Il pm di ragusa chiede il rinvio a giudizio per gli imputati del caso mare jonio per favoreggiamento dell’immigrazione
Il caso Mare Jonio riaccende il dibattito sul soccorso in mare, con la procura di Ragusa che chiede il rinvio a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e attende una pronuncia della Corte di Giustizia Europea.

La procura di Ragusa ha chiesto il rinvio a giudizio per l’equipaggio della Mare Jonio, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in attesa della decisione della Corte di Giustizia Europea sulla tutela del soccorso in mare. - Unita.tv
Il caso Mare Jonio torna sotto i riflettori giudiziari dopo la nuova mossa della procura di Ragusa. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati coinvolti nel processo, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante del profitto. Sullo sfondo c’è una questione più ampia, legata alla definizione delle attività di soccorso in mare e alla possibile estensione della cosiddetta scriminante di solidarietà.
L’accusa e la richiesta di rinvio a giudizio
Nel cuore del procedimento finito sulla scrivania del tribunale di Ragusa c’è l’ipotesi che l’equipaggio e i responsabili della nave Mare Jonio abbiano favorito l’ingresso illegale di migranti nel territorio italiano, traendo un vantaggio dall’operazione. Il pm sostiene che l’azione non si sia limitata a prestare aiuto ma abbia superato i limiti della legalità, configurando un reato penalmente perseguibile. Per questo motivo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati.
I soggetti coinvolti
Tra le persone coinvolte ci sono Pietro Marrone, comandante della Mare Jonio, Alessandra Metz, legale rappresentante della società armatrice Idra Social Shipping, e Giuseppe Caccia, vicepresidente del consiglio di amministrazione della stessa società e capo spedizione. A loro si aggiungono Luca Casarini, fondatore dell’organizzazione Mediterranea Saving Humans, e tre membri dell’equipaggio: il medico Agnese Colpani, il soccorritore Fabrizio Gatti e il tecnico a bordo Georgios Apostolopoulos. Tutti devono rispondere dell’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante del profitto.
Leggi anche:
La procura ha chiesto anche il riconoscimento di una parte civile: si tratta dell’avvocatura dello Stato, che si è associata alla richiesta di rinvio a giudizio. Questa scelta sottolinea l’interesse pubblico al procedimento e la volontà delle istituzioni di far luce sulle responsabilità di chi opera nei salvataggi in mare.
La posizione della corte di giustizia europea e la scriminante di solidarietà
Una novità importante riguarda la decisione di rinviare la causa in attesa di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea. L’organo dovrebbe decidere entro l’estate, indicando se la cosiddetta scriminante di solidarietà possa essere applicata anche in casi come quello della Mare Jonio.
La scriminante di solidarietà è una norma giuridica che tutela chi presta aiuto umanitario da accuse penali di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sua estensione ai casi di soccorso in mare è vista come un punto centrale per la vicenda. Se la Corte dovesse stabilire che il soccorso non configura reato, potrebbe cambiare l’impostazione del processo a Ragusa.
Impatto giuridico su scala europea
Questo passaggio è seguito con attenzione da tutte le parti coinvolte, perché apre uno scenario nuovo sul piano giuridico. L’esito potrebbe influire su tutti i processi simili in corso in Europa, ridefinendo confini incerti e delicati tra aiuto umanitario e violazione delle leggi sull’immigrazione.
Le difese degli imputati
Dopo la richiesta formale del pm, si sono espressi i legali dei sette imputati. Le difese hanno cercato di smontare le accuse, affermando che le attività di soccorso svolte dalla Mare Jonio rientrano nei diritti fondamentali e nei doveri umanitari. Hanno sottolineato che intervenire in mare per salvare vite non può essere confuso con una strategia volta al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Le difese insistono sul fatto che gli imputati non abbiano tratto alcun profitto dalla gestione dei migranti, ma agito per motivi umanitari senza scopi economici. Il traffico dei migranti, hanno evidenziato, è un fenomeno complesso e fuori dal controllo dell’equipaggio, che ha operato nel rispetto delle norme sul salvataggio in mare.
Sono state contestate le motivazioni legali che hanno portato all’accusa, con richieste di respingere il rinvio a giudizio e di attenersi a quanto indicherà la Corte di Giustizia su questo tema, visto come decisivo per stabilire i confini tra solidarietà e illegalità.
I protagonisti e lo sviluppo futuro del caso mare jonio
Il caso riguarda figure note nel mondo del soccorso e dell’attivismo per i diritti dei migranti. Pietro Marrone, alla guida della nave, e Alessandra Metz, come rappresentante legale della società che controlla la Mare Jonio, sono al centro del processo. Luca Casarini ha fondato Mediterranea Saving Humans, l’organizzazione che ha coordinato molte delle operazioni di salvataggio.
L’equipaggio e il loro ruolo
Il medico Agnese Colpani e i membri dell’equipaggio Fabrizio Gatti e Georgios Apostolopoulos fanno parte del gruppo che ha operato in mare per assistere le persone in pericolo. Il processo li coinvolge tutti, in un quadro giudiziario che segna un passaggio delicato sul piano sia legale che sociale.
L’attesa si concentra ora sulla risposta della Corte di Giustizia Europea, che potrebbe modificare gli scenari che regolano l’azione dei soccorritori e i criteri con cui si giudicano le loro azioni. Il procedimento a Ragusa sarà uno dei primi a misurarsi con questa definizione giuridica più chiara, e si prevede che diventerà un punto di riferimento per casi analoghi nei prossimi mesi.