Confermata in appello la condanna per 13 esponenti di estrema destra per manifestazione fascista durante il corteo ramelli 2018
Nel 2023, il tribunale di Milano ha condannato 13 militanti di estrema destra a 4 mesi di reclusione per manifestazione fascista durante un corteo in memoria di Sergio Ramelli.

Nel 2023, 13 militanti di estrema destra sono stati condannati a 4 mesi per manifestazione fascista durante un corteo in memoria di Sergio Ramelli, con il processo in appello fissato per luglio 2025. - Unita.tv
Nel 2023, 13 militanti di estrema destra sono stati condannati a 4 mesi di reclusione per manifestazione fascista, in seguito a comportamenti avvenuti durante il corteo annuale per Sergio Ramelli, svoltosi il 29 aprile 2018. Il procedimento, basato sulla legge Scelba, ha visto la conferma della richiesta di pena in secondo grado da parte della sostituta procuratrice generale Olimpia Bossi. Il processo è ancora in corso davanti alla corte d’appello con l’udienza fissata all’11 luglio 2025, momento in cui prenderanno la parola i difensori degli imputati. Il reato di incitamento alla discriminazione razziale, contestato inizialmente, è stato considerato assorbito con la condanna principale.
Il contesto del corteo e la figura di sergio ramelli
Il corteo del 29 aprile si tiene ogni anno in ricordo di Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù, assassino a Milano nel 1975 da un gruppo di Avanguardia Operaia. Questo evento rappresenta, per chi partecipa, un momento di commemorazione e di riaffermazione di ideali politici. Nel 2018, durante la manifestazione, alcuni partecipanti hanno esibito gesti riconosciuti come simboli fascisti, come il saluto romano dopo la “chiamata del presente”. Questo episodio ha acceso nuovamente l’attenzione sulla libertà di espressione e sui limiti imposti dalla legislatore sulla propaganda e le manifestazioni di ispirazione fascista.
Il corteo, che richiama annualmente un numero consistente di militanti e simpatizzanti, si svolge in una città che porta con sé ancora tracce di contrasti politici storici. La presenza di tali manifestazioni è spesso accompagnata da tensioni e discussioni pubbliche riguardo la memoria storica e il rispetto delle leggi antifasciste. Il riferimento alla figura di Ramelli non è solo commemorativo ma anche simbolico, ponendo a confronto idee opposte che trovano riscontro nelle scelte di partecipazione al corteo. I simboli utilizzati durante la manifestazione del 2018 hanno così inserito il caso nel novero dei procedimenti giudiziari in materia di reati di manifestazione fascista.
Le accuse e la decisione del tribunale di milano
Nel luglio del 2023 il tribunale di milano ha condannato i 13 imputati a quattro mesi di reclusione per manifestazione fascista. Questo reato, previsto dalla legge Scelba, punisce chiunque partecipi a riunioni o manifestazioni con atteggiamenti riconducibili a ideologie fasciste. La sentenza ha ritenuto provata la partecipazione degli imputati all’evento durante il quale sono stati fatti i saluti romani, gesto vietato dalla legge e identificato come manifesto simbolo fascista.
Durante il processo, si era anche inquisito gli imputati per incitamento alla violenza o alla discriminazione razziale. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che tale seconda accusa dovesse essere assorbita da quella principale di manifestazione fascista, concentrandosi quindi su questa come effetto prevalente del comportamento illecito. La decisione del tribunale ha sottolineato come la testimonianza video e le dichiarazioni raccolte fossero sufficienti a confermare la natura dell’episodio e la responsabilità penale degli imputati.
Questa pronuncia arriva in un clima giudiziario attento, con un controllo serrato sul rispetto delle norme antifasciste, strumento fondamentale per la democrazia italiana. La scelta del tribunale di milano rispecchia l’attenzione nel contrastare simboli e azioni riconducibili a regimi proibiti, garantendo allo stesso tempo il diritto di manifestazione entro limiti ben definiti dalla legge.
Il proseguo del processo in corte d’appello
Il procedimento è giunto davanti alla quarta sezione penale della corte d’appello, dove la sostituta pg Olimpia Bossi ha rinnovato la richiesta di confermare la pena inflitta nel giudizio di primo grado. L’udienza è stata aggiornata all’11 luglio del 2025, quando saranno ascoltati i legali delle difese. In questa fase i difensori potranno esporre argomentazioni finalizzate a rimettere in discussione l’interpretazione dei fatti e la qualificazione giuridica dell’evento.
Aspetti giuridici e valori in discussione
La corte d’appello dovrà esaminare gli elementi presentati, valutare la validità delle prove e decidere se confermare, modificare o annullare la sentenza di primo grado. Data la delicatezza dell’accusa e la rilevanza del caso nel dibattito pubblico, la sentenza dalla corte d’appello avrà una particolare eco sia politica che sociale.
La discussione verterà anche sul confine tra libertà di espressione e limiti imposti dalla legge antifascista. I giudici dovranno fare chiarezza tra gesto simbolico e reato concreto, in un contesto segnato dalle tensioni tra diritto di manifestare idee e rispetto delle normative che vietano rigurgiti nostalgici verso ideologie totalitarie. L’esito di questa udienza sarà atteso da entrambe le parti come indicazione precisa sulla linea da seguire nei casi futuri.