Home Condannato a 16 anni per violenza su profuga siriana minorenne a Guastalla, accusa di favoreggiamento immigrazione clandestina

Condannato a 16 anni per violenza su profuga siriana minorenne a Guastalla, accusa di favoreggiamento immigrazione clandestina

Un uomo pakistano di 31 anni, Muhammad Waqar, è stato condannato a 16 anni per aver violentato una profuga siriana minorenne in un casolare vicino a Guastalla.

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Un uomo di 31 anni è stato condannato a 16 anni per aver violentato una profuga siriana minorenne in Emilia, evidenziando i rischi della migrazione irregolare e lo sfruttamento dei più vulnerabili. - Unita.tv

Un uomo di 31 anni è stato condannato a 16 anni di carcere dal tribunale di Reggio Emilia per aver violentato una profuga siriana minorenne in un casolare alla periferia di Guastalla, nella Bassa Reggiana. La vicenda riguarda un episodio drammatico avvenuto durante il percorso della ragazza, fuggita con la famiglia dalla Siria, tra guerre e terremoti. Accuse di violenza sessuale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina hanno portato alla condanna, mentre altre imputazioni sono state escluse.

I fatti e le accuse nei confronti del pakistano muhammad waqar

Muhammad Waqar, cittadino pakistano di 31 anni, ha subito una condanna complessiva a 16 anni in primo grado per aver violentato una profuga siriana, allora minorenne, in un casolare vicino Guastalla. La violenza è avvenuta dopo che la ragazza era stata separata dalla madre durante un viaggio dalla Siria all’Europa. Secondo il tribunale, oltre alla violenza sessuale, Waqar ha commesso lesioni e ha favorito l’immigrazione clandestina.

La vittima è stata poi abbandonata in una stazione di servizio a Lodi, dopo essere stata segregata con violenza. Era minorenne al momento dei fatti, e oggi ha 18 anni. Il processo si è svolto in tribunale a Reggio Emilia, con la presidenza della giudice Cristina Beretti. Il pm Giulia Galfano aveva chiesto una pena di 30 anni, includendo anche l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione, ma questa è stata esclusa dal giudice.

Il percorso della vittima e le condizioni della minorenne durante la prigionia

La ragazza con la sua famiglia aveva abbandonato la Siria a causa di guerra e terremoti nel 2023. Il viaggio, che avrebbe dovuto portarli in Germania passando per Slovenia e altri paesi europei, si è trasformato in un incubo. Durante il tragitto, la minore e la madre sono state separate dal padre e dal fratello. A Udine padre e figlio hanno proseguito il viaggio, mentre madre e figlia sono rimaste in Emilia dove, secondo l’accusa, la diciassettenne è stata segregata in un casolare.

In quel luogo, la ragazza è stata soggetta a violenze ripetute da parte di Waqar, costretta all’isolamento e privata della possibilità di muoversi liberamente. La giovane, fuggita da una situazione già critica in patria, si è trovata in una situazione di estrema vulnerabilità, approfittata da chi avrebbe dovuto invece offrirle protezione e sicurezza.

Il processo e le responsabilità di altri soggetti coinvolti

Waqar è stato arrestato e posto in custodia cautelare in carcere. L’imputazione principale rimane quella di violenza sessuale pluriaggravata, mentre l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è contestata anche a un cittadino pakistano di 29 anni e a una donna albanese di 24 anni, finora latitante. Il 29enne ha optato per il rito abbreviato.

La sentenza ha escluso l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione, per la quale il pm aveva richiesto una pena più elevata. Il procedimento evidenzia il coinvolgimento di più persone nella rete di traffico e sfruttamento, con una complessità che ha richiesto approfondimenti in aula.

Il significato della sentenza in un contesto migratorio delicato

La condanna arriva in un momento in cui le rotte migratorie dall’est all’ovest europeo mostrano dinamiche spesso tragiche. La storia della vittima dimostra come chi fugge dalle guerre non è sempre al sicuro una volta arrivato in Europa, soprattutto se resta nelle mani di reti illegali. Il giudice ha segnato un punto fermo ribadendo la gravità delle violenze subite.

Questo caso punta i riflettori sui pericoli nascosti della migrazione irregolare, con attori che traggono vantaggio dalla fragilità di chi scappa da situazioni estreme. La vicenda lascia aperti altri capitoli giudiziari per i complici ancora latitanti e chi deve ancora rispondere davanti al tribunale.

La sentenza del tribunale di Reggio Emilia tiene alta l’attenzione su questo tipo di crimini, confermando pene significative e il ruolo delle autorità nel contrastare sfruttamento e violenza sulle persone vulnerabili.