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La richiesta di suicidio assistito di Martina Oppelli tra difficoltà quotidiane e cambiamenti legislativi in Europa

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Martina Oppelli e il dibattito sul suicidio assistito in Europa - Unita.tv
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In questo articolo si racconta la storia di Martina Oppelli, donna triestina affetta da una malattia grave che le impedisce di muoversi senza assistenza. Martina denuncia le difficoltà pratiche nella vita di tutti i giorni e rinnova la sua richiesta di poter accedere al suicidio assistito, una pratica ancora negata in Italia ma recentemente approvata in Slovenia, paese vicino.

La dura realtà di una vita segnata dalla disabilità grave

Martina Oppelli scrive con voce forte e chiara il peso delle sue condizioni fisiche, che la costringono a usare carrozzine basculanti costruite su misura. La sua situazione non permette semplici attività quotidiane, ma necessita di una presenza costante e attenta. Non si tratta solo di mobilità: il bisogno di un’assistenza continua nelle funzioni corporali più elementari è diventato impellente nel corso del tempo.

Racconta che durante le ferie delle sue badanti, temporaneamente sostituite da un amico, ogni gesto diventa faticoso. Anche bere da un bicchiere con la cannuccia si trasforma in un’impresa. Questi dettagli rivelano quanto l’autonomia sia compromessa al massimo, con ripercussioni anche sul benessere psicologico.

Martina esprime la frustrazione di non essere capita attorno a sé, di trovarsi intrappolata nella propria città, senza lavoro e senza opzioni di miglioramento per la sua condizione. La sua voce appare come un grido di allarme sulla qualità di vita delle persone con disabilità che spesso restano invisibili al pubblico.

I viaggi spirituali e l’aggravarsi dei sintomi fisici

Tra le esperienze accumulate, ci sono stati tre pellegrinaggi a Lourdes, con la speranza di trovare sollievo e conforto. Purtroppo, queste occasioni si sono trasformate in prove di sofferenza estrema. Martina racconta come gli spasmi, simili a scariche elettriche, irrigidiscano il suo corpo a tal punto da spaventare le persone intorno, incluso chi accompagna.

Anche un viaggio più breve verso l’ospedale di Cattinara diventa un calvario. La movimentazione su mezzi di trasporto amplifica il dolore che sente: “tutti i dolori vengono shakerati in un unico, immenso dolore univoco”, spiega lei. Nella lettera a cui risponde, intitolata “Martina, cammina con noi”, le viene proposto un pellegrinaggio a Medjugorje, ma per lei sarebbe troppo faticoso, quasi un’agonia personale.

Questi dettagli mostrano come anche le iniziative più significative da un punto di vista spirituale debbano fare i conti con limiti fisici invalicabili. La malattia che affligge Martina comporta non solo un dolore costante, ma un progressivo deterioramento che cancella ogni speranza di miglioramento.

Riconoscimenti e critiche al sistema assistenziale pubblico

Nonostante le critiche e le difficoltà, Martina riconosce il valore dell’aiuto pubblico. Ringrazia il Comune di Trieste e la Regione Friuli Venezia Giulia per la qualità dell’assistenza ricevuta. Sottolinea di aver potuto, almeno in parte, vivere dignitosamente grazie a quei sussidi.

Questa presa di posizione è significativa. Mostra un equilibrio tra gratitudine e denuncia, richiamando l’attenzione sul fatto che il sostegno pubblico esiste, ma non basta a ridurre sofferenze così estreme. Martina fa anche un appello sottile, richiamando l’attenzione sull’accessibilità: chiede alle compagnie aeree di riservare posti sui propri velivoli che permettano ai disabili di rimanere sulle loro carrozzine, senza dover essere trasferiti su sedili inadatti.

Con questa richiesta evidenzia un problema concreto e frequente nelle difficoltà di spostamento. Il trasporto aereo infatti resta ancora poco attento alle esigenze di chi vive come lei, costringendo le persone con grave disabilità a rinunciare a viaggi o a subire trattamenti poco dignitosi.

La vicina Slovenia approva la legge sul suicidio assistito

Nonostante il quadro complesso, Martina Oppelli continua a chiedere di poter accedere al suicidio assistito, pratica a oggi negata dalle autorità sanitarie italiane. Questa situazione si scontra con le novità legislative della vicina Slovenia, che proprio ieri ha approvato una legge che consente questa procedura.

Tale decisione segna un traguardo significativo rispetto ai diritti di chi vive malattie incurabili e chiede di poter scegliere come porre fine alla propria sofferenza. In Italia, invece, la normativa resta ferma e concede poche possibilità agli ammalati in condizioni irreversibili come Martina.

Il dibattito sul suicidio assistito continua a essere acceso su base etica, legale e sociale. Ma ancor più il caso concreto di una donna che racconta la sua storia con dettagli precisi ed emotivi accende un’attenzione che va oltre la sterile discussione teorica.

In questo contesto, l’esperienza di Martina Oppelli rappresenta un forte richiamo a considerare le difficoltà vissute da chi convive con malattie gravi e progressivamente invalidanti, facendo emergere questioni che interessano tutta la società e la legislazione vigente.

Ultimo aggiornamento il 19 Luglio 2025 da Andrea Ricci

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Andrea Ricci

Andrea Ricci non cerca l’ultima notizia: cerca il senso. Blogger e osservatore instancabile, attraversa cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute con uno stile essenziale, quasi ruvido. I suoi testi non addolciscono la realtà, la mettono a fuoco. Scrive per chi vuole capire senza filtri, per chi preferisce le domande alle risposte facili.

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