Chiara uccisa a Garlasco, la madre di Alberto Stasi: «è un condannato e non dovrebbe parlare»

La famiglia Poggi, madre e padre di Chiara, esprime forti dubbi sul ruolo di Alberto Stasi nel delitto e si oppone alla sua possibile semi libertà, mantenendo viva l’attenzione pubblica.
La famiglia Poggi, madre e padre di Chiara, uccisa a Garlasco nel 2007, conferma il ruolo di Alberto Stasi, condannato per il delitto, e mantiene aperte alcune piste investigative, esprimendo forte opposizione verso la sua possibile semi libertà. - Unita.tv

La tragedia di Garlasco segna ancora oggi la vita delle famiglie coinvolte e la società segue con attenzione ogni sviluppo. Rita Poggi, madre di Chiara uccisa nel 2007, ha rilasciato dichiarazioni forti sul coinvolgimento di Alberto Stasi, condannato in via definitiva, mettendo in dubbio alcune piste investigative. Il caso resta al centro del dibattito mediatico e giudiziario.

La posizione di Rita e Giuseppe Poggi sul ruolo di Alberto Stasi

Rita Poggi, madre di Chiara, rivolge parole dure verso Alberto Stasi, detenuto e condannato definitivamente per l’omicidio della figlia. In un’intervista a Quarto Grado su Retequattro, ha sottolineato che essendo stato riconosciuto colpevole dalla giustizia Stasi «non dovrebbe esprimere pareri» sul caso. La signora ha ribadito che le sentenze sono chiare e che, fino a prova contraria, lui rimane il condannato.

Anche il marito di Rita, Giuseppe Poggi, si è espresso con convinzione, affermando che «uno dei colpevoli è Stasi». Inoltre ha escluso categoricamente che potesse essere Andrea Sempio, indicato in passato come possibile sospetto, spiegando che Sempio non conosceva Stasi e non poteva avere rapporti con lui. Il riferimento agli «ignoti» invece riguarda persone non identificate: per la famiglia Poggi rimangono sconosciute solo a loro, mentre per Stasi sarebbero note.

Il ruolo di andrea sempionella pista ancora aperta?

Nonostante l’esclusione di Sempio come colpevole secondo la famiglia della vittima, Rita Poggi ha ricordato che l’eventuale comparsa del dna di Andrea Sempionella sul luogo del delitto «non sarebbe straordinario», visto che lui frequentava la loro casa e giocava con il fratello di Chiara, Marco. La signora ha spiegato che i ragazzi trascorrevano il tempo sia nella zona bassa che in quella alta dell’abitazione, giocando con videogiochi e il computer.

Giuseppe Poggi ha aggiunto dettagli tecnici sull’ipotesi di trovare tracce genetiche, ricollegandosi al cromosoma Y: «a Garlasco, starebbero paragonando cromosomi compatibili, potrebbero comunque esserci anche 500 persone con dna simile». Questo aspetto evidenzia la difficoltà nelle indagini genetiche e lascia aperte alcune interpretazioni.

Atteggiamento della famiglia Poggi verso la semi libertà di Stasi

La possibilità che Alberto Stasi possa ottenere una semi libertà, come previsto dalla legge, provoca una reazione netta nella famiglia Poggi. Interpellati in merito alla possibilità di incontrarlo, la risposta di entrambi è stata univoca: «no». Rita e Giuseppe hanno confidato di sperare di non doverlo mai più incontrare, segnalando come la vicenda continui a pesare sulle loro vite.

Questa posizione si inserisce in un contesto di forte tensione emotiva e di dolore che permane ancora oggi, nonostante siano passati quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara.

Il contesto giudiziario e mediatico del caso Garlasco

Il delitto di Chiara a Garlasco ha attraversato diversi gradi di giudizio, mediazioni e ricostruzioni mediatiche. Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva nel 2015 e da allora il caso non ha smesso di suscitare discussioni e ipotesi su possibili altri responsabili o elementi ancora da verificare.

Le dichiarazioni rilasciate dalla famiglia Poggi contribuiscono a mantenere viva l’attenzione pubblica e pressano sul sistema giudiziario a non abbassare la guardia. Le analisi del dna, le testimonianze e le piste aperte restano oggetto di approfondimento, in attesa di nuovi sviluppi che possano chiarire eventuali dubbi.

Le famiglie coinvolte, i cittadini e chi ha vissuto quegli anni tengono ancora desta la memoria della vicenda, che resta un punto di riferimento nella cronaca nera italiana recente.