Chiusura del salone mc2 a milano: carenza di parrucchieri mette in crisi il settore
La chiusura del salone mc2 a Milano evidenzia la crisi del settore parrucchieri, causata dalla carenza di personale qualificato e da una percezione negativa della professione tra i giovani.

La chiusura del salone mc2 a Milano, causata dalla grave carenza di personale qualificato nonostante una clientela solida, evidenzia le difficoltà del settore parrucchieri tra scarsa attrattività della professione, condizioni lavorative e costi della vita elevati in città. - Unita.tv
La chiusura del salone mc2 in viale Affori 1 a Milano ha scosso il mondo dei parrucchieri, segnando un punto critico per un’attività con un calendario pieno di appuntamenti futuri. Andrea Losacco e il socio Marco Curcio hanno dovuto abbandonare il locale, non per mancanza di clienti, ma per l’assenza di personale qualificato. Questa situazione riflette la difficile situazione attraversata da molte imprese del settore, con difficoltà crescenti nel reclutare e trattenere lavoratori, specialmente a Milano. Nei prossimi paragrafi, il racconto diretto di Losacco sulle origini e lo sviluppo della crisi.
La decisione di chiudere dopo anni di crescita
L’attività mc2 è nata nel 2008 e ha vissuto una fase di espansione con aperture strategiche a Milano. Nel 2015, il salone principale si è trasferito in uno spazio più ampio in viale Affori, dotato di 12 postazioni. L’apertura di una nuova sede in corso Concordia ha segnato un passo avanti verso la crescita territoriale. L’ambizione includeva persino una terza apertura a CityLife, quartiere moderno e commerciale della città. Ma la penuria di personale ha bloccato questo progetto.
Limitazioni dovute alla mancanza di personale
Andrea Losacco spiega come la carenza di parrucchieri abbia pesato a tal punto da dover limitare addirittura le aperture del salone in corso Concordia a soli tre giorni settimanali. Poi, con l’uscita di collaboratori per maternità o trasferimenti all’estero, la situazione si è fatta insostenibile. I soci sono rimasti soli insieme a due assistenti, una condizione che ha portato alla chiusura di viale Affori. Si tratta di una sconfitta per un’attività che avrebbe potuto continuare, se solo fosse riuscita a mantenere il personale necessario per operare.
Difficoltà nel reclutamento del personale: un problema che si trascina da tempo
I dati narrati da Losacco sulle assunzioni non lasciano spazio a dubbi. Fino a poco tempo fa, mc2 avrebbe potuto impiegare fino a cinque persone con contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, le risposte ai colloqui di lavoro sono state deludenti: non solo candidati si sono presentati senza comunicare, ma altri hanno rinunciato in ultima istanza. Le selezioni più recenti, risalenti a un anno fa, sono state un fallimento completo.
Emorragia di operatori e scarsa formazione
La radice di questo blocco va individuata in un’emorragia di operatori del settore. Le scuole di formazione per parrucchieri registrano pochi iscritti, spesso insufficienti ad attivare i corsi. Questo fenomeno ha legami con pratiche irregolari del passato, quando molti giovani venivano sfruttati con paghe bassissime e nero, un modello che ha diffuso la sfiducia verso questa professione. I giovani oggi preferiscono lavori più stabili o percepiti come meno precari e con condizioni più trasparenti, come quelli offerti da grandi aziende tipo Amazon.
La professione del parrucchiere oggi tra pregiudizi e difficoltà economiche
Un altro aspetto che ha contribuito alla crisi dei saloni è la scarsa attrattiva della carriera da parrucchiere nelle famiglie italiane, specialmente quelle della classe media. Molti genitori scoraggiano i figli dall’intraprendere questa strada, considerandola poco sicura o poco redditizia. Andrea Losacco fa notare che, in realtà, il ruolo del parrucchiere ha un valore importante nella società e nella cultura italiana. Ricorda come il presidente Mattarella si affidi proprio a un parrucchiere prima delle sue apparizioni pubbliche.
Questa contraddizione tra la realtà professionale e la percezione sociale ha contribuito al disinteresse verso questa attività. Losacco racconta di aver seguito le orme del padre, che nel 1958 aveva aperto il proprio salone a Milano, ma ora consiglia i giovani di evitare questo mestiere se si vuole lavorare in modo onesto e dignitoso senza aspettarsi margini di guadagno certi. Un quadro che evidenzia quanto sia difficile oggi mantenere una piccola impresa di questo tipo senza compromessi.
Stipendi e condizioni di lavoro nella realtà mc2
Per quanto riguarda le condizioni economiche offerte da mc2, Losacco sottolinea il rispetto delle regole contrattuali e un trattamento economico che, a suo dire, è adeguato. Un apprendista di 17 anni riceve uno stipendio netto di 800-900 euro, mentre un collaboratore con esperienza tra i 22 e 23 anni guadagna tra 1300 e 1400 euro. Sono cifre corrispondenti al contratto nazionale di lavoro del settore.
mc2 evita l’uso di contratti con partita IVA, pratica comune in altri saloni, preferendo inquadrare i lavoratori con regolari contratti a tempo indeterminato. Questo approccio garantisce tutele maggiori ai lavoratori, ma non basta a fermare la fuga dal settore. Il problema è che molti giovani non si interessano alla professione anche se offerti salari regolari e condizioni chiare. L’esempio concreto di mc2 fotografa quindi le difficoltà reali sul campo, che vanno oltre i semplici numeri.
Trasparenza e qualità contrattuale
L’impatto delle attività straniere e il costo della vita a milano
Nel discutere della concorrenza, Losacco respinge l’idea che i saloni stranieri siano la causa principale della crisi. mc2 si posiziona infatti in una fascia di mercato medio-alta, quasi premium, diversa rispetto a quella di chi offre prezzi bassi. Il problema, aggiunge, è la trasparenza fiscale e contributiva: chi lavora pagandole tasse dovrebbe dimostrare di riuscire a stare sul mercato con quelle condizioni. Non è la concorrenza straniera, dunque, a destare maggiore preoccupazione.
Un ultimo elemento citato riguarda i costi di vita elevati a Milano, che limitano la disponibilità dei lavoratori a trasferirsi. Il prezzo degli alloggi è diventato proibitivo: chi si occupa di servizi essenziali, spesso con stipendi normali, fa fatica a trovare una casa a prezzi abbordabili. Losacco sottolinea come la domanda abitativa per questi lavoratori venga ignorata dalle amministrazioni, che invece continuano a privilegiare progetti destinati a fasce con redditi più alti. È un problema concreto che frena anche il ricambio generazionale nel settore parrucchieri milanese.