Un’inchiesta della guardia di finanza di bolzano ha smascherato un sistema organizzato per fornire manodopera a basso costo a imprese della grande distribuzione e della lavorazione delle carni in trentino alto adige, veneto e lombardia. Attraverso la creazione di una rete di società fittizie, i responsabili hanno emesso fatture false per abbattere il costo del lavoro. Questo meccanismo ha permesso loro anche di riciclare profitti all’estero tramite una società fantasma.
Struttura del sistema fraudolento e ruolo degli indagati principali
Il cuore dell’operazione ruota attorno a tre figure chiave: due imprenditori – uno altoatesino, l’altro campano – e un consulente fiscale proveniente dalla provincia di napoli. Questi avrebbero orchestrato un complesso schema per reclutare lavoratori sottopagati da mettere poi a disposizione delle aziende committenti attraverso contratti d’appalto non autentici. L’imprenditore altoatesino fungeva da intermediario tra i campani coinvolti nel raggiro e le aziende che necessitavano manodopera.
Le indagini dirette dalla procura locale hanno accertato come questi soggetti abbiano creato un vero “castello societario” con molteplici livelli, tutti riconducibili alla frode. La rete comprendeva anche altre 29 persone al momento sotto inchiesta, mentre i tre principali accusati sono stati posti agli arresti domiciliari.
Le ditte individuali “scatole vuote” usate per mascherare la truffa
Alla base dello schema si trovavano numerose ditte individuali che operavano solo formalmente; erano vere “scatole vuote”. Tali ditte duravano pochi mesi ed erano intestate spesso a persone economicamente svantaggiate o indigenti che ricevevano poche centinaia di euro in cambio dell’assunzione formale della proprietà aziendale. Queste realtà avevano il solo scopo di emettere fatture false indirizzate alle cooperative incaricate del reclutamento dei lavoratori.
Il numero totale dei dipendenti irregolari impiegati nel sistema supera gli 850 soggetti. Le fatture false complessivamente emesse superano gli 80 milioni di euro; i guadagni illeciti stimati superano invece i 14 milioni.
Cooperativa come secondo livello del meccanismo fraudolento
Le cooperative rappresentavano lo stadio intermedio nella catena fraudolenta: queste offrivano forza lavoro a prezzi molto bassi grazie all’emissione sistematica delle fatture inesistenti dalle ditte individuali strumentali alla frode fiscale.
Secondo gli investigatori molte aziende committenti appartenenti alla grande distribuzione avrebbero sfruttato consapevolmente questo meccanismo illecito stipulando contratti d’appalto fasulli con le cooperative. In questo modo riuscivano ad aggirare le normative previste dai contratti collettivi nazionali del lavoro evitando vincoli diretti nei confronti dei dipendenti come ferie o permessi retribuiti oppure tutele contro malattie o infortuni sul lavoro.
Aspetti fiscali e benefici per le aziende coinvolte
Inoltre evitavano oneri amministrativi legati all’assunzione diretta riducendo costi gestionali; inoltre ottenevano rilevanti benefici fiscali attraverso crediti iva generati dall’annotazione delle tante fatture inesistenti compilate dalle cooperative-fantasma coinvolte nel sistema illegale.
Questa indagine mette al centro modalità complesse ma ben coordinate attraverso cui si realizzava una concorrenza sleale ai danni delle imprese rispettose delle regole sul mercato italiano nei territori interessati dal fenomeno criminale.