L’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco torna al centro dell’attenzione con nuovi elementi che potrebbero cambiare il corso delle indagini. Dopo quasi venti anni dal delitto, emergono dettagli su reperti mai prima segnalati e si intensificano le analisi scientifiche sui resti della colazione consumata dalla vittima la mattina del 13 agosto 2007. Questi sviluppi arrivano mentre l’incidente probatorio prosegue, con un focus particolare sulle impronte digitali e sul Dna raccolto dagli oggetti ritrovati.
Il ruolo del nuovo supertestimone nel ritrovamento degli oggetti sospetti
Un elemento inedito ha fatto irruzione nell’inchiesta riaperta da poco: un muratore egiziano avrebbe consegnato ai carabinieri alcuni strumenti potenzialmente collegati al delitto. Secondo quanto riportato da La Repubblica, questi oggetti – tra cui un martello, un attizzatoio, una mazzetta e una piccozza – non sarebbero stati recuperati nella roggia di Tromello come si pensava finora. Il canale era stato dragato anni fa vicino alla casa delle gemelle Cappa, familiari coinvolte indirettamente nella vicenda.
Il muratore avrebbe trovato questi strumenti prima che la roggia venisse ripulita e li avrebbe poi consegnati alle forze dell’ordine. Questo dettaglio è cruciale perché potrebbe fornire nuove piste per identificare l’arma usata nell’aggressione a Chiara Poggi o almeno chiarire alcuni aspetti ancora oscuri dell’indagine. Al momento gli inquirenti stanno verificando se uno o più di quegli oggetti possano essere collegati direttamente all’omicidio.
La presenza di questo “supertestimone” rappresenta una svolta significativa dopo anni in cui le prove materiali erano scarse o controverse. La sua testimonianza potrebbe mettere sotto nuova luce i fatti accaduti quella tragica estate a Garlasco e aiutare a ricostruire meglio la dinamica dell’aggressione.
Approfondimenti sulle analisi dna dei resti della colazione
Parallelamente al lavoro sui reperti fisici appena emersi si concentra anche l’esame dei campioni biologici prelevati dagli avanzi della colazione consumata da Chiara Poggi poche ore prima dell’assassinio. Il Corriere della Sera riferisce che i primi risultati ottenuti dai tamponi sono già stati confrontati con i profili genetici noti: quello della vittima è stato riscontrato su diversi elementi come il piattino usato durante il pasto, le linguette dei due Fruttolo presenti sulla tavola, la busta dei cereali e persino sul sacchetto per la spazzatura dove erano contenuti i rifiuti.
Invece sul lato opposto c’è Alberto Stasi: tracce del suo Dna sono state trovate sulla cannuccia utilizzata per bere un Estathé quel giorno stesso. Questi dati rafforzano alcune ipotesi già note agli investigatori ma necessitano ora di conferme ufficiali attraverso ulteriori test scientifici volti a consolidare definitivamente i risultati preliminari.
L’esame accurato delle tracce biologiche rivela inoltre dettagli importanti sull’interazione tra vittima ed eventuale aggressore nelle ore immediatamente precedenti all’omicidio; ogni elemento può contribuire ad avvicinare gli investigatori alla verità dopo quasi due decenni dall’accaduto.
Ricerca delle impronte latenti sugli oggetti repertati nella villetta
Un’altra fase delicata riguarda lo studio delle impronte digitali lasciate negli ambienti coinvolti nel caso Poggi. I pm pavesi hanno ordinato ai periti incaricati di estendere le loro ricerche anche alle cosiddette “impronte latenti” presenti su 34 fogli d’acetato conservanti segni impressi durante quei giorni drammatici dentro la villetta situata in via Pascoli a Garlasco.
Questi fogli contengono tracce raccolte negli anni passati proprio per mantenere intatti eventuali segni lasciati dalle mani o dita degli individui entrati nella casa subito dopo l’omicidio oppure nei giorni successivi alle indagini iniziali.
Ora viene richiesto agli esperti forensi d’indagare se tali impronte possano corrispondere ai sospettati oppure ad altre persone coinvolte indirettamente nel caso.
Ulteriori analisi sugli oggetti rinvenuti nella pattumiera
Inoltre verrà esaminata anche tutta una serie d’oggetti rinvenuti nella pattumiera otto mesi dopo il fatto criminoso; queste analisi puntano a scoprire nuove prove tangibili capaci di collegare persone specifiche all’ambiente dove è maturato il crimine.
La ricerca meticolosa mira così ad ampliare lo spettro investigativo partendo da materiali finora sottovalutati o trascurati nelle prime fasi processuali; ogni impronta può diventare decisiva nel quadro complessivo.