti e legali nei processi più delicati.