Il ritiro dell’emendamento che generava proteste tra i comprensori alpini bresciani durante il consiglio regionale lombardo
Il ritiro dell’emendamento proposto da Carlo Bravo in Lombardia evita impatti negativi sulla gestione della fauna e tutela l’ambiente alpino, rispondendo alle preoccupazioni dei comprensori locali.

Un emendamento regionale sulla caccia nelle zone alpine lombarde, proposto da Carlo Bravo, è stato ritirato dopo le proteste dei comprensori alpini e dell’assessore all’agricoltura, per tutelare la fauna e l’ambiente fragile della Lombardia. - Unita.tv
Un emendamento al regolamento regionale, che aveva acceso il dibattito tra i presidenti dei comprensori alpini in particolare quelli di Brescia, è stato ritirato nel corso dell’ultimo consiglio regionale Lombardo. Il provvedimento, messo a punto dal consigliere Carlo Bravo di Fratelli d’Italia, aveva destato forti critiche per le possibili ricadute sulla gestione della fauna e la tutela ambientale in aree delicate.
L’emendamento contestato e le ragioni delle proteste dei comprensori alpini
L’emendamento presentato da Carlo Bravo intendeva modificare alcune norme sulla caccia nelle zone alpine lombarde. L’idea suscitò subito reazioni negative da parte dei presidenti dei comprensori alpini, in particolare quelli di Brescia, che temevano l’apertura a “appostamenti fissi di caccia praticamente ovunque”. Costoro avevano sottoscritto un appello rivolto al governatore Attilio Fontana, all’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi e ai consiglieri regionali, chiedendo di bloccare l’approvazione.
Dettagli del cuore della contestazione
Il cuore della contestazione era la potenziale limitazione del criterio di avvistamento della fauna selvatica, fondamentale per gestire le autorizzazioni alla caccia. Nel dettaglio, la norma prevedeva che fosse certificato l’avvistamento di un animale entro un raggio di 200 metri per tre anni consecutivi, una condizione giudicata impraticabile a causa del comportamento mobile degli animali e del metodo di censimento. Come evidenziavano i comprensori alpini, la natura mobile della fauna impedisce di rispettare criteri così rigidi e questo avrebbe potuto aprire la strada a deroghe troppo larghe, pericolose per il fragile equilibrio ecologico di queste zone.
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In più, il sistema previsto avrebbe potuto dare via libera a caccia in siti propriamente sottoposti a misure di maggiore tutela ambientale, modificando un equilibrio fondamentale per la conservazione della biodiversità e per la gestione sostenibile del territorio alpino.
La posizione dell’assessore all’agricoltura e il ritiro dell’emendamento durante il consiglio regionale
Un elemento importante della vicenda è stato il sostegno all’opposizione dell’emendamento da parte dell’assessore regionale all’agricoltura, Alessandro Beduschi. L’assessore ha condiviso le preoccupazioni espresse dai comprensori alpini, confermando che il testo avrebbe potuto creare problemi gestionali e ambientali rilevanti, oltre a contraddire alcune norme vigenti sulle aree protette.
Nel corso della seduta del consiglio regionale dedicata all’ordinamentale, Carlo Bravo ha deciso di rimuovere l’emendamento che aveva originariamente proposto. Quella decisione ha visto un’unanimità di consensi tra i presenti, segno della pressione esercitata dalle istanze territoriali e dell’importanza attribuita alla salvaguardia del territorio alpino da parte della Regione Lombardia.
Il ritiro rappresenta un passo indietro significativo per evitare impatti inaspettati sulla gestione della caccia e sulla conservazione ambientale. Viene così conservata la disciplina che limita le autorizzazioni di caccia in relazione alla presenza accertata della selvaggina, cosa ritenuta indispensabile per la tutela di queste aree delicate.
Le reazioni dopo il ritiro
Il ritiro è stato accolto con favore dalle realtà locali, sottolineando come la collaborazione tra istituzioni e territori sia essenziale per migliorare le politiche regionali e tutelare l’ambiente alpino.
L’importanza della tutela dei territori alpini nella normativa regionale lombarda
Le aree alpine lombarde sono caratterizzate da un ecosistema particolarmente sensibile. La presenza di fauna selvatica, specie protette e habitat fragili rende necessario un quadro normativo rigido e preciso per evitare danni al territorio. La Regione Lombardia interviene tramite regolamenti che disciplinano le attività venatorie proprio per mantenere un equilibrio naturale, garantendo la sopravvivenza delle specie e la qualità ambientale.
La questione dell’appostamento fisso di caccia tocca un punto centrale: le norme attuali stabiliscono criteri per assicurare che ogni intervento venga autorizzato solo là dove effettivamente si sia accertato il passaggio regolare di animali nel tempo. Questo impedisce, ad esempio, che vengano concessi permessi in aree dove la fauna è assente o dove la presenza degli animali è sporadica, proteggendo habitat e specie vulnerabili.
I comprensori alpini, organizzazioni che rappresentano i territori montani a livello locale, rivendicano da anni la necessità che il controllo e la gestione della caccia rispettino le peculiarità ambientali. Eventuali modifiche legislativi che possano mutare queste regole rischiano di compromettere seriamente questi delicati equilibri.
Salvaguardia del patrimonio naturalistico
Con la vicenda recente, si è ribadita l’importanza di ascoltare le istanze territoriali e di mantenere standard severi per gli interventi venatori in montagna, per tutelare un patrimonio naturalistico che coinvolge l’intera comunità regionale.