Il caso di Alessandro Venier, 35 anni, assassinato nella sua abitazione di Gemona del Friuli, entra in una nuova fase decisiva con la conferma dell’incarico per l’autopsia. La procura di Udine prosegue le indagini per chiarire i dettagli attorno a un delitto che ha scosso la comunità locale. La vittima è stata fatta a pezzi dalla madre e dalla convivente, che restano gli unici sospettati.
L’incarico per l’autopsia e la nomina del perito difensivo
Domani sarà affidato l’incarico ufficiale per eseguire l’autopsia sul corpo di Alessandro Venier, una tappa fondamentale per ricostruire esattamente modalità e tempistiche dell’omicidio. L’avvocata Federica Tosel ha confermato che alla procedura parteciperà anche un perito scelto dalla difesa, il cui nominativo deve ancora essere stabilito. La presenza del consulente della difesa garantisce un controllo tecnico incrociato sui rilievi medico-legali, per non lasciare margini di ambiguità sulle cause della morte e sugli esiti degli esami.
L’autopsia fornirà dati concreti su quali armi o strumenti siano stati impiegati, oltre a certificare l’orario del decesso. Questi elementi potranno diradare dubbi che finora la sola testimonianza delle indagate non ha chiarito appieno. Il dettaglio dell’autopsia dovrebbe anche rivelare la natura delle ferite e se ci siano segni riconducibili a una colluttazione.
Le indagini nella villetta e il racconto della madre
Le attività investigative all’interno della villetta di Gemona proseguono per cercare riscontri sulle dichiarazioni di Lorena Venier, madre della vittima. Lei ha raccontato che il corpo è stato sezionato nella casa, ma non sono state trovate tracce ematiche significative in nessuna delle stanze. Ciò lascia aperto un interrogativo sulle modalità esatte e sul luogo esatto dell’uccisione.
Lorena Venier, che ha 61 anni e lavora come infermiera, ha sostenuto inoltre che nessun altro, oltre alla compagna di Alessandro, è stato coinvolto nel delitto o nelle fasi successive. Sono passati cinque giorni tra l’omicidio e la chiamata al 112 dalla convivente Mailyn per costituirsi, giorni durante i quali non vi sarebbe stata l’aiuto di terzi.
Gli inquirenti stanno indagando sulle azioni che la madre e la convivente hanno messo in atto per gestire il cadavere, in particolare sull’uso della calce viva. Questo materiale è stato impiegato per coprire il corpo riposto in un bidone nell’autorimessa, una scelta volta a mascherare l’odore della decomposizione che altrimenti avrebbe allertato i vicini.
Le domande ancora aperte sul piano delle donne per occultare il corpo
Resta da capire quale fosse il progetto delle due donne per eliminare definitivamente il corpo di Alessandro. L’uso della calce viva può essere solo un rimedio temporaneo. Serve capire se avevano già previsto un piano per far sparire i resti o se si trattava di una soluzione d’emergenza in attesa di decidere il passo successivo.
Alessandro aveva informato i suoi amici dell’intenzione di trasferirsi definitivamente in Colombia, quindi la sua sparizione improvvisa non avrebbe creato sospetti immediati. Questo particolare potrebbe aver influenzato la strategia adottata da madre e convivente per cercare di coprire il crimine.
Le prossime fasi investigative si concentreranno sull’analisi delle prove raccolte nell’abitazione e nei dintorni. Gli esami autoptici, insieme alle testimonianze, determineranno la direzione più chiara per l’accertamento della dinamica dei fatti e della responsabilità.
Ultimo aggiornamento il 3 Agosto 2025 da Matteo Bernardi