Home Dramma a milano, detenuto con lavoro esterno uccide una collega e si toglie la vita dopo lite all’hotel berna

Dramma a milano, detenuto con lavoro esterno uccide una collega e si toglie la vita dopo lite all’hotel berna

Un omicidio e un suicidio a Milano riaccendono il dibattito sulle misure alternative al carcere, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza e la gestione dei detenuti con permessi di lavoro esterno.

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Nel maggio 2025 a Milano, un detenuto con permesso di lavoro esterno ha ucciso una collega, ferito un altro e si è suicidato, riaprendo il dibattito sulle misure alternative al carcere e la sicurezza pubblica. - Unita.tv

In un pomeriggio di maggio 2025, Milano è scossa da un episodio che ha riacceso il dibattito sulle misure alternative al carcere. Emanuele De Maria, detenuto con un permesso di lavoro esterno, ha ucciso la collega barista Arachchilage Dona Chamila Wijesuriya, ha tentato di uccidere un altro dipendente dell’hotel Berna e si è suicidato gettandosi dalle terrazze del Duomo. La vicenda apre una discussione sulla gestione dei detenuti e sulle garanzie nella concessione delle uscite.

L’omicidio di chamila wijesuriya e la dinamica degli eventi

Il 13 maggio 2025, la barista 50enne Chamila Wijesuriya, di origine italo-srilankese, è stata uccisa dal collega Emanuele De Maria. Il delitto è avvenuto nei pressi del Parco Nord di Milano dopo un episodio violento all’interno dell’hotel Berna, dove De Maria lavorava e aveva approfittato di un permesso speciale per detenuti. Dopo aver ferito gravemente un secondo collega, De Maria è salito sulle terrazze del Duomo, da cui si è lanciato, togliendosi la vita.

Le riprese di una telecamera metropolitana hanno immortalato De Maria poco dopo il fatto con il cellulare e la borsa di Chamila, evidenziando la follia del gesto e le sue immediate conseguenze. Questo evento ha messo sotto la lente di ingrandimento la gestione dei percorsi penitenziari che prevedono uscite in esterno anche per detenuti con condanne pesanti.

Il percorso di detenzione e lavoro esterno di emanuele de maria

Il percorso carcerario di Emanuele De Maria era finora ricordato come positivo, almeno secondo la nota congiunta del presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Ondei, e della presidente facente funzione del Tribunale di Sorveglianza, Anna Maria Oddone. De Maria aveva svolto un lavoro esterno per due anni presso l’hotel Berna senza mostrare segnali di rischio. La decisione di concedergli il permesso si basava proprio su questa buona condotta, che non lasciava prevedere un esito drammatico come quello verificatosi.

Il lavoro esterno rappresenta per molti detenuti una possibilità di reinserimento e di mantenere un legame con la società, condizioni che in certi casi possono dare risultati concreti nel migliorare il loro comportamento e preparare il ritorno alla libertà. Nel caso di De Maria, la scelta di affidargli questa opportunità si era quindi basata su un bilancio positivo del suo comportamento in carcere forse privo di segnali premonitori.

Le reazioni della famiglia e le richieste di maggiore cautela

Il marito di Chamila, Himanshu, ha espresso forte preoccupazione e dolore per quanto accaduto. Le sue parole mettono in luce il sentimento di insicurezza e di sfiducia nei confronti della giustizia italiana: «Fate più attenzione quando date la libertà a chi ha commesso un omicidio volontario», ha dichiarato. Quel che colpisce è la sensazione di un sistema che non garantisce totale sicurezza ai cittadini, soprattutto quando si tratta di persone con precedenti gravi.

Il dolore della famiglia si è unito a una richiesta di maggiore prudenza nella concessione di permessi esterni. Non si tratta soltanto di un fatto privato, ma di una questione che coinvolge la collettività e la fiducia nelle istituzioni penitenziarie.

Il dibattito pubblico, le reazioni politiche e le questioni legislative

L’episodio ha provocato una discussione accesa a livello locale e nazionale. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha commentato ammettendo lo sgomento dei cittadini: ha ricordato che, secondo le leggi, una condanna di 14 anni può prevedere uscite anticipate e permessi anche in tempi ritenuti relativamente brevi dagli osservatori esterni. Questo ha acceso un dibattito sulla possibilità e i limiti delle misure alternative alla detenzione.

A livello politico, per Forza Italia e Fratelli d’Italia il caso rappresenta un fallimento nella valutazione della magistratura. Maurizio Gasparri ha chiesto di individuare le responsabilità e sanzionare chi ha commesso eventuali errori. Sono state avanzate interrogazioni parlamentari e richieste di ispezione al ministero della Giustizia per chiarire le dinamiche che hanno portato a questa tragedia.

La posizione dell’associazione antigone sulle misure alternative e la recidiva

L’associazione Antigone, presente nelle carceri italiane da 35 anni, ha fornito una risposta alle polemiche emerse. Il presidente Patrizio Gonnella ha difeso le misure alternative, considerando il loro ruolo fondamentale per la gestione del sovraffollamento carcerario e per prevenire la recidiva. Ha sottolineato che meno dell’1% delle misure di comunità viene revocato a causa di nuovi reati, mentre la recidiva tra i detenuti che scontano l’intera pena in carcere supera il 70%.

Al 15 marzo 2025, in Italia quasi centomila persone eseguivano misure di comunità, un numero crescente negli ultimi anni. Senza questi strumenti la situazione delle carceri sarebbe esplosiva. Secondo Antigone, mettere in discussione l’intero sistema a causa di un singolo episodio rischia di compromettere la sicurezza generale, anziché migliorarla.

L’impatto sulla città di milano e le riflessioni sulla sicurezza

Il dramma consumatosi nel centro di Milano ha lasciato una città sotto shock. Un luogo simbolo come il Duomo ha assistito al gesto estremo di un uomo che ha tolto la vita a una collega e poi si è tolto la propria. La sicurezza dei lavoratori coinvolti, ma anche quella dei cittadini, torna così al centro delle preoccupazioni.

Il caso ha spinto istituzioni e opinione pubblica a interrogarsi sulla gestione della giustizia penale a Milano. Il bilanciamento tra reinserimento e tutela della sicurezza resta una sfida complessa, che ora deve confrontarsi con le conseguenze di questa tragedia.