
La rivolta nel carcere di Marassi evidenzia il grave sovraffollamento e le carenze strutturali del sistema penitenziario italiano, richiedendo interventi urgenti oltre le sole misure punitive. - Unita.tv
L’episodio avvenuto ieri nel carcere di Marassi, a Genova, ha riportato sotto i riflettori le difficoltà già note del sistema carcerario italiano. La rivolta, scatenata in seguito a una presunta aggressione sessuale avvenuta qualche giorno prima, ha dato voce a tensioni accumulate negli anni e a problemi strutturali ancora irrisolti. Fabiana Cilio, presidente della Camera penale ligure, ha commentato duramente la situazione, che riflette criticità comuni in molti istituti penitenziari del Paese.
Sovraffollamento e carenze strutturali nel carcere di marassi
Il carcere di Marassi ospita oggi circa 700 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 500 posti. Questo sovraffollamento supera il 130%, creando condizioni di vita estremamente difficili sia per gli ospiti sia per il personale. Non bastasse il numero alto di detenuti, la struttura deve affrontare una grave carenza di personale. Questa situazione, secondo la presidente Cilio, ha reso possibile che un detenuto restasse sequestrato per giorni senza che nessuno se ne accorgesse.
Le condizioni di vita e lavoro nel carcere
Le celle affollate e le risorse umane limitate rendono le condizioni disumane. I detenuti vivono in spazi angusti, con accesso limitato ai servizi fondamentali. Allo stesso tempo, gli agenti di polizia penitenziaria e tutto il personale si trovano a gestire una situazione insostenibile, esposti quotidianamente a stress fisico e psicologico. Questi fattori aumentano le tensioni interne e il rischio di rivolte o episodi violenti.
La gestione di un istituto con numeri ben al di sopra della capacità regolamentare richiede interventi urgenti. Il sovraffollamento non è solo un problema logistico ma mina la sicurezza e la dignità delle persone coinvolte. La carenza di organico come concorso aggravante si riflette sull’incapacità di monitorare i detenuti e prevenire episodi critici.
Il decreto sicurezza e l’inefficacia delle nuove norme sulla rivolta
Il giorno stesso della rivolta nel carcere di Marassi coincideva con l’approvazione da parte del Parlamento del Decreto sicurezza. Questa legge ha introdotto il reato di rivolta all’interno delle carceri, con pene più severe per chi vi partecipa. Tuttavia, dall’evento genovese risulta evidente che nuove leggi o inasprimenti delle pene non hanno effetto deterrente se non accompagnati da interventi strutturali.
Il commento di fabiana cilio
Fabiana Cilio ha definito “singolare” questa coincidenza, sottolineando come l’introduzione di reati nuovi non affronti le cause profonde che portano alle rivolte. Le criticità da risolvere riguardano l’affollamento, le condizioni di detenzione, la scarsità di personale e la mancanza di risorse dedicate a prevenire e gestire emergenze.
Il problema è anche economico: nuove norme e aggravanti non generano costi immediati per lo Stato, mentre le soluzioni reali, come ammodernamenti e assunzioni, richiedono investimenti importanti e duraturi. La politica, secondo Cilio, finora non ha voluto impegnarsi in questi interventi, preferendo misure facilmente presentabili ma inefficaci nelle pratiche.
L’appello al governo per interventi urgenti e riforme concrete
La presidente della Camera penale ligure ha rivolto un appello diretto al ministro della Giustizia Carlo Nordio e all’esecutivo. La richiesta è di affrontare con decisione e urgenza una crisi che ormai mostra caratteristiche strutturali e un pericolo per la sicurezza degli istituti carcerari. Le riforme auspicate dovrebbero mettere fine a uno stato di emergenza cronico e restaurare condizioni più umane e controllabili.
Le proposte implicano piani di ammodernamento delle carceri, aumento del personale e miglioramento delle condizioni di detenzione. Il personale necessita di supporti adeguati per svolgere il proprio compito senza rischi e stress eccessivi. Inoltre, è essenziale garantire il rispetto dei diritti umani anche a chi è privato della libertà.
I recenti disordini a Marassi rappresentano un campanello d’allarme a cui il governo non può più ignorare. Dopo anni di criticità denunciate senza cambiamenti significativi, questa rivolta è un segnale che la situazione ha raggiunto livelli insostenibili. Ora serve un intervento concreto per evitare ulteriori tensioni e tutelare la sicurezza di tutti, senza affidarsi solo a norme punitive prive di efficacia pratica.