L’appuntamento con l’azalea della ricerca, domenica 11 maggio, arriva in quasi 4.000 piazze italiane per la festa della mamma. La piantina rappresenta un simbolo concreto di salute per le donne, sostenitrice della ricerca sui tumori femminili. Nel 2024, sono previste 175.600 nuove diagnosi di tumore tra le donne italiane. Tuttavia, il miglioramento degli strumenti diagnostici e terapeutici ha cambiato la prognosi di molte pazienti: due su tre sopravvivono oltre cinque anni dopo la diagnosi. La fondazione Airc celebra così 60 anni di impegno nella lotta contro il cancro, invitando a sostenere la ricerca tramite questa iniziativa.
Il significato di azalea della ricerca nella lotta ai tumori femminili
L’azalea non è solo una pianta da donare, ma un simbolo radicato nelle iniziative di prevenzione e divulgazione promosse da Airc. Da sei decenni, la fondazione si impegna a sostenere progetti scientifici dedicati a scoprire nuovi trattamenti e a sensibilizzare il pubblico sull’importanza dei controlli precoci. Ogni anno l’azalea raggiunge le piazze per ricordare che dietro a ogni gesto di attenzione verso il proprio corpo c’è la possibilità concreta di ridurre il rischio di malattie oncologiche. Donare un’azalea significa contribuire direttamente alla raccolta fondi che finanzia studi fondamentali e laboratori di ricerca in tutta Italia.
Nel 2024, le cifre parlano chiaro: si stimano oltre 175.000 nuovi casi di tumori femminili, con una prevalenza di tumori al seno, che rappresentano la prima causa di neoplasie tra le donne. L’iniziativa accompagna i cittadini a comprendere che oggi il tumore non è più una condanna ma una malattia per la quale si lavora costantemente per migliorare la sopravvivenza e la qualità della vita. Attraverso questa pianta, distribuita in migliaia di piazze, Airc porta un messaggio di speranza, basato su fatti e traguardi di ricerca concreti, alimentando una cultura della cura e dell’attenzione alla propria salute.
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La testimonianza di francesca taruffi: una storia di diagnosi e resilienza
Francesca taruffi ha vissuto in prima persona la lotta contro due tumori diversi, mostrando quanto sia determinante la prevenzione e l’attenzione ai segnali del corpo. La scoperta del melanoma nodulare è arrivata quando aveva 29 anni, a seguito di controlli iniziati in adolescenza per alcuni nei sospetti. In quel periodo, le possibilità terapeutiche erano limitate a interventi chirurgici e monitoraggi regolari. Dopo anni, a 37 anni, la diagnosi di carcinoma duttale al seno ha portato a una mastectomia e a una modifica radicale della sua vita.
La storia di Francesca racconta non solo la sofferenza di ricevere due diagnosi complesse, ma soprattutto come siano cambiati negli anni i percorsi di cura e prevenzione. Nel suo caso, la messa in menopausa indotta è stata una scelta medica per ridurre il rischio di recidive. Il percorso con il tumore al seno ha presentato ostacoli psicologici importanti, a partire dal distacco dal proprio corpo e dalla difficoltà di svolgere gesti semplici, come prendere in braccio la figlia appena nata.
Il ruolo della psico-oncologia e il percorso di cura
Il supporto psicologico rappresenta un elemento cruciale nella gestione di malattie oncologiche, un aspetto riconosciuto sempre più nei centri specialistici. Francesca ha raccontato l’importanza della psico-oncologa dello IEO, che l’ha affiancata nel superamento dello shock post traumatico subito dopo la diagnosi. “L’accompagnamento psicologico aiuta a gestire ansie, paure e a ricostruire un senso di sé spesso messo a dura prova dai trattamenti.”
Dopo anni di controlli costanti e cure, Francesca vive oggi con una buona condizione di salute. Sono passati vent’anni dalla prima diagnosi di melanoma, con guarigione confermata, e dieci dal tumore al seno, una malattia la cui sorveglianza prosegue nel tempo. Il mantenimento di una periodicità nei controlli medici è fondamentale per anticipare eventuali segnali di recidiva o complicazioni.
I messaggi di prevenzione e l’importanza della diagnosi precoce
Le esperienze di chi ha affrontato il cancro sottolineano quanto la diagnosi tempestiva possa fare la differenza. Francesca stessa ha ribadito che “se il melanoma fosse stato individuato con qualche mese di ritardo probabilmente non sarebbe sopravvissuta.” La prevenzione, ribadita in più occasioni, è un elemento che può salvare la vita. La malattia oncologica non è più vista come una sentenza definitiva ma una condizione affrontabile grazie ai progressi della ricerca, che vanno sostenuti anche attraverso iniziative come quella di Airc.
Educare la popolazione a fare controlli regolari, a conoscere i fattori di rischio e a mantenere uno stile di vita sano fa parte di una campagna di consapevolezza che deve coinvolgere ogni fascia di età e genere. Francesca suggerisce che un insegnamento specifico nelle scuole sulla prevenzione potrebbe avere un impatto positivo sul futuro della salute.
La dimensione personale: maternità, lavoro e relazione con i figli dopo la malattia
Il percorso di Francesca mette in luce come il cancro non cambi solo il corpo ma anche la percezione di sé e dei rapporti con le persone care. Inizialmente, l’obiettivo era solo sopravvivere abbastanza a lungo da crescere i figli. Nel tempo, la malattia ha trasformato la sua esperienza di donna e mamma. Ora si sente più consapevole e presente, con un legame forte e sincero con i figli.
Sul lavoro ha trovato un equilibrio cercando soluzioni che le permettessero di conciliare le esigenze familiari senza assumere eccessivi carichi professionali. Ha mostrato ai figli l’importanza della verità e dell’educazione alla prevenzione, raccontando loro le proprie esperienze senza nascondere nulla. Questo approccio ha contribuito a trasmettere un messaggio importante sull’attenzione alla salute e sul valore dei controlli medici regolari.