Un caso drammatico ha colpito la comunità di Pontelongo, dove la famiglia di un ex dipendente della Metro ha avviato un’azione legale contro l’azienda. Il motivo? Un licenziamento ritenuto illegittimo, avvenuto solo sette giorni prima del tragico suicidio dell’uomo, avvenuto l’11 agosto dell’anno scorso. La famiglia chiede un risarcimento di ventiquattro mensilità , e il caso sarà discusso il 6 giugno davanti al giudice del lavoro di Venezia.
Il licenziamento e le accuse contro il dipendente
Il protagonista di questa vicenda è P. M., un venditore di zona della Metro, una nota catena di distribuzione all’ingrosso. Dopo ventisette anni di servizio, è stato licenziato per presunti illeciti legati a spese di consegna. Secondo l’azienda, P. M. avrebbe inserito nel suo portafoglio clienti alcune confezioni di gamberi rossi per raggiungere la soglia di 250 euro, al di sotto della quale si applicava una spesa di trasporto di 20 euro. La Metro ha contestato quattordici episodi simili, sostenendo che il dipendente avesse agito in modo fraudolento per far risparmiare i clienti.
L’azienda ha quantificato il danno in 280 euro, affermando che il comportamento di P. M. avesse avuto un impatto negativo sulla sostenibilità dei servizi aziendali. Tuttavia, il legale della Cgil, Leonello Azzarini, ha messo in dubbio la validità di queste accuse, sottolineando che la versione della Metro appare poco plausibile. Infatti, gli ordini contestati potevano essere effettuati anche dai clienti attraverso la piattaforma online, e non necessariamente dal dipendente stesso.
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La carriera di P. M. e le circostanze del licenziamento
P. M. viveva a Pontelongo e ogni giorno si recava al magazzino della Metro di Marghera. La sua carriera era stata caratterizzata da un’assenza di contestazioni e da un’esperienza consolidata in vari punti vendita. La durezza del licenziamento ha sorpreso colleghi e sindacalisti, che hanno ritenuto sproporzionata la reazione dell’azienda rispetto all’importo contestato. In passato, situazioni simili erano state risolte con sanzioni disciplinari e sospensioni, ma nel caso di P. M. la risposta è stata drasticamente diversa.
La famiglia ha anche fatto notare che P. M. aveva avuto recenti dissapori con il suo superiore, il che potrebbe aver influito sulla decisione di licenziarlo. Inoltre, ogni venditore aveva la possibilità di offrire sconti ai clienti, e la questione delle spese di consegna potrebbe essere stata interpretata in modo diverso rispetto ad altri dipendenti che avevano compiuto azioni simili senza subire conseguenze.
La richiesta della famiglia e le dinamiche interne
Nel ricorso presentato dalla famiglia, si sottolinea la possibilità che il licenziamento sia stato causato da dinamiche interne all’azienda, non necessariamente legate alle contestazioni mosse a P. M.. La famiglia chiede che venga accertato che non ci fossero i presupposti per un licenziamento giustificato e che il datore di lavoro venga condannato al pagamento di almeno ventiquattro mensilità .
Questo caso solleva interrogativi sulle pratiche aziendali e sulle modalità di gestione delle risorse umane all’interno della Metro. La famiglia di P. M. spera che la giustizia possa fare luce su una vicenda che ha avuto un epilogo tragico e che ha scosso la comunità locale. La discussione in aula rappresenta un momento cruciale per chiarire le responsabilità e le dinamiche che hanno portato a un evento così drammatico.
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