Un uomo di 59 anni, titolare di un’impresa edile, è stato assolto dal tribunale di Bologna dopo essere stato accusato di aver appiccato un incendio che aveva distrutto due auto e danneggiato una villetta. L’incendio era avvenuto ad Anzola Emilia, dove l’uomo aveva di recente concluso lavori di ristrutturazione con il superbonus. La sentenza, emessa dal giudice Nadia Buttelli, ha chiuso un caso che si era aperto con indagini coordinate dalla procura locale e il coinvolgimento di diverse prove, tra cui testimonianze e analisi tecniche.
I fatti alla base dell’accusa: incendio in via baiesi e presunti debiti
La vicenda risale al 4 settembre 2023, quando un incendio ha distrutto due automobili parcheggiate e causato danni alla facciata di una villetta di via Baiesi, ad Anzola Emilia. L’edificio era stato da poco ristrutturato dall’imputato, che aveva curato i lavori con la detrazione fiscale prevista dal superbonus. I carabinieri, intervenuti subito dopo l’incendio, avevano avviato le indagini raccogliendo filmati delle telecamere di sicurezza del palazzo. Le immagini mostravano una persona con casco integrale che si aggirava sull’area danneggiata. Gli investigatori hanno identificato il 59enne come sospettato, ipotizzando addirittura un tentativo di estorsione legato a una fattura non saldata e a presunti debiti con l’impresa edile. Le somme contestate erano di entità ridotta, specie se confrontate con il valore complessivo dei lavori e il fatturato aziendale.
Il giorno dopo l’evento, durante un controllo nel centro del paese, i carabinieri hanno ascoltato una conversazione tra un cliente e un barista. Nel dialogo si faceva riferimento a debiti con l’impresa del 59enne, un elemento che ha rafforzato i sospetti degli inquirenti e favorito l’iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati.
La difesa e le indagini: celle telefoniche e consulenze tecniche contro l’accusa
Subito dopo l’iscrizione, l’imprenditore è stato sottoposto a perquisizione con il supporto dei carabinieri. La difesa affidata all’avvocato Patrizio Orlandi ha presentato perizie tecniche affidate all’ingegner Michele Ferrazzano, con particolare attenzione alle celle telefoniche. Queste analisi hanno dimostrato che al momento dell’incendio l’uomo si trovava in un’altra zona, escludendo la sua presenza sul luogo dei fatti. Inoltre, sono stati esaminati i dati raccolti dai Ris, corpo specializzato dei carabinieri, per verificare ogni possibile collegamento con l’evento.
Nonostante le prove raccolte dall’accusa, compresi i filmati e le testimonianze, il quadro si è rivelato poco solido. La Procura ha comunque chiesto il rinvio a giudizio, ma l’imputato ha scelto di sottoporsi al rito abbreviato, più rapido e con un esame delle prove più rigoroso.
Il verdetto e le parole dell’avvocato: un processo nato da un pettegolezzo
Il 59enne è stato dichiarato non colpevole per non aver commesso il fatto, una soluzione che riflette le evidenze emerse durante il processo. Il giudice Nadia Buttelli ha accolto la tesi difensiva, che aveva evidenziato l’assenza di elementi concreti e scientifici a carico dell’imputato. L’avvocato Patrizio Orlandi ha commentato che “tutto il percorso giudiziario si è basato su un malinteso nato da un pettegolezzo ascoltato in un bar del paese, privo di riscontri verificabili.”
Il legale ha sottolineato come la sentenza abbia ristabilito la verità storica dei fatti, restituendo pulizia al suo assistito. Non c’erano prove né testimonianze affidabili che potessero dimostrare il coinvolgimento nell’incendio o un movente concreto, come l’estorsione su una fattura non pagata. Il caso si chiude così, senza condanne, dopo mesi di uffici giudiziari impegnati a ricostruire una dinamica complessa.
Ultimo aggiornamento il 16 Luglio 2025 da Serena Fontana