Un’importante operazione della Guardia di Finanza ha portato alla confisca di beni per un valore di 294 milioni di euro, appartenenti ad Antonio Passarelli, un imprenditore accusato di riciclare denaro proveniente da vari clan camorristici. Le indagini, che hanno avuto inizio nel 2022, hanno rivelato un vasto sistema di riciclaggio che si estende in diverse regioni italiane, coinvolgendo numerosi gruppi criminali.
La confisca di beni e il valore del tesoro
La confisca di primo grado, emessa dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, ha interessato un ampio patrimonio di Passarelli. Tra i beni confiscati si trovano 18 società , 9 autoveicoli, 21 rapporti finanziari e ben 631 immobili e terreni. Questi beni sono distribuiti in diverse province italiane, tra cui Bologna, Ravenna, Napoli, Benevento, Caserta, Latina, Sassari e Campobasso. La decisione di confiscare tali beni è stata motivata da evidenze di evasione fiscale e da una netta discrepanza tra i redditi ufficiali dell’imprenditore e il valore dei beni posseduti.
Le indagini condotte dalle fiamme gialle hanno messo in luce una rete di operazioni illecite che ha permesso a Passarelli di accumulare un patrimonio considerevole, apparentemente in modo illegittimo. La confisca rappresenta un passo significativo nella lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e il rafforzamento delle misure di prevenzione contro le attività mafiose.
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I clan coinvolti e le modalità di riciclaggio
Antonio Passarelli è stato identificato come un intermediario chiave nel riciclaggio di denaro per diversi clan camorristici, tra cui i Mallardo, i Di Lauro, gli Scissionisti, i Puca, gli Aversano, i Verde e i Perfetto. Secondo le indagini, questi gruppi avrebbero affidato a lui ingenti somme di denaro, che poi sarebbero state reinvestite in vari settori economici, con particolare attenzione agli investimenti immobiliari.
Le operazioni di riciclaggio avvenivano attraverso una serie di manovre complesse, tra cui l’intestazione fittizia di beni e la creazione di società di facciata. Queste pratiche hanno consentito a Passarelli di mascherare l’origine illecita dei fondi e di operare in un contesto commerciale apparentemente legittimo. Le indagini hanno rivelato che il denaro riciclato è stato investito non solo in Campania, ma anche in altre regioni italiane come Lazio, Sardegna, Molise ed Emilia Romagna.
Le indagini e il ruolo delle forze dell’ordine
Le indagini sono state condotte dai Nuclei di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e Bologna, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata. Questi enti hanno lavorato insieme per raccogliere prove e testimonianze che hanno portato alla scoperta del sistema di riciclaggio orchestrato da Passarelli.
Le operazioni di indagine hanno messo in luce non solo il profilo criminale dell’imprenditore, ma anche la rete di connessioni tra i vari clan camorristici e il suo operato. La condanna definitiva per intestazione fittizia di beni ha ulteriormente confermato la gravità delle accuse a suo carico. La confisca dei beni rappresenta un’importante vittoria per le forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro sporco, sottolineando l’impegno delle autorità nel contrastare le attività illecite che minacciano la sicurezza economica e sociale del paese.
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