Come i terzi luoghi e le diversità internazionali possono trasformare la vita urbana oggi
Francesco Morace analizza la trasformazione della società contemporanea, evidenziando l’importanza dei “terzi luoghi” e degli spazi pubblici per migliorare le relazioni umane e la qualità della vita nelle città.

Francesco Morace analizza come i "terzi luoghi" urbani, spazi condivisi e flessibili, possano favorire l'incontro sociale e migliorare la qualità della vita nelle città contemporanee, promuovendo coesione e apertura culturale in un contesto di trasformazione sociale. - Unita.tv
La società contemporanea vive una trasformazione profonda e spesso turbolenta, fatta di nuove forme di relazione, spazi e abitudini. Francesco Morace, sociologo con oltre trent’anni di esperienza nella ricerca sociale e di mercato, offre una chiave di lettura per capire questo cambiamento. Durante un talk organizzato da “Il Prisma”, società internazionale che si occupa di architettura e design, Morace ha illustrato come riflettere su spazi condivisi — i cosiddetti “terzi luoghi” — possa aiutare a governare questa metamorfosi e a migliorare la qualità della vita soprattutto nelle città.
La metamorfosi turbolenta della società contemporanea
Francesco Morace descrive la società attuale come una realtà in continua metamorfosi, spesso definita “turbolenta”. Questa instabilità non è solo un problema, ma pure una fonte da cui può emergere una nuova identità collettiva. L’elemento centrale di questa trasformazione è la crescente consapevolezza della propria unicità personale. Ognuno cerca insistentemente di essere protagonista nella propria storia, aspetto amplificato dall’uso dei social network.
Questi strumenti digitali spingono verso una continua esposizione di sé stessi, ma creano anche tensioni e conflitti sociali. Le persone desiderano visibilità e riconoscimento, ma il processo non è semplice né privo di implicazioni. La società appare così come un insieme di individui spesso in contrasto tra loro, ma tutti con la voglia di esprimersi e di trovare spazi dove riconoscersi.
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Questa situazione impone di ripensare la convivenza nelle aree urbane, dove le tensioni possono diventare fonte di conflitto o, se gestite bene, motore di cambiamento. Morace sottolinea come, in un momento storico segnato dalla pandemia e dall’isolamento, la ricerca di spazi dove incontrarsi rimanga un’esigenza fondamentale.
Città come facilitatori dell’incontro e della relazione umana
Le città rappresentano un terreno fondamentale per affrontare la ricerca di questi spazi di socialità. Morace parla di “isole” urbane, luoghi dove le persone possono incontrarsi casualmente o per una necessità comune, e riprendersi gli spazi pubblici in chiave di relazione umana. Questa riappropriazione assume maggiore importanza in seguito al lungo periodo di isolamento forzato vissuto in tutto il mondo.
L’esperienza del lockdown ha dimostrato che l’isolamento sociale non diventa una condizione stabile, perché gli esseri umani hanno bisogno di interazioni. Tuttavia, tornare a vivere pienamente la città non è semplice, soprattutto per i giovani. Se da una parte questi ultimi si affidano molto ai social per affermare la propria identità, dall’altra hanno una forte esigenza di spazio fisico dove incontrarsi realmente.
Realizzare ambienti urbani in grado di favorire queste relazioni richiede un’attenzione particolare: devono essere spazi flessibili, che facilitino l’incontro senza imporre modelli rigidi. Questo vale anche per l’idea stessa di progettazione urbana che deve evitare di trasformarsi in un dispositivo controllato o eccessivamente strutturato, perché i giovani — come spiega Morace — non apprezzano le indicazioni troppo imperiose.
I terzi luoghi come spazi di confronto e crescita sociale
Il concetto di “terzi luoghi” diventa centrale nel ragionamento di Morace. Si tratta di ambienti diversi dalla casa, dal lavoro o dalla scuola, ma che ospitano incontri e scambi. Sono spazi interstiziali, in cui avvengono le relazioni che non si svolgono nei luoghi istituzionali. Un esempio concreto sono i pianerottoli dei condomini: luoghi marginali e spesso fonte di tensioni, ma che possono diventare spazi d’incontro e di scambio di servizi comuni, come una lavanderia.
Questi terzi luoghi non si trovano solo all’interno degli edifici, ma devono essere anche parte della progettazione degli spazi pubblici esterni. Molti di questi ultimi sono poco valorizzati perché poco illuminati o privi di un adeguato verde urbano, tanto che spesso la sera diventano luoghi evitati dalla cittadinanza.
Riprogettare questi spazi agendo su luce, sicurezza e verde significa restituire vitalità alle città. Significa mettere insieme un ambiente che richiami le persone a uscire e a ricostruire quei legami sociali indeboliti negli ultimi anni.
La sfida italiana nella cura dello spazio pubblico e le lezioni dall’estero
L’Italia, con la sua storia fatta di molte dominazioni e cambiamenti culturali, presenta un rapporto particolare con lo spazio pubblico. Morace osserva come per molti italiani lo spazio pubblico non sia sentito come proprio, ma resta un luogo “politico” e distante dalla vita quotidiana. Questo atteggiamento limita le opportunità di partecipazione e di riappropriazione sociale.
A differenza di molti Paesi nordici o di regioni come il Canada, dove gli spazi esterni sono curati e vissuti intensamente nonostante le condizioni climatiche difficili, in Italia progettare le case interne domina la cultura. Il design italiano si è infatti affermato a livello mondiale proprio grazie a questa esperienza nel privato, ma lo spazio pubblico spesso resta marginale.
“Il Prisma” ha scelto di voler portare l’esperienza internazionale nel nostro Paese, combinando idee diverse e valorizzando la dimensione dello spazio condiviso. La cura di strade, piazze e parchi è vista come un elemento fondamentale per migliorare la qualità della vita urbana e per stimolare la socialità.
L’esperienza del viaggio nelle diversità come strumento di apertura sociale
Il viaggio e l’incontro con culture diverse aprono nuove prospettive sul modo di abitare la città e gli spazi comuni. Morace indica questa esperienza come una speranza per le nuove generazioni e per la società intera. Esplorare modelli differenti e portare queste conoscenze in contesti come Milano favorisce un’apertura culturale che può contribuire a superare isolamento e conflitti.
Attraverso il confronto con l’estero, si possono capire nuovi modi di intendere la convivenza e i terzi luoghi, proponendo progetti capaci di rispondere a bisogni sociali concreti e attuali. La società in trasformazione cerca luoghi autentici, dove le persone possano sentirsi soggetti e non oggetti di una città anonima.
Non essere chiusi nella propria esperienza storica e culturale, ma guardare fuori, diventa una strada per immaginare città più aperte e accoglienti. Il dialogo tra diversità aiuta a costruire un tessuto sociale meno frammentato e più resiliente. La sfida si gioca anche in questi spazi, fra architettura, cultura e relazioni umane.