Il nuovo piano strategico del governo contro la violenza sulle donne ha suscitato critiche da parte di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza. L’organizzazione denuncia l’assenza di confronto con le realtà che operano sul campo, un processo decisionale opaco e la mancata inclusione delle esperte dei centri antiviolenza. La questione si concentra sull’importanza di un approccio che riconosca le radici patriarcali della violenza e valorizzi l’esperienza diretta delle associazioni femministe.
La critica di d.i.re sulla gestione del piano strategico governativo
D.i.Re ha espresso forti riserve riguardo al modo in cui il governo ha elaborato il nuovo piano strategico per contrastare la violenza sulle donne. Secondo l’associazione, non c’è stato alcun dialogo con le organizzazioni che da anni operano nei centri antiviolenza, né è stata garantita trasparenza nel percorso decisionale. Questa modalità unidirezionale lascia fuori dal dibattito chi conosce profondamente il fenomeno e lavora quotidianamente per sostenere vittime e minori.
Radici patriarcali e assenza di coerenza
La rete sottolinea come sia fondamentale partire da una lettura attenta delle cause patriarcali alla base della violenza, elemento che invece sembra essere stato ignorato nelle scelte politiche recenti. Il risultato è un documento privo della coerenza necessaria a promuovere interventi efficaci sul territorio. La mancanza di coinvolgimento diretto degli esperti rischia così di indebolire gli sforzi contro questa grave emergenza sociale.
Appello alle associazioni femministe e alla società civile per una mobilitazione comune
In risposta a questa situazione, D.i.Re ha rivolto un appello aperto alle altre organizzazioni femministe e all’intera società civile affinché si crei una mobilitazione collettiva capace di opporsi alle derive attuali nella governance delle politiche antiviolenza. Cristina Carelli, presidente dell’associazione, invita tutte a farsi protagoniste nel chiedere cambiamenti concreti attraverso una partecipazione più ampia ed inclusiva.
Riconoscimento del ruolo dei centri antiviolenza
La richiesta riguarda soprattutto il riconoscimento ufficiale dell’importante ruolo svolto dai centri antiviolenza con approccio basato sul genere. Questi spazi rappresentano presidi fondamentali nella tutela delle vittime ma anche nella prevenzione della violenze stesse grazie all’esperienza accumulata negli anni dalle associazioni impegnate direttamente sul campo.
Criticità nell’approccio istituzionale al problema della violenzA
Le azioni messe in atto dal Dipartimento Pari Opportunità vengono giudicate insufficienti dalla rete D.i.Re perché adottano procedure opache senza prevedere momenti condivisi o co-progettazione con chi vive quotidianamente la lotta alla violenza patriarcale. Questo metodo esclude competenze preziose ed esperienza pratica indispensabili per definire strategie davvero efficaci.
Centralità alle associazioni femministe
Secondo Cristina Carelli è necessario recuperare centralità alle associazioni femministe come interlocutori privilegiati nella costruzione degli strumenti politici dedicati alla protezione delle donne maltrattate o minacciate. “Solo integrando queste voci si può sperare in interventi mirati capaci davvero d’incidere su fenomeno complesso come quello della violenza domestica o sociale.”
Adesioni all’appello: numerose realtà pronte a sostenere d.i.re
L’invito promosso da D.i.Re ha già raccolto sostegno tra diverse organizzazioni nazionali impegnate sui diritti umani e sociali legati alla condizione femminile o ai diritti civili più ampiamente intesi. Tra i soggetti aderenti figurano Action Aid – Women’s Rights Programme Expert, Aidos, Be Free, Cgil, Chayn Italia, Cismai, Giuristi Democratici, Lef Italia, Nudm, Period Think Thank, Udi, Unione Donne Italiane, Uil Una Nessuna Centomila.
Convergenza e richiesta di rispetto
Questa convergenza testimonia quanto sia sentita l’esigenza di modificare radicalmente le modalità con cui vengono elaborate le strategie governative contro la violenza sulle donne. Le reti associative chiedono quindi maggiore ascolto ma anche rispetto concreto verso chi dedica tempo ed energie ogni giorno ad aiutare chi subisce abusi.