Detenuto ammesso al lavoro esterno uccide una collega al duomo di milano e si toglie la vita
Emanuele De Maria, detenuto in permesso di lavoro esterno, ha commesso atti violenti a Milano, sollevando interrogativi sulle procedure del carcere di Bollate e sull’assegnazione dei permessi premio.

Emanuele De Maria, detenuto con permessi per lavoro esterno a Milano, ha commesso un omicidio e si è suicidato, scatenando un’indagine sulle procedure del carcere di Bollate che avevano autorizzato la sua uscita. - Unita.tv
L’episodio che ha scosso Milano ha come protagonista Emanuele De Maria, detenuto che dopo essere stato ammesso al lavoro esterno, ha compiuto atti drammatici in poche ore. La vicenda mette in luce anche le procedure e le valutazioni interne al carcere milanese di Bollate che ne avevano consentito l’uscita per motivi lavorativi. Intanto, il ministro della giustizia ha chiesto un’ispezione approfondita sul caso.
I precedenti di emanuele de maria e le relazioni del carcere di bollate
Emanuele De Maria era alla sua seconda fase di lavoro esterno, concessa dal giudice Giulia Turri dopo due valutazioni psicologiche e sociali svolte dal personale del carcere di Bollate. Le due relazioni, redatte nel 2023 e nel 2024, descrivevano De Maria come una persona senza disturbi psichici evidenti e impegnata in un percorso di riscatto personale.
Nella prima relazione, il detenuto veniva definito collaborativo e capace di ripensare ai suoi errori. Si sottolineava che aveva iniziato gli studi universitari, superando due esami, e mostrava segni di presa di coscienza riguardo al suo passato criminale. La seconda relazione, redatta a seguito di una richiesta di permesso premio, confermava la buona condotta di De Maria all’interno dell’albergo Berna di Milano, dove svolgeva il lavoro come receptionist. In nessuno dei due documenti emergono criticità o segnali di pericolo legati al comportamento del detenuto.
Il contesto lavorativo e le relazioni affettive instaurate
Durante il periodo di lavoro esterno, De Maria aveva stretto rapporti positivi con colleghi e clienti dell’hotel Berna. Secondo le relazioni del carcere, non aveva mai generato tensioni e anzi aveva costruito legami affettivi con alcuni dipendenti. Il datore di lavoro si era espresso in termini lusinghieri, riconoscendo la sua professionalità e impegno nel ruolo assegnatogli.
Questi aspetti positivi hanno influito sul giudizio complessivo che ha portato alla concessione del permesso premio e successivamente alla prosecuzione del lavoro esterno. Nel frattempo, le relazioni raccontano anche della sua storia famigliare, con radici in Olanda, e del rapporto con il fratello. Non mancava una narrativa sul suo periodo di latitanza prima di essere arrestato in Germania.
L’escalation di violenza e i fatti accaduti al duomo di milano
Nei giorni scorsi, in un arco di 48 ore, Emanuele De Maria ha ucciso una collega barista all’interno di un contesto legato al suo lavoro esterno. Nello stesso arco temporale ha tentato di uccidere un altro dipendente ed è poi salito sul Duomo, dove si è tolto la vita buttandosi nel vuoto.
L’evento ha colto di sorpresa non solo i colleghi di lavoro ma anche gli operatori sociali e penitenziari che conoscevano De Maria come una persona apparentemente equilibrata. Non a caso il giudice e le equipe intervenute avevano dato il via ai permessi premi e al lavoro fuori dal carcere basandosi su relazioni largamente positive.
Le risposte istituzionali e l’indagine sulle procedure di ammissione a lavoro esterno
Il ministro della giustizia Carlo Nordio ha richiesto una relazione completa e ha avviato un’ispezione sul caso per capire come sia stato possibile che De Maria, nonostante il suo passato e la sua condanna per omicidio, abbia potuto ottenere il lavoro esterno e i permessi premio. Il carcere milanese di Bollate è al centro dell’attenzione, con gli uffici impegnati a ricostruire ogni fase delle valutazioni precedenti.
Il giudice Giulia Turri aveva firmato un provvedimento sintetico in cui, proprio sulla base delle relazioni psicologiche ed educative, autorizzava la concessione delle uscite per lavoro. Alle autorità spetta ora chiarire se ci siano state omissioni o valutazioni errate nell’assegnazione di questi permessi.
La vicenda solleva questioni delicate sull’accesso ai benefici carcerari per condannati a pene rilevanti, specie quando emergono attività lavorative fuori dal carcere. Resta da capire se gli strumenti di monitoraggio e vigilanza possano essere migliorati dopo questa tragedia milanese.