Condanna a 11 anni e 8 mesi per emanuele civita dopo il raid con ferimento di una bambina a sant’anastasia
Emanuele Civita condannato a 11 anni e 8 mesi per il tentato omicidio di una bimba durante una sparatoria a Sant’anastasia, con conferma della gravità del gesto da parte della corte d’appello di Napoli.

Nel maggio 2023 a Sant'Anastasia una sparatoria ha ferito una bambina di 10 anni; l’autore, Emanuele Civita, è stato condannato in appello a 11 anni e 8 mesi per tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso. - Unita.tv
Nel maggio 2023, una ‘stesa‘ a Sant’anastasia, comune nel napoletano, finì con una bimba di 10 anni ferita alla testa. L’autore, emanuele civita, oggi 21enne, ha ricevuto una condanna in appello a 11 anni e 8 mesi di reclusione. Nei fatti del raid in piazza centrava fuoco insieme a un minorenne, causando anche il ferimento dei genitori della bimba, mentre il fratellino è rimasto illeso. La sentenza riduce la pena di civita rispetto ai 14 anni inflitti in primo grado, eliminando l’accusa di premeditazione e quella relativa alla detenzione dell’arma. Il giudizio della corte d’appello di napoli conferma però la gravità del fatto, riconoscendo il tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso.
Dinamica del raid e condizioni delle vittime
La sera del raid, sant’anastasia fu teatro di una sparatoria in pieno centro durante una ‘stesa‘, pratica illegale e violenta diffusa in alcune aree dove gruppi sparano in aria o per intimidire. Civita, insieme a un minorenne, aprì il fuoco in piazza senza mirare a obiettivi precisi ma causando la ferita alla piccola vittima. Il proiettile la colpì di striscio alla testa, evento che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia. I genitori della bimba riportarono anch’essi ferite, anche se più lievi, mentre il fratellino della piccola miracolosamente sfuggì agli spari. Le riprese delle telecamere di videosorveglianza hanno documentato chiaramente la presenza e i movimenti dei due ragazzi sul posto, fornendo elementi fondamentali per la ricostruzione del fatto e l’individuazione dei responsabili.
Il processo e la sentenza di primo grado
Nel luglio 2024, il tribunale di napoli aveva condannato emanuele civita a 14 anni di carcere con l’accusa di tentato omicidio aggravato dall’uso del metodo mafioso. L’accusa teneva conto della gravità del gesto, compiuto con metodo tipico delle organizzazioni criminali, che tende a seminare paura e terrore nelle comunità. La presenza di un minorenne nel raid ha complicato ulteriormente le dinamiche giudiziarie, con l’utilizzo delle prove raccolte dalle forze dell’ordine e le testimonianze a supporto. La sentenza di primo grado rappresentava un primo passo verso la giustizia per la famiglia della vittima e per la comunità di sant’anastasia.
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La sentenza d’appello e la riduzione della pena
La corte d’appello di napoli ha rivisto in parte la decisione del primo giudice, riducendo la pena da 14 anni a 11 anni e 8 mesi, escludendo però gli addebiti di premeditazione e la detenzione illegale dell’arma. Questo significa che, secondo la corte, civita non aveva pianificato l’atto con anticipo e che la detenzione dell’arma non sussisteva come aggravante autonoma. La conferma invece della colpevolezza per tentato omicidio ha ribadito la volontà di compiere il gesto, anche se non riuscito pienamente. Il procedimento giudiziario ha confermato l’impostazione accusatoria originaria, con elementi concreti e prove video decisive.
Reazioni delle parti coinvolte e ruolo della fondazione polis
L’avvocato roberto russo, legale della famiglia della bambina, ha espresso soddisfazione per il mantenimento dell’impianto accusatorio, nonostante la riduzione della pena. Russo ha sottolineato la conferma della volontà omicidiaria da parte di civita, anche se in forma di tentativo, confermando la gravità del fatto e la correttezza delle accuse mosse in primo grado. La fondazione polis, impegnata nel sostegno alle vittime di reati e nella promozione di giustizia sociale, si è costituita parte civile durante il processo. Era presente in aula con un’equipe multidisciplinare che ha assistito i familiari della piccola ferita, garantendo supporto emotivo e legale.
Questa vicenda riporta al centro l’urgenza di contrastare fenomeni di violenza nelle città e l’importanza di un sistema giudiziario che riconosca responsabilità e protegga le vittime. La sentenza di napoli conferma la necessità di interventi concreti per evitare il ripetersi di raid simili, spesso senza una reale motivazione apparente ma con conseguenze drammatiche sulle comunità locali.