In Italia si accende un nuovo scontro tra alcune coppie in attesa di un bambino e gli ospedali. Un’avvocata di Mantova ha inviato una serie di diffide a diverse strutture sanitarie chiedendo il rispetto rigoroso del consenso informato su pratiche mediche per neonati. Le richieste riguardano il divieto di imporre mascherine alle madri, la conservazione del sangue o DNA dei neonati, così come l’esecuzione di vaccini o tamponi senza autorizzazione scritta dai genitori. La vicenda è approdata davanti alla giustizia con denunce presentate dalla Società italiana di neonatologia.
Le richieste delle “diffide culla” inviate agli ospedali
Le cosiddette “diffide culla” sono state formulate dall’avvocata Camilla Signorini per conto di diverse coppie italiane in attesa di un figlio. Questi documenti chiedono agli ospedali il divieto assoluto a far indossare la mascherina alle madri durante il parto o nei giorni successivi, vietano la raccolta e conservazione del sangue cordonale o campioni genetici senza consenso scritto, ed escludono qualsiasi vaccinazione o tampone al neonato se non accompagnati da un permesso esplicito dei genitori.
L’obiettivo dichiarato è tutelare i diritti delle famiglie e impedire interventi sanitari ritenuti invasivi senza una chiara autorizzazione. Tuttavia queste richieste hanno sollevato critiche perché entrerebbero in conflitto con le prassi mediche consolidate nelle strutture pubbliche italiane che mirano alla sicurezza della madre e del bambino durante tutto il percorso nascita.
La denuncia della società italiana di neonatologia
La Società italiana di neonatologia ha reagito formalmente denunciando l’avvocata Signorini presso sei procure italiane tra cui quella torinese. Il contenuto delle diffide sarebbe lesivo dell’attività professionale degli operatori sanitari ed esporrebbe i pazienti a rischi evitabili. I reati ipotizzati includono esercizio abusivo della professione legale, truffa ai danni degli enti sanitari, diffusione deliberata di notizie false che creano allarme ingiustificato nella popolazione.
In particolare uno dei documenti è stato recapitato all’ospedale Sant’Anna a Torino dove una coppia residente aveva affidato all’avvocata l’incarico per far valere questi diritti nel corso della nascita imminente del loro figlio.
Criticità evidenziate dalle autorità sanitarie sulle diffide
Secondo gli esperti coinvolti nella denuncia le diffide contengono informazioni imprecise sulla realtà ospedaliera che possono generare confusione nei futuri genitori proprio nel momento delicato della gravidanza e parto. L’obbligo medico è quello garantire trattamenti sicuri basandosi su protocolli validati scientificamente; negare tamponi diagnostici o vaccinazioni può compromettere la salute immediata ma anche futura dei bambini appena nati.
Gli avvisi inviati dagli studi legali metterebbero quindi in discussione regole fondamentali imposte dalla legge sul consenso informato ma anche sulle misure preventive riconosciute come standard nazionali ed internazionali nelle cure neonatologiche.
Le procure ora devono valutare se ci siano elementi sufficienti per procedere con azioni penali nei confronti dell’avvocata firmataria delle diffide oltre che verificare eventuale danno arrecato alle strutture sanitarie coinvolte da questa campagna legale fuori dal comune nel panorama italiano contemporaneo 2025.