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Condanna confermata a catanzaro per il pastore ritenuto responsabile della morte di simona cavallaro

La corte d’assise d’appello di Catanzaro conferma la condanna a tre anni per Pietro Rossomanno, responsabile dell’omicidio colposo di Simona Cavallaro, aggredita da cani nella pineta di Monte Fiorino.

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La corte d’assise d’appello di Catanzaro ha confermato la condanna a tre anni per omicidio colposo a Pietro Rossomanno, pastore ritenuto responsabile della morte di Simona Cavallaro, sbranata da cani da lui allevati nel 2021 a Satriano. - Unita.tv

La corte d’assise d’appello di catanzaro ha ribadito la sentenza di primo grado condannando a tre anni di reclusione pietro rossomanno, pastore di 49 anni, per omicidio colposo in relazione alla morte di simona cavallaro. La giovane di 20 anni perse la vita il 26 agosto 2021, quando fu aggredita e sbranata da un branco di cani nella pineta di monte fiorino, a satriano nel soveratese. La decisione della corte, emessa nel 2025, rappresenta un passaggio importante in un caso che ha riacceso la discussione sulla sicurezza negli ambienti rurali e la gestione degli animali da guardia.

Il contesto dell’aggressione e le responsabilità del pastore

L’incidente è avvenuto nella pineta di monte fiorino, territorio di satriano, dove pietro rossomanno allevava il suo gregge. I cani coinvolti erano stati affidati proprio a lui per proteggere le pecore da eventuali predatori o intrusioni. Quel pomeriggio di agosto del 2021 simona cavallaro si trovava nella zona quando venne attaccata dal gruppo di cani. Purtroppo le ferite riportate si rivelarono letali.

Le indagini si sono concentrate sui motivi per cui gli animali erano stati lasciati liberi e sulle misure adottate da rossomanno per contenerli e proteggerli. La corte ha valutato il comportamento del pastore come negligente, considerandolo responsabile per non aver impedito il tragico epilogo. In questa sede, però, non è stata accolta la richiesta della procura di cambiare il capo d’accusa in omicidio volontario, che avrebbe comportato una pena molto più severa.

Il procedimento legale e le accuse a carico di rossomanno e della madre

Rossomanno è stato rappresentato in aula da due avvocati, salvatore staiano e vincenzo cicino, che hanno sostenuto le ragioni del loro assistito durante il processo. Le accuse a suo carico comprendevano non solo l’omicidio colposo, ma anche reati connessi alla gestione degli animali e l’uso improprio dei terreni.

In particolare, venivano contestati l’introduzione e l’abbandono di animali, reato previsto per evitare che cani pericolosi o non controllati potessero creare situazioni di rischio. Inoltre a rossomanno e alla madre, maria procopio, di 71 anni, veniva imputata l’invasione e l’occupazione abusiva di terreni nella stessa area. Nel processo d’appello la corte ha ridotto la condanna di maria procopio da otto a cinque mesi, riconoscendo le attenuanti generiche.

Il verdetto della corte d’assise d’appello e l’entità della pena

La corte ha deciso di non modificare la natura del reato a carico di pietro rossomanno, confermando l’omicidio colposo e quindi la pena di tre anni di reclusione. La richiesta dell’accusa di trasformare il capo d’imputazione in omicidio volontario, con una pena a 15 anni, è stata respinta.

Questo verdetto sottolinea una distinzione importante nel diritto penale tra responsabilità per un evento nato da negligenza e intenzionalità nell’azione. Nel caso della morte di simona cavallaro, non sono emersi elementi tali da provare che rossomanno abbia voluto o programmato il ferimento mortale della ragazza.

Riflessioni sulla sentenza e le implicazioni future

La sentenza rappresenta una conferma di quanto già stabilito in primo grado ma lascia aperti dibattiti più ampi sulla gestione della sicurezza in situazioni in cui gli animali vengono utilizzati come guardiani in ambienti aperti. La vicenda continua a essere un punto di riferimento nelle discussioni legali e sociali attorno alla protezione delle persone e alle responsabilità civili in campo rurale.