Decreto sicurezza 2025: contestazioni a milano aprono nuovi scenari per la legge sulla resistenza aggravata
Il decreto sicurezza del 2025 solleva controversie legali a Milano, con avvocati che contestano la sua legittimità e il rispetto dei diritti costituzionali, mentre la Corte Costituzionale si prepara a decidere.

Il decreto sicurezza approvato nell'aprile 2025, che inasprisce le pene per resistenza aggravata, è al centro di un contenzioso giudiziario a Milano e di possibili ricorsi alla Corte Costituzionale per la sua legittimità, con forti dibattiti su equilibrio tra ordine pubblico e diritti costituzionali. - Unita.tv
Il decreto sicurezza approvato l’11 aprile 2025 ha subito acceso un lungo dibattito tra esperti, avvocati e istituzioni. Le modifiche apportate al codice penale e a quello di procedura penale hanno portato a un caso giudiziario a Milano, ora al centro di una possibile impugnazione costituzionale. Questa vicenda riporta al centro il confronto tra esigenze di ordine pubblico e rispetto dei diritti costituzionali in Italia.
Alcune delle modifiche principali e ambiti di applicazione
Il decreto-legge n. 48 del 11 aprile 2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 85, è entrato in vigore il giorno successivo, imponendo nuove regole in ambito di sicurezza pubblica, tutela delle forze dell’ordine, contrasto all’usura e gestione del sistema penitenziario. L’elemento più discusso riguarda l’inasprimento delle pene per il reato di resistenza aggravata. In particolare, la misura aumenta la sanzione fino alla metà quando il reato è commesso contro agenti di polizia, ufficiali giudiziari o personale di pubblica sicurezza.
Rafforzamento tutela operatori e variazioni procedurali
Queste variazioni mirano a rafforzare la tutela degli operatori impegnati in situazioni a rischio, cercando di disincentivare comportamenti violenti o ostili durante interventi ufficiali. Il decreto interviene anche su norme procedurali e aggravanti comuni, aggiornando aspetti rilevanti per la giustizia penale italiana. Questo contenuto ha destato molte discussioni soprattutto per le ricadute immediate sul sistema giudiziario e sulla gestione delle detenzioni.
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Nel capoluogo lombardo, un caso specifico ha scosso l’applicazione del decreto sicurezza. Un giovane è stato accusato di resistenza aggravata dopo essersi sottratto a un controllo stradale e aver avuto un confronto acceso con gli agenti. Gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini hanno impugnato la legittimità del decreto, sostenendo l’assenza del requisito fondamentale di “necessità e urgenza” per un decreto-legge, così come previsto dalla Costituzione italiana.
La giudice Ilaria Simi de Burgis ha rimandato la decisione, riservandosi di pronunciarsi entro il 26 maggio 2025. Questa richiesta di rinvio alla Corte Costituzionale rappresenta un passaggio cruciale per la stabilità normativa del provvedimento. In passato la Consulta ha annullato decreti-legge che non rispettavano l’urgenza, trovando violazioni che hanno dichiarato incostituzionali alcune disposizioni. La sentenza potrebbe definire i confini nei quali il governo può emanare norme urgenti sul tema della sicurezza.
Reazioni e critiche giuridiche alle nuove norme
Molti operatori del diritto hanno preso posizione contro il decreto sicurezza, evidenziando come la mancanza di un reale stato emergenziale renda discutibile la strada del decreto-legge. La procedura d’urgenza, infatti, richiede una motivazione stringente, che secondo gli oppositori non sussiste nei casi esaminati. Gli avvocati coinvolti definiscono la norma come una misura forzata, potenzialmente lesiva dei principi democratici.
Altro nodo è la restrizione delle libertà personali e l’inasprimento delle pene che potrebbe aggravare il già critico stato carcerario italiano. Il sovraffollamento delle prigioni è un problema noto, a cui si aggiungono difficoltà strutturali legate a condizioni non ottimali per i detenuti. L’aumento delle pene per resistenza potrebbe ampliare tali criticità, con effetti concreti sul numero e sulle condizioni di chi entra nel sistema penitenziario.
Riflessi politici e opinione pubblica
La discussione intorno al decreto sicurezza tiene banco non solo in ambito giuridico ma anche politico e sociale. L’esecutivo ha voluto mostrare fermezza su temi di ordine pubblico, ma la reazione dei cittadini e degli esperti indica un’opinione pubblica divisa. L’eventualità che la Corte Costituzionale dichiari illegittimo il decreto potrebbe mettere in crisi la credibilità dell’attuale governo sul piano delle politiche di sicurezza.
La vicenda milanese ha messo in evidenza il bisogno di un confronto più ampio e trasparente, soprattutto sulla gestione bilanciata tra controllo della legalità e difesa dei diritti. Le modifiche apportate appaiono come soluzioni immediate e drastiche, forse insufficienti se non accompagnate da un dialogo più ampio con la società e le istituzioni.
La corte costituzionale e il futuro del decreto sicurezza
Il ruolo della Corte Costituzionale emerge come elemento decisivo nel futuro del decreto sicurezza. Se accoglierà il rinvio voluto dal tribunale di Milano, analizzerà attentamente se il governo abbia rispettato i requisiti di urgenza e necessità previsti dalla Carta. Potrà arrivare a bocciare interamente il testo o contestare soltanto puntuali parti normative.
Le precedenti sentenze avviate dalla Consulta confermano l’importanza di tutelare i diritti fondamentali anche in momenti di presunta emergenza. La decisione della corte potrà influenzare la normativa penale futura e segnerà un precedente sullo spazio di manovra riconosciuto ai decreti-legge in materia di sicurezza.
Il caso milanese dà dunque il via a un confronto delicato che coinvolge diritto, politica e ambiente sociale. A maggio 2025 si attende una sentenza che potrebbe ridisegnare i confini delle norme urgenti legate alla tutela delle forze dell’ordine e più in generale alla gestione della legalità nel nostro paese.