Il caso di femminicidio avvenuto a Settala nel milanese continua a svilupparsi con nuovi dettagli sulla dinamica del delitto e sul destino della figlia minore di dieci anni. Il marito di Amina, assassina e arrestato, ha fornito la sua versione durante l’udienza al tribunale dei minori. Nel frattempo, il Comune di Settala sta predisponendo misure di tutela per la bambina coinvolta in questa tragedia.
La testimonianza del marito durante l’udienza a settala
Il 12 maggio 2025, nel tribunale dei minori di Milano, Khalid, il marito che ha ucciso la moglie Amina con una serie di coltellate, ha raccontato la sua versione degli eventi. Secondo il suo racconto, al momento dell’aggressione, la figlia di dieci anni si trovava in un’altra stanza e non ha assistito direttamente al delitto. Questa dichiarazione è stata resa nel corso dell’udienza che ha visto discutere la convalida del collocamento temporaneo della bambina presso la zia materna.
Il pubblico ministero e gli operatori dei servizi sociali hanno sottolineato alcune criticità emerse nel periodo successivo all’atto criminale. In particolare è stata evidenziata la difficoltà nell’assicurare la sicurezza della minore a causa del comportamento del padre, che avrebbe ignorato il divieto di avvicinamento e incontrato la figlia senza autorizzazioni. La psicologa che segue la bambina ha confermato come sia necessario mantenere un ambiente stabile e protetto, in grado di garantire la serenità di cui la piccola ha bisogno dopo il trauma.
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Il comune di settala e le misure di tutela
Il Comune di Settala ha partecipato attivamente al processo di tutela della figlia di Amina. I servizi sociali hanno chiesto al tribunale che il sindaco venga nominato tutore provvisorio della bambina. Questa scelta consente una gestione più diretta e trasparente delle risorse, in particolare della raccolta fondi avviata dall’amministrazione locale per supportare la minore e i membri della sua famiglia che ora la assistono. La risposta del tribunale, prevista nelle prossime settimane, sarà fondamentale per stabilire il percorso di assistenza e sostegno per la bambina.
Nel frattempo, la ragazza è affidata ai parenti materni, gli zii, che si sono impegnati a garantire la stabilità emotiva e un ambiente sicuro. Il giudice Alberto Viti ha evidenziato come, data la delicatezza della situazione, sia necessario un equilibrio fra le esigenze di protezione della minore e i suoi diritti, inclusi eventuali rapporti con il padre, che restano comunque soggetti a restrizioni anche per la sicurezza della bambina stessa.
La posizione del padre e le intenzioni di risarcimento
Khalid, rappresentato dagli avvocati Giorgio Ballabio e Maria Cristina Delfino, ha mostrato segni di cedimento emotivo nell’affrontare le conseguenze del gesto che ha compiuto. Pur non avendo ancora ampiamente chiarito i motivi del delitto, l’uomo ha espresso rimorso e l’intenzione di porgere le scuse alla figlia, comunicando tramite i legali la volontà di scriverle.
Oltre all’aspetto emotivo, Khalid ha manifestato l’impegno a “risarcire” in qualche modo i familiari di Amina. I suoi legali hanno riferito che lui riconosce la gravità dell’azione compiuta e la perdita irreparabile inflitta alla figlia e alla famiglia. Ha dichiarato di voler prendere iniziative che, seppur limitate rispetto al danno e al dolore causati, possano contribuire a ridurre la sofferenza dei superstiti.
Reazioni e prospettive future
Questa volontà è stata accolta con cautela dalle autorità coinvolte nel caso. La priorità resta quella di tutelare la minore e garantirle un supporto stabile, evitando contatti diretti con il padre senza mediazione. La decisione finale sulla gestione degli incontri o di eventuali comunicazioni tra padre e figlia spetta al tribunale dei minori, che valuterà l’interesse della bambina come primo criterio.