
L’Etna ha concluso una fase eruttiva ma mostra segnali di ripresa dell’attività interna; il monitoraggio continuo ha portato all’attivazione di un allarme e alla chiusura delle aree sopra i 2.500 metri per garantire la sicurezza. - Unita.tv
L’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, ha appena attraversato una fase eruttiva che si è chiusa ieri, ma i segnali registrati indicano una ripresa dell’attività interna. Il direttore dell’Ingv-Osservatorio etneo, Stefano Branca, ha spiegato che i parametri che rilevano il tremore vulcanico sono in aumento, segno di una risalita di magma nei condotti del vulcano, e che il monitoraggio continua senza sosta per valutare eventuali sviluppi.
I parametri del tremore vulcanico e la loro evoluzione recente
Il tremore vulcanico rappresenta l’energia prodotta dalla risalita del magma negli strati interni del vulcano. Durante l’ultima eruzione, questi valori erano molto alti, indicando un’intensa attività. Successivamente hanno subito un calo drastico fino a livelli ritenuti normali, ma già in seguito si sono nuovamente alzati, pur in maniera discontinua. Al momento si mantengono su valori mediamente elevati, che spingono gli esperti a mantenere alta la guardia.
Le parole di stefano branca sull’andamento del tremore
Branca ha sottolineato come questo rialzo non sia costante, ma un segnale da osservare attentamente. Le oscillazioni del tremore possono anticipare riprese eruttive o fenomeni collaterali, per questo ogni fluttuazione rappresenta un campanello d’allarme utile a tarare le risposte di emergenza. Il monitoraggio avviene h24 attraverso una rete di sensori che garantisce rilevazioni continue della sismicità e delle variazioni delle emissioni.
L’allerta e il sistema automatico per la protezione civile
La notte scorsa un software applicato ai dati rilevati ha superato le soglie di allerta previste per il riflesso della risalita magmatica. Intorno alle 3.30 di ieri, è partito un messaggio automatico indirizzato alla Protezione civile regionale. Questa ha attivato il sistema Etnas, che ha immediatamente avvisato le autorità locali competenti.
Misure di sicurezza e blocco degli accessi
L’allerta ha portato alla decisione di chiudere gli accessi turistici alle aree del vulcano ad altitudini superiori ai 2.500 metri. Queste zone sono considerate ad alto rischio in caso di ripresa dell’attività eruttiva. Il protocollo di sicurezza ha funzionato senza intoppi: dalla rilevazione dei segnali, al messaggio di allarme, fino al blocco degli accessi. Il sistema garantisce così una risposta rapida ulteriore tutela per le persone presenti sul versante sommitale.
Confinamento dell’attività e aree interessate
Il fenomeno eruttivo rilevato è rimasto limitato alla cima del vulcano, in settori caratterizzati da condizioni ambientali desolate e scarsa presenza di persone o insediamenti. Questo ha evitato rischi immediati per i centri abitati e le infrastrutture.
La prevenzione come priorità
Secondo Branca il tempestivo innalzamento dello stato di allerta ha permesso di impedire l’accesso a zone potenzialmente pericolose, prevenendo situazioni di emergenza. Le misure di interdizione riguardano prevalentemente spazi desertici, ma comunque importanti per la sicurezza pubblica. Il monitoraggio resta focalizzato su queste aree per intervenire tempestivamente davanti a qualsiasi cambiamento nella dinamica eruttiva.
L’attività dell’Etna resta sotto osservazione serrata a Catania e nelle strutture dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Gli operatori seguono l’evolversi della situazione per aggiornare i livelli di rischio e informare puntualmente chi vive o frequenta l’area.