Droga e cellulari nelle carceri italiane, un fenomeno inquietante che coinvolge anche agenti penitenziari
La presenza di droga e cellulari illegali nelle carceri italiane compromette la sicurezza, ostacola la rieducazione dei detenuti e coinvolge anche alcuni agenti penitenziari in attività illecite.

L’articolo analizza la diffusione di droga e cellulari illegali nelle carceri italiane, evidenziando il coinvolgimento anche di agenti penitenziari, le modalità di contrabbando (incluso l’uso di droni) e le difficoltà nel garantire la sicurezza e la rieducazione dei detenuti. - Unita.tv
Negli ultimi anni, le carceri italiane affrontano una situazione critica legata alla presenza di droga e cellulari illegali all’interno degli istituti. Questo fenomeno coinvolge non solo i detenuti ma mette in discussione anche l’integrità di alcuni agenti penitenziari. La diffusione di questi dispositivi e sostanze mette a rischio la sicurezza degli ambienti detentivi e ostacola le attività mirate alla rieducazione. Dalle intercettazioni di pacchi sospetti ai casi di corruzione interna, la realtà nelle carceri appare complessa e delicata, richiedendo risposte concrete da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni.
Dimensioni e diffusione del problema nei penitenziari italiani
Il fenomeno della droga e dei cellulari nelle carceri si manifesta in molte regioni italiane e coinvolge numerosi istituti. Nel carcere di Marassi, ad esempio, la polizia penitenziaria ha bloccato un pacco con una ventina di cellulari e un quantitativo significativo di sostanze stupefacenti. Questo episodio non è isolato: tra il 2022 e il 2024, secondo quanto segnalato dal segretario nazionale del SAPPE, Donato Capece, sono stati sequestrati quasi cinquemila telefoni cellulari nelle strutture carcerarie italiane.
La misura di questi numeri permette di capire quanto il traffico di questi oggetti sia radicato all’interno delle carceri. Ogni area presenta caratteristiche diverse, ma il fenomeno appare costante: droga e dispositivi mobili passano spesso al di fuori dei controlli standard. Le modalità di ingresso di queste merci vietate rivelano livelli sempre più sofisticati di organizzazione tra chi opera all’interno e all’esterno delle carceri.
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Il problema non riguarda esclusivamente il contrabbando di questi oggetti, ma impatta direttamente sulla gestione della sicurezza. I cellulari, infatti, permettono ai detenuti di comunicare con l’esterno, mettendo a repentaglio la possibilità di interrompere attività illegali. La droga alimenta a sua volta tensioni e comportamenti violenti, complicando il lavoro degli agenti penitenziari e peggiorando il clima all’interno delle strutture.
Il coinvolgimento degli agenti penitenziari nelle reti illegali
Quello che appare come un fenomeno di infiltrazioni riguarda anche alcuni operatori interni, scelta che aggrava la situazione. Recentemente, un agente penitenziario è stato arrestato con l’accusa di aver fornito droga e cellulari ai detenuti. Il suo coinvolgimento ha aperto il dibattito sulla sicurezza e la trasparenza all’interno delle carceri, creando dubbi sul ruolo di chi dovrebbe invece garantire il rispetto delle regole.
Uno degli esempi più esplicativi ha riguardato il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove durante un controllo sono state scoperte scarpe con suola modificata per nascondere quattro panetti di hashish insieme a microcellulari. Tecniche di occultamento come questa mostrano l’ingegno usato per eludere i controlli standard e il coinvolgimento di qualcuno dall’interno.
I casi di agenti sospettati o arrestati mettono in crisi il sistema di controllo, perché creano una falla nella sorveglianza interna. Questo rende ancora più difficile intercettare e bloccare il flusso di merci proibite e aumenta la sfiducia da parte del personale onesto e degli osservatori esterni. Il problema di infiltrazioni interne è uno degli aspetti più delicati e richiede risposte mirate in termini di prevenzione e controllo.
Tecniche e modalità di introduzione di droga e dispositivi in carcere
Le modalità con cui droga e cellulari entrano nelle carceri sono molteplici e creative. Oltre al metodo tradizionale di nascondere pacchi in vestiti o scarpe, si sono diffusi metodi tecnologici come l’uso dei droni. A Lecce, un’inchiesta ha rilevato l’uso di un drone per trasportare hashish e telefoni cellulari oltre le mura carcerarie, sfidando i controlli a terra.
L’utilizzo dei droni rappresenta un salto di qualità nella strategia dei trafficanti, che cercano costantemente nuovi modi per aggirare i blocchi. Questi velivoli radiocomandati permettono di sorvolare le zone di controllo senza rischi immediati per gli operatori, diventando mezzo privilegiato per consegne rapide e discrete.
Altri metodi includono l’introduzione di oggetti modificati con vani nascosti, come le scarpe di Santa Maria Capua Vetere, oppure il lancio di pacchi durante l’ora d’aria, quando la sorveglianza diventa più difficoltosa. A volte, anche la complicità di visitatori o di altri operatori esterni facilita il passaggio di cellulare o droga.
Questi modi di inserire oggetti proibiti richiedono continui aggiornamenti nella vigilanza, ma le forze in campo spesso sono limitate nelle risorse. Questa disparità favorisce il mantenimento di reti illegali attive nonostante i controlli sempre più serrati.
Risposte delle autorità e misure di contrasto adottate
Le autorità italiane hanno messo in campo alcune misure per frenare questo fenomeno. Il SAPPE, sindacato della polizia penitenziaria, ha chiesto l’adozione di strumenti capaci di bloccare le frequenze dei cellulari, per impedire che i telefoni introdotti possano funzionare davvero all’interno delle strutture. Questi sistemi di schermatura permetterebbero di limitare le comunicazioni non autorizzate.
Nonostante l’introduzione nel codice penale di specifici divieti riguardanti l’introduzione di telefoni cellulari, gli effetti deterrenti non sembrano sufficienti a fermare l’espansione del fenomeno. La persistente crescita di sequestri mostra come queste misure, da sole, non bastino a impedire l’ingresso degli oggetti.
A peggiorare la situazione, il personale operativo spesso si trova a gestire un contesto difficile, con risorse limitate e mezzi insufficienti. Gli agenti lavorano con carenze di strumenti tecnici e di organico, circostanza che riduce la capacità di intercettare e bloccare tutte le intrusioni illegali.
Per questo motivo, si spingono proposte per migliorare le dotazioni tecnologiche e ampliare le risorse umane. L’obiettivo è fornire agli agenti gli strumenti necessari per aumentare la capacità di controllo senza gravare ulteriormente sul personale.
Rischi per la sicurezza e conseguenze sulla riabilitazione dei detenuti
L’introduzione di droga e cellulari rappresenta una minaccia diretta per la sicurezza dentro le carceri. La presenza di sostanze stupefacenti accende tensioni tra detenuti e favorisce atteggiamenti aggressivi e eventi violenti. Questo peggiora la convivenza all’interno delle strutture e complica il lavoro degli agenti penitenziari che devono garantire ordine e sicurezza.
I cellulari, invece, danno la possibilità ai detenuti di mantenere contatti aperti con l’esterno. Questa libertà di comunicazione permette il proseguimento di attività criminali e scambi informativi vietati. Così si vanifica lo scopo principale della misura detentiva, che deve isolare il reo per permetterne la rieducazione.
Il mantenimento di legami esterni influisce negativamente anche sulle prospettive di reinserimento dei detenuti nella società. Se la dipendenza dalle reti criminali resta attiva, i percorsi di recupero risultano compromessi. Per questo, togliere droga e telefonini è anche una misura necessaria per favorire il recupero sociale di chi è in carcere.
Episodi significativi e dati più recenti
Un caso recente ha coinvolto il carcere di Prato, dove sono stati trovati quattro telefoni cellulari e cinque grammi di cocaina. Questa scoperta conferma che il fenomeno tocca anche realtà fuori dai grandi centri e si diffonde tra varie regioni. Le statistiche mostrano che tra i detenuti, una larga parte, soprattutto in Lombardia e Campania, fa uso di cocaina o crack.
Questi numeri devono orientare l’attenzione verso un intervento che non sia solo repressivo ma anche mirato all’assistenza per chi soffre di dipendenze. L’educazione, la cura e la prevenzione restano parti essenziali nel contrastare il ciclo criminale e la recidiva.
La molteplicità di episodi accertati in più territori dimostra che la questione non può più essere ignorata o trattata come un problema isolato, ma va considerata una priorità nella gestione carceraria e nel sistema giudiziario.
I dati sugli ultimi sequestri e le segnalazioni indicano una sfida che continua a ripresentarsi. Per ora, le istituzioni cercano di rafforzare i controlli e migliorare gli strumenti a disposizione, mentre i legami interni tra detenuti e alcuni agenti rappresentano un nodo ancora difficile da sciogliere. La sicurezza nelle carceri italiane resta un tema cruciale, con ripercussioni dirette sulla legalità e sul futuro di molti detenuti.