Home Il comune di milano illumina palazzo marino con la scritta “all eyes on gaza”, reazioni dalla comunità ebraica

Il comune di milano illumina palazzo marino con la scritta “all eyes on gaza”, reazioni dalla comunità ebraica

La scritta “All eyes on Gaza” su palazzo marino a Milano provoca tensioni con la comunità ebraica, che critica l’approccio unilaterale del comune sulla crisi in Medio Oriente.

Il_comune_di_milano_illumina_p

L’installazione luminosa con la scritta “All eyes on Gaza” sulla facciata di Palazzo Marino a Milano ha suscitato tensioni, con la comunità ebraica locale che critica il messaggio ritenuto parziale e divisivo, invitando il Comune a una maggiore attenzione nelle future iniziative su temi delicati. - Unita.tv

L’installazione luminosa sulla facciata di palazzo marino, in centro a milano, ha acceso nuove tensioni. La scritta “All eyes on Gaza” è stata scelta dal comune come segnale di attenzione sulla crisi in Medio Oriente ma ha provocato reazioni forti da parte della comunità ebraica locale, che ha espresso un netto dissenso. Il presidente della comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, ha affidato a una nota ufficiale il proprio sconcerto, offrendo una lettura diversa rispetto a quanto rappresentato dall’amministrazione cittadina.

Il significato politico dell’illuminazione e le critiche della comunità ebraica

La decisione di illuminare palazzo marino con la frase “All eyes on Gaza” è stata motivata come un richiamo alla necessità di attenzione sulla situazione umanitaria a Gaza, duramente colpita dalle operazioni militari in corso. Il comune di Milano ha inteso, con questo gesto, portare l’opinione pubblica locale a riflettere sulle sofferenze dei civili palestinesi.

Posizioni contrastanti sulla rappresentazione del conflitto

Walker Meghnagi però considera la scelta non neutra. Secondo lui, l’installazione rappresenta un quadro sbilanciato che tende a addossare esclusivamente a Israele la responsabilità degli eventi. Meghnagi sottolinea come questa rappresentazione dimentichi le azioni di chi ha attaccato brutalmente Israele, minacciandone persino l’esistenza, distribuendo così colpe unilateralmente senza guardare al quadro complessivo del conflitto.

Questa posizione riflette una critica più ampia sugli atteggiamenti e narrazioni pubbliche che, a detta del presidente della comunità ebraica, possono alimentare un’informazione parziale e distorta. L’illuminazione, quindi, non tratteggia le legittime aspirazioni di pace ma tende a fomentare divisioni, affermando una sola verità a scapito di un confronto più equilibrato.

Le preoccupazioni per il clima sociale e il rischio di escalation

Meghnagi segnala anche un rischio più immediato, ovvero quello di contribuire a creare un clima pericoloso nella città. Secondo la comunità ebraica milanese, gesti come questo catalizzano tensioni tra comunità presenti nel capoluogo lombardo.

Il capo della comunità ricorda che la popolazione civile di Gaza è intrappolata in una realtà dove le dirigenze terroristiche palestinesi esercitano un controllo rigido, ostacolando qualsiasi via di uscita dalla crisi. In questa guerra, sostiene, Israele non ha scatenato il conflitto, come spesso si tende a far sembrare.

Il messaggio del presidente, quindi, si fonda sull’urgenza di evitare che iniziative simboliche, se non accompagnate da una conoscenza completa e corretta del contesto, possano indebolire la tranquillità e la convivenza tra i cittadini milanesi. La riflessione parte anche dal dovere di non lasciare che venga ignorata la sicurezza e la dignità delle comunità coinvolte, né sul piano locale né su quello internazionale.

La richiesta della comunità ebraica per future iniziative del comune

Lo sconcerto espresso nel comunicato si conclude con un appello rivolto direttamente all’amministrazione comunale milanese. Walker Meghnagi chiede che in futuro l’ente scelga con più attenzione e maggiore giudizio le modalità con cui affronta temi così delicati.

La comunità ebraica spera che le future iniziative pubbliche su questo tema non si limitino a scelte spontanee ma siano precedute da una ponderazione accurata dei fatti. Lo scopo sarebbe quello di evitare nuove incomprensioni e tensioni, offrendo invece un approccio che tenga conto di tutte le responsabilità e delle numerose sfaccettature della questione mediorientale.

Questo invito si colloca nel contesto di un dibattito più ampio, dove i simboli pubblici vengono letti come espressioni di posizioni politiche con ricadute reali sulla convivenza. La scelta del comune di Milano, in questo senso, non è solamente un gesto estetico ma assume un peso concreto sulle percezioni della cittadinanza e sulle relazioni tra comunità diverse presenti nel territorio.