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Collasso del fianco del cratere di sud-est dell’Etna ha generato una valanga piroclastica da un milione di metri cubi

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Un recente studio condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha ricostruito le cause e le dinamiche della valanga piroclastica che il 10 febbraio 2022 ha interessato il versante sud-est dell’Etna. Il fenomeno è stato provocato dal cedimento gravitazionale di una massa instabile, spinta da alte temperature residue e alterazioni dei depositi superficiali. L’evento ha prodotto un flusso rapido e devastante, lasciando sul vulcano una cicatrice visibile anche dalle immagini satellitari.

Le cause del collasso gravitazionale al cratere sud-est

Il punto di partenza della valanga piroclastica è stato l’accumulo veloce di materiale instabile sulla parete del cono sommitale. Questo materiale, riscaldato dalle attività eruttive precedenti, ha subito modifiche chimico-fisiche che ne hanno compromesso la coesione superficiale. Le alte temperature residue hanno accelerato il processo, indebolendo ulteriormente i depositi.

Quando la massa non è più riuscita a sostenersi sulle pendici ripide del cratere sud-est, si è verificato un collasso gravitazionale improvviso. La quantità coinvolta nel crollo supera un milione di metri cubi: un volume notevole capace di scatenare una potente valanga piroclastica che si è propagata lungo i fianchi orientali dell’Etna.

Questa sequenza conferma come l’interazione tra fattori termici e meccanici possa destabilizzare rapidamente i versanti vulcanici attivi. I dati raccolti dallo studio permettono inoltre di comprendere meglio quali condizioni ambientali anticipano questi eventi pericolosi.

Caratteristiche delle valanghe piroclastiche sull’etna

Le valanghe o correnti piroclastiche rappresentano uno dei rischi più gravi associati ai vulcani attivi come l’Etna. Sono composte da gas incandescenti miscelati a ceneri fini e frammenti rocciosi scagliati con velocità molto elevate fino a superare centinaia di chilometri orari.

Questi flussi sono estremamente distruttivi perché investono vaste aree in pochi minuti senza preavviso significativo per chi si trova nelle vicinanze. La loro composizione ad alta temperatura rende difficile ogni tentativo d’intervento diretto durante la loro corsa sulle pendici montuose.

Nel caso specifico dell’eruzione etnea analizzata nel 2022, la massa coinvolta nella frana originaria ha generato una corrente estesa su diversi chilometri lungo il fianco est del vulcano causando danni alle formazioni naturali ed esponendo al rischio chi frequenta quella zona durante le fasi eruttive.

Aggiornamenti sulla mappa di pericolosità sommitali etnei

Lo studio guidato dai ricercatori Daniele Andronico e Francesco Zuccarello dell’Ingv non si limita alla ricostruzione storica degli eventi ma integra modelli numerici avanzati capaci simulare scenari futuri basandosi sui dati raccolti in situ ed elaborazioni satellitari.

Grazie alla calibrazione precisa dei modelli matematici è stata realizzata una mappa aggiornata della pericolosità nell’area sommitale dell’Etna. Questo strumento serve a definire zone più o meno rischiose rispetto all’insorgere delle correnti piroclastiche durante nuove attività eruttive o movimenti franosi sul cratere sud-est.

La mappa consente alle autorità competenti – protezione civile inclusa – decidere con maggior cognizione se consentire o limitare l’accesso turistico nelle parti alte del vulcano evitando così esposizioni inutilmente pericolose per escursionisti e operatori impegnati nelle osservazioni scientifiche o nella gestione emergenziale degli eventi naturali avversi.

Nuovi episodi confermano lo scenario previsto dalla ricerca

Il 2 giugno 2025 un’altra valanga piroclastica si è manifestata nuovamente sul versante nord-orientale dello stesso cratere sud-est etneo riportando alla luce la formazione rapida ed estesa dei depositi detritici causati dal flusso discendente su quasi tre chilometri lineari lungo la montagna.

Questo episodio recente dimostra quanto siano attendibili i risultati ottenuti dalla mappatura aggiornata realizzata dall’Ingv grazie al progetto Panacea-Pianeta Dinamico finanziato dal Ministero Universitario Italiano. Il monitoraggio costante permette quindi non solo prevenzione ma anche intervento mirato in scenari complessi dove natura e rischio convivono da vicino.

Gli studi continuano ad arricchire conoscenze fondamentali sulla dinamica delle frane vulcaniche offrendo strumenti utilissimi alla salvaguardia umana nei contesti montani più esposti alle minacce generate dai fenomeni eruttivi attivi.

Written by
Andrea Ricci

Andrea Ricci non cerca l’ultima notizia: cerca il senso. Blogger e osservatore instancabile, attraversa cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute con uno stile essenziale, quasi ruvido. I suoi testi non addolciscono la realtà, la mettono a fuoco. Scrive per chi vuole capire senza filtri, per chi preferisce le domande alle risposte facili.

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