Il gruppo musicale milanese i Patagarri sta vivendo una stagione intensa. Dopo l’apparizione a X Factor, questa band ha preso il volo nei palchi italiani con il loro primo album “L’ultima ruota del Caravan”. Il disco esce in un momento in cui la musica raccontata con testi profondi e personaggi ben definiti sembra lontana dalle mode attuali. I sei musicisti propongono un viaggio sonoro e narrativo che richiama atmosfere tipiche della tradizione cantautorale italiana.
Un album nato dal racconto di vite e personaggi
Il lavoro di i Patagarri mostra un approccio diverso rispetto alle canzoni pop più immediate, spesso costruite senza un vero filo narrativo. Per la band il racconto resta un elemento chiave, eredità dei live suonati in contesti semplici come bar e ristoranti, dove il contatto con il pubblico richiede un’interazione più diretta. I brani del disco non sono pensati solo come pezzi per la radio, ma come storie da ascoltare a qualsiasi ora, senza perdere la loro identità.
Il progetto punta a mantenere quella narrazione viva, lontana dall’omologazione sonora. Il risultato è un album in cui il testo domina senza rinunciare alla musicalità. L’essere “molto suonato” significa anche varie influenze musicali all’interno delle tracce, che non si affidano soltanto a basi prodotte in studio. In questo senso “L’ultima ruota del Caravan” offre una proposta lontana dalle pieghe commerciali del presente nel panorama musicale italiano.
La collaborazione con birrificio baladin e la produzione in un luogo particolare
Per la produzione dell’album, i Patagarri hanno cercato un produttore in sintonia con la loro idea. La scelta è caduta su Taketo Gohara, produttore di Vinicio Capossela, artista che condivide alcune affinità sonore e di linguaggio con il gruppo. La registrazione è avvenuta in un contesto insolito: una ex birreria a Piozzo, provincia di Cuneo, dotata di un tendone da circo. Quel luogo ha dato una caratteristica particolare all’album, realizzato in presa diretta e senza metronomo per conservare una spontaneità più cruda.
L’idea di lavorare con una realtà come il Birrificio Baladin nasce anche dalla volontà di legare musica e territorio, in modo originale e non convenzionale. La registrazione in quel contesto ha permesso agli artisti di immergersi in un ambiente che ha contribuito a definire il clima sonoro del disco, facendolo emergere dalla routine degli studi di registrazione classici. Il risultato è un suono “più sporco”, che ha anche diviso chi ascolta ma rappresenta un approccio diverso rispetto alle produzioni più patinate del momento.
Il messaggio politico di “palestina libera” e le reazioni al primo maggio
Uno dei momenti più discussi dei Patagarri è stato il concerto al Primo Maggio, dove hanno proposto il pezzo “Palestina libera”, un brano che mescola impegno politico e musica popolare. La scelta di esibirsi con questo pezzo non è improvvisata: il gruppo portava avanti questo discorso già da tempo, unendo il brano a “Hava Nagila” nelle loro esibizioni dal 2024. La scelta di inserire “Bella ciao” nelle playlist dal vivo rientra nell’idea di mostrarsi senza censure.
Il brano ha attirato sia critiche sia sostegni. I Patagarri hanno risposto in modo chiaro alle accuse di antisemitismo, specificando che il loro obiettivo è sempre stato la richiesta di pace per tutti i popoli coinvolti. Dal loro punto di vista, “è ingiustificabile la sopraffazione reciproca”, e il messaggio va mantenuto sempre aperto e netto. La posizione del gruppo rappresenta un’espressione diretta della loro coscienza sociale, inserita nel contesto dell’arte, senza rinunciare a schierarsi quando il tema lo richiede.
Il ruolo sociale dell’artista e il valore dei testi dei patagarri
I membri della band sottolineano come nella musica l’artista debba poter scegliere liberamente se portare messaggi o meno. La loro esperienza mostra però che limitare le parole per paura può significare perdere coerenza con se stessi. Nel loro caso, il messaggio sociale è parte integrante dei testi, che cercano di raccontare delle verità spesso trascurate. Questa scelta inevitabilmente esclude una parte del pubblico, ma rafforza altre connessioni con chi apprezza una musica impegnata e autentica.
L’arte, secondo i Patagarri, deve rimanere libera, ma in molti loro pezzi si nota la volontà di mantenere viva una testimonianza. Questo si applica tanto a contenuti espliciti, come “Palestina libera”, quanto ai racconti più quotidiani e meno immediatamente politici. Mantenere la coerenza del proprio messaggio è una linea guida alla quale la band non intende rinunciare, anche se questo significa affrontare critiche o limitare alcune occasioni commerciali.
Le canzoni preferite e i pezzi più difficili del disco
Tra i brani di “L’ultima ruota del Caravan” i musicisti indicano “Il pollo” come la loro preferita. Questa traccia riassume il carattere del disco, mescolando storie e suoni in modo originale. Tra gli altri pezzi apprezzati, “Diavolo” riceve menzioni per la qualità narrativa e musicale.
Al contrario, alcune canzoni hanno richiesto uno sforzo maggiore in fase di registrazione. “Il camionista” ha impresso difficoltà per la sua ritmica complessa. “Scimmia” spicca per la sua diversità strutturale, mentre “Mutui” si distingue per un approccio più articolato rispetto agli altri brani. Le sfide nel realizzare l’album sono state affrontate puntando sulla spontaneità e sulla ricerca musicale comune.
Collaborazioni desiderate e progetti futuri della band
Il gruppo ha espresso il desiderio di lavorare con artisti che sentono affini al loro percorso. Caparezza e Goran Bregovich sono stati citati per le loro capacità di raccontare e per i loro universi musicali intensi. Tra gli incontri più recenti, Sayf ha colpito per il suo stile e la sua freschezza.
Il sogno a lungo termine rimane una collaborazione con Eric Clapton, artista di fama internazionale con cui condividere una visione musicale. Questi nomi riflettono la ricerca dei Patagarri di un dialogo tra mondi diversi, mantenendo fissa la volontà di regalare musica vera. Il gruppo spera di continuare a produrre dischi e restare unito nel tempo, con l’ambizione di seguire questa strada per molto ancora.