La vicenda della morte di Liliana Resinovich prosegue tra accertamenti tecnici e analisi scientifiche che mettono in luce ogni dettaglio della scena del crimine. L’attenzione degli inquirenti si concentra su un’impronta sui sacchi neri che avvolgevano il corpo della donna, inizialmente ritenuta un segno lasciato da un guanto. Le indagini si estendono anche alle registrazioni video della Go Pro trovata sulla bicicletta del marito, considerato principale sospettato. Questo aggiornamento esplora i risultati delle analisi sulla scena e i nuovi elementi tecnici emersi nel corso delle verifiche.
Conferma della natura dell’impronta sui sacchi neri: la trama dei jeans della vittima
Il Gabinetto interregionale del Triveneto, specializzato in polizia scientifica e con sede a Padova, ha svolto esami approfonditi sull’impronta trovata su uno dei sacchi neri usati per coprire il corpo di Liliana Resinovich. La Procura di Trieste aveva richiesto tali accertamenti dopo che il giudice per le indagini preliminari, Luigi Dainotti, aveva respinto la richiesta di archiviazione del caso. L’impronta, inizialmente sospettata di essere una traccia lasciata da un guanto, si è rivelata essere invece l’impronta della trama dei jeans indossati dalla donna.
Nel dettaglio, il Gip aveva chiesto un confronto preciso tra questa “impronta guantata” e i guanti recuperati dagli investigatori, inclusi quelli rinvenuti vicino al corpo. L’obiettivo era capire se qualcuno avesse manipolato i sacchi dopo la morte o durante la fase di occultamento. Le analisi hanno escluso ogni compatibilità fra la trama del guanto rinvenuto sul luogo e quella impressa sul sacco, indirizzando così le indagini verso la spiegazione naturale legata ai vestiti della vittima.
Esperimenti con i jeans di Liliana e sacchi simili per replicare l’impronta
Per ricostruire l’origine dell’impronta, gli inquirenti hanno realizzato un esperimento partendo dai jeans indossati da Liliana Resinovich. Sono stati poi utilizzati tre campioni di sacchi per rifiuti molto simili a quelli che avevano avvolto il cadavere. In condizioni ambientali riprodotte fedelmente, sono stati impiegati adesivi istantanei per far emergere le impronte sulla superficie dei sacchi.
Questa procedura ha dato esiti chiari: sono state ottenute immagini della trama regolare del tessuto dei jeans, comparabili con l’impronta sul sacco che copriva gli arti inferiori del corpo. Tale risultato rafforza la tesi che la presunta “impronta guantata” altro non fosse che il riscontro della stoffa contro il sacco stesso. Questo dettaglio elimina presenze estranee nella manipolazione del corpo e sposta l’attenzione su altri aspetti dell’inchiesta.
Analisi della Go Pro del marito: conferma dell’alibi secondo la polizia postale
Sull’aspetto video, non sono emerse novità dai controlli della Go Pro ritrovata sulla bicicletta di Sebastiano Visintin, marito di Liliana e unico indagato per la sua morte. La videocamera aveva registrato il percorso dell’uomo dalle 12:16 alle 13:33 del giorno della scomparsa.
Il Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia postale del Friuli Venezia Giulia ha verificato la corrispondenza delle coordinate GPS all’inizio dei filmati con le immagini riprese e gli orari dei file video. Le informazioni raccolte risultano coerenti con quanto dichiarato dallo stesso Visintin e con la ricostruzione operata dalla Squadra Mobile.
Questi esami confermano la compatibilità tra l’alibi fornito dall’indagato e gli elementi tecnici disponibili, senza fornire ulteriori elementi per modificare l’attuale quadro investigativo. Le verifiche sulla Go Pro diventano così un punto fermo nella fase delicata delle indagini.
L’approfondimento sulle tracce lasciate sulla scena e la revisione dei filmati si aggiungono agli sforzi degli inquirenti per chiarire le circostanze della morte di Liliana Resinovich. Allo stato attuale, l’attenzione rimane focalizzata sui dettagli oggettivi raccolti dagli esperti della polizia scientifica e della polizia postale.
Ultimo aggiornamento il 7 Agosto 2025 da Rosanna Ricci