Home carcere in Italia: metà degli istituti fuori dalle città, molte celle sotto i tre metri quadri per detenuto

carcere in Italia: metà degli istituti fuori dalle città, molte celle sotto i tre metri quadri per detenuto

Il rapporto “Senza Respiro” di Antigone evidenzia il sovraffollamento e le inadeguate condizioni delle carceri italiane, con un uso diffuso di farmaci psicotropi tra i detenuti.

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Il rapporto "Senza Respiro" di Antigone evidenzia il sovraffollamento, le condizioni precarie degli edifici penitenziari italiani e l'uso diffuso di farmaci psicotropi tra i detenuti, sottolineando l'urgenza di migliorare spazi e assistenza sanitaria nelle carceri. - Unita.tv

Il rapporto ‘Senza Respiro‘ dell’associazione Antigone ha raccolto dati sulle condizioni delle carceri italiane, soffermandosi soprattutto sulla distribuzione degli istituti e sulle condizioni di sovraffollamento nelle celle. Dai 95 istituti visitati emergono criticità nel rispetto degli spazi minimi per ogni detenuto e un uso diffuso di farmaci psicotropi.

Come sono distribuiti gli istituti penitenziari tra contesto urbano e extraurbano

Gli istituti penitenziari monitorati da Antigone si dividono quasi equamente tra situazioni urbane e fuori città: metà sono collocati in contesti extraurbani, l’altra metà dentro contesti urbani. In particolare, tra gli istituti in città, soltanto otto risultano costruiti di recente, mentre ben 19 edifici risalgono a periodi antecedenti al 1900. Questa impalcatura storica, con una significativa presenza di strutture molto vecchie, influenza spesso le condizioni interne, a partire dalla distribuzione degli spazi e dalle caratteristiche degli ambienti detentivi.

Problematiche legate agli edifici storici e alla loro collocazione geografica

La presenza di molti istituti meno recenti comporta problemi logistici legati alla gestione degli spazi e degli ambienti. Le strutture più datate rispecchiano approcci architettonici ormai superati, difficili da adeguare alle esigenze attuali della gestione penitenziaria. La collocazione fuori dai centri urbani crea inoltre ostacoli nei collegamenti con il sistema giudiziario, favorendo un allontanamento dei detenuti dai servizi di supporto e dagli incontri con familiari. Questa configurazione geografica pesa anche sulle possibilità di visite e rendiconti delle persone detenute.

Spazio insufficiente nelle celle e dati sul sovraffollamento

Un dato particolarmente significativo del rapporto riguarda le dimensioni delle celle. In trenta dei 95 istituti ispezionati, sono state rilevate stanze in cui lo spazio a disposizione per ciascun detenuto scende sotto i tre metri quadri calpestabili. Questo parametro minimo indicato dalla normativa è stato dunque violato in molte realtà carcere, portando a una convivenza quotidiana svolta in spazi angusti.

La scarsità di spazio amplifica le tensioni tra i detenuti e rende difficile mantenere standard di igiene e sicurezza. Fare i conti con celle così ristrette impatta sulle condizioni psicofisiche delle persone sottoposte a detenzione. Il sovraffollamento, si sa, favorisce la diffusione di malattie e incrementa i problemi legati alla convivenza forzata. Lo stress generato da questi ambienti compromette la qualità della vita dentro le mura, oltre a rallentare ogni percorso di recupero sociale.

Cause e conseguenze della carenza di spazi adeguati

Le cause principali di tali carenze risiedono spesso in una gestione degli ingressi nelle carceri non equilibrata, unite a una mancanza di risorse strutturali adeguate per nuovi spazi. La dispersione degli istituti fuori città contribuisce a limitare le possibilità di nuove costruzioni o adeguamenti. Molti enti locali non accolgono facilmente progetti per ampliare o ristrutturare le strutture, rendendo complesso affrontare la questione del sovraffollamento su scala nazionale.

L’uso dei farmaci psicofarmacologici tra le persone detenute

Il dossier Antigone sottolinea un uso diffuso, nelle carceri visitate, di terapie con farmaci psicofarmacologici tra i detenuti. Quasi il 44,25% delle persone recluse assume sedativi o ipnotici. Un quinto del campione utilizza stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Questi dati rivelano la presenza di numerosi detenuti con problematiche psichiatriche o psicologiche, ma anche una gestione farmaceutica che appare estesa.

Impatti e riflessioni sull’assistenza sanitaria in carcere

L’impatto di questi farmaci sul benessere psichico dei reclusi è significativo. I sedativi e gli ipnotici sono spesso impiegati per contenere tensioni o stati d’ansia, ma possono avere effetti collaterali come dipendenza o riduzione della lucidità. L’uso di stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi conferma una diffusa presenza di disturbi che richiedono cura specifica, la quale dovrebbe prevedere anche interventi psicoterapeutici e supporti socioassistenziali.

Il ricorso massiccio ai farmaci indica una risposta prevalentemente medica alle difficoltà psicologiche nelle carceri, dove le condizioni ambientali spesso peggiorano lo stato di salute mentale. Questo dato apre questioni sulle politiche di assistenza sanitaria in carcere e sull’adeguatezza delle misure alternative al trattamento farmacologico, oltre a sottolineare l’urgenza di migliorare gli spazi e le condizioni interne per ridurre il disagio psichico.