Tra il 2022 e il 2024, la Regione Emilia-Romagna ha lanciato una vasta campagna gratuita per lo screening dell’epatite C, coinvolgendo oltre 500 mila persone. È il progetto più ampio mai realizzato in regione, che ha mostrato una diffusione del virus più bassa del previsto nella popolazione generale, ma ancora significativa tra i gruppi più a rischio. Uno studio dell’Università di Bologna conferma quanto sia importante intervenire presto per individuare e curare il virus HCV.
Screening di massa: chi ha partecipato e cosa è emerso
La campagna ha toccato una fetta ampia della popolazione, concentrandosi soprattutto sulle categorie più vulnerabili. Sono stati fatti 507.797 test gratuiti, una cifra impressionante per un’iniziativa di questo tipo. La maggior parte, quasi 488 mila persone, erano nate tra il 1969 e il 1989. Di loro, il 37% ha risposto all’invito a sottoporsi al test.
Oltre a questo gruppo, sono stati coinvolti quasi 20 mila soggetti ad alto rischio, come detenuti e persone con dipendenze. Qui l’adesione è stata molto più alta, arrivando al 73%. Segno che, quando c’è un pericolo reale, la gente si fa avanti per farsi controllare.
Nel complesso, sono stati trovati 1.032 casi positivi. Nella popolazione generale, si tratta di poco più di un caso ogni mille test. Un dato che sorprende in positivo, essendo più basso rispetto alle stime iniziali. Ma tra i gruppi a rischio la situazione cambia: si registrano circa 24 positivi ogni mille testati, confermando che il virus circola ancora molto in queste comunità.
L’Università Di Bologna fa il punto sulla ricerca
La ricerca dietro questa campagna è stata guidata dall’Università di Bologna, una delle realtà accademiche più importanti d’Italia. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Viruses, con uno studio intitolato “Prevalence of Hepatitis C in Emilia-Romagna Region of Italy: Population-Wide Screening”.
Questo lavoro offre dati freschi e concreti sulla diffusione dell’epatite C in regione. È uno strumento prezioso per guidare le politiche sanitarie e aggiornare le strategie di prevenzione. Confrontando i numeri attuali con quelli delle stime precedenti, si può capire quanto siano efficaci le misure già messe in campo e dove intervenire ancora.
Lo studio mette in evidenza l’importanza di allargare lo screening alle fasce più esposte, come i detenuti e le persone con dipendenze, dove il virus continua a circolare molto. E ribadisce come una diagnosi tempestiva apra la strada a cure efficaci, fondamentali per bloccare il contagio.
La corsa contro il tempo: eliminare l’epatite C entro il 2030
L’assessore regionale alla Sanità, Massimo Fabi, ha sottolineato l’impegno della Regione verso un obiettivo chiaro, fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità: eliminare l’epatite C come problema per la salute pubblica entro il 2030.
Fabi ha spiegato che è fondamentale spingere sempre più persone a fare lo screening. Solo così si possono scoprire i casi nascosti e ridurre le infezioni non diagnosticate. Da lì, partono le terapie giuste, che migliorano la vita dei malati e frenano la diffusione del virus.
La Regione conferma l’intenzione di mantenere alta l’attenzione sull’HCV, sostenendo programmi di prevenzione, diagnosi e cura che coinvolgano ospedali, comunità locali e associazioni impegnate nel contrasto alle dipendenze.
Un problema globale, una sfida ancora aperta
L’epatite C si trasmette soprattutto attraverso il contatto con sangue infetto. È tra le cause più comuni di epatite cronica nel mondo e può portare a complicazioni gravi come cirrosi e tumori al fegato.
Nel mondo, si stima che 70 milioni di persone convivano con il virus HCV. Ogni anno, le morti legate a questa malattia sono circa 350 mila. Numeri che spiegano perché la comunità internazionale continui a investire risorse e attenzione.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha fissato come traguardo una riduzione del 65% della mortalità legata all’epatite C entro pochi anni. L’Italia, e in particolare l’Emilia-Romagna, partecipa a questo sforzo con campagne di prevenzione e terapie rivolte sia alla popolazione generale sia ai gruppi più vulnerabili.
Grazie al monitoraggio costante, alle campagne di informazione e ai nuovi trattamenti antivirali, le prospettive di controllo della malattia sono migliorate. Ma la vera sfida resta trovare e curare chi è infetto, soprattutto chi ancora non sa di esserlo.
Ultimo aggiornamento il 21 Luglio 2025 da Davide Galli