La capacità delle imprese industriali dell’Emilia-Romagna di destinare risorse all’innovazione resta una caratteristica saliente del territorio, con investimenti importanti nel 2024. Tuttavia, le prospettive per il 2025 mostrano segnali di rallentamento, trainati da ostacoli interni e fattori esterni che mettono a rischio crescita e sviluppo. I dati raccolti da Confindustria Emilia-Romagna illustrano un quadro preciso sulle scelte delle aziende, le difficoltà incontrate e le differenze tra dimensioni aziendali.
Investimenti in innovazione confermati nel 2024: numeri e ambiti
Nel corso del 2024 le imprese industriali della regione hanno destinato complessivamente 871 milioni di euro all’innovazione, pari a una media del 5,3% del fatturato. Questa cifra riflette una forte attenzione agli impianti, nuove tecnologie e formazione del personale. Secondo il sondaggio di Confindustria Emilia-Romagna, il 68% delle aziende ha investito in nuovi macchinari e impianti, segno di una spinta a rinnovare la struttura produttiva.
Il 61% ha puntato su software e tecnologie IT, dimostrando come la digitalizzazione sia ormai imprescindibile anche in settori tradizionali. La formazione rappresenta un altro settore chiave, coinvolgendo il 51% degli intervistati, con aziende che propongono corsi di aggiornamento per mantenere competitivo il personale. Questi investimenti mostrano una volontà chiara di restare al passo con i cambiamenti del mercato e di incrementare produttività e qualità.
Ma non tutti gli investimenti seguono lo stesso andamento a seconda delle dimensioni. In particolare, il 40% delle imprese ha destinato risorse alla ricerca e sviluppo . Qui emergono divari evidenti: le aziende più grandi riescono a investire con continuità, mentre le piccole imprese trovano maggiori difficoltà a finanziare attività di innovazione avanzata. Questo discrimine incide anche sull’adozione di tecnologie verdi e sostenibili.
L’attenzione alla sostenibilità e digitalizzazione ridotta tra le piccole imprese
L’attenzione a temi ambientali è salita nel 2024 ma resta fortemente influenzata dalla dimensione aziendale. Circa il 43% delle grandi imprese ha investito in progetti di sostenibilità ambientale, mentre tra le piccole questa quota scende a circa il 19%. Questo divario indica come le risorse e la capacità organizzativa influiscano nella gestione di attività green e nella transizione ecologica.
La digitalizzazione riguarda complessivamente un quarto del totale delle imprese, ma anche qui la diffusione è disomogenea. Le realtà maggiori hanno maggiori strumenti per adottare sistemi informatici avanzati, automazione e gestione dei dati, mentre molte piccole realtà fanno più fatica a seguire questo processo. Nel confronto con gli altri elementi di investimento, il gap nel digitale è particolarmente evidente e pone sfide per il futuro della competitività regionale.
Questi divari sottolineano la necessità di politiche più mirate per sostenere le piccole imprese nel sollevare questi ostacoli, potenziando formazione e strumenti tecnologici adatti. Solo così sarà possibile aumentare il numero di aziende capaci di coniugare innovazione, sostenibilità e tecnologia.
Le previsioni per il 2025: segnali di rallentamento e problemi da affrontare
Le imprese si mostrano meno ottimiste riguardo gli investimenti previsti per il 2025. L’88,5% prevede di destinare risorse all’innovazione, in calo rispetto al 92% registrato nell’anno precedente. Anche l’ammontare complessivo degli investimenti è previsto scendere di circa il 1,7%. Questi dati mostrano un clima di prudenza crescente e indicano ostacoli concreti che frenano la spinta innovativa.
Tra i principali impedimenti emerge la burocrazia, citata dal 37% delle aziende come un ostacolo rilevante. Il peso delle procedure amministrative rallenta le decisioni e impedisce spesso di agire con tempestività. Le incertezze geopolitiche e il rallentamento della domanda, segnalate dal 35%, aggiungono ulteriori tensioni. Le variabili esterne incidono sia su mercati nazionali che internazionali, compromettendo piani di investimento e esportazioni.
Altro problema grave è la difficoltà nel trovare personale qualificato. Questo vincolo limita la capacità delle imprese di gestire nuovi progetti e di affrontare le trasformazioni tecnologiche. Mancano competenze adeguate in settori molto specifici, soprattutto nei processi digitali e nelle tecniche di produzione avanzata.
Il ruolo delle istituzioni per sostenere la crescita e l’export regionale
All’incontro di presentazione del rapporto a Bologna, numerosi dirigenti hanno evidenziato le criticità da affrontare per mantenere competitiva la regione. Annalisa Sassi, presidente di Confindustria Emilia-Romagna, ha sottolineato che “la determinazione degli imprenditori nel volere investire resta alta, ma servono risposte rapide e concrete.”
Il nodo della burocrazia emerge come priorità da snellire. Sassi ha richiamato l’attenzione anche sul caro energia e sui dazi statunitensi che rendono più incerta la tenuta delle esportazioni, elemento chiave per molte aziende emiliano-romagnole.
Allo stesso tavolo sono intervenuti Alessandro Fontana del Centro Studi Confindustria, Alessandro Malavolti amministratore delegato di Ama Spa e Marco Perocchi di Crédit Agricole Italia. Tutti hanno ribadito la necessità di un dialogo stretto tra sistema produttivo e istituzioni, per facilitare investimenti e restituire fiducia agli imprenditori.
Le condizioni attuali portano molte imprese a valutare con cautela nuove spese, mentre la concorrenza globale impone invece scelte rapide e decise. La regione rimane comunque uno dei territori più vitali sul fronte industriale. Gli sviluppi dei prossimi mesi determineranno in che misura si riuscirà a mantenere il passo con i concorrenti internazionali.
Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2025 da Matteo Bernardi