L’istituto penitenziario di Secondigliano, a Napoli, si prepara a ospitare un progetto innovativo che coinvolge la coltivazione di piantine di caffè. L’iniziativa mira a collegare attività agricole e formazione professionale, offrendo ai detenuti nuove opportunità di qualificazione lavorativa. Questo percorso rientra nel più ampio programma di reinserimento sociale e lavorativo promosso da aziende e università del territorio.
la nascita e gli obiettivi del progetto ‘Chicco di Speranza’ nel carcere di Secondigliano
L’idea di coltivare caffè all’interno del carcere nasce dalla collaborazione tra Kimbo spa, la Facoltà di Agraria dell’Università Federico II e la direzione del penitenziario di Secondigliano. Mario Rubino, presidente di Kimbo, ha illustrato il progetto durante un incontro con Oscar Farinetti, imprenditore e scrittore in visita all’azienda a Melito di Napoli, vicino alla struttura carceraria.
Secondo Rubino, “l’obiettivo principale del progetto è creare un legame concreto tra l’azienda e il territorio, incidendo positivamente sulla vita dei detenuti.” Questa iniziativa si inserisce in un percorso di inclusione sociale e formazione che punta a far acquisire competenze tecniche e lavorative ai partecipanti. Le piantine di caffè non sono solo un’attività agricola, ma diventano strumento di crescita personale e professionale per chi vive in carcere.
formazione e reinserimento: il ruolo di Kimbo e delle officine di manutenzione
Kimbo spa non si limita alla coltivazione, ma ha in mente anche altre attività di formazione dedicate ai detenuti. Tra queste emerge il progetto di officine di manutenzione interne al carcere, dove i partecipanti potranno imparare a riparare e mantenere le macchine per il caffè. L’obiettivo è restituire ai bar partner macchine perfettamente funzionanti, creando così un ciclo virtuoso di lavoro e riqualificazione.
Rubino ha specificato che queste iniziative riflettono un impegno sociale consolidato da tempo. In passato Kimbo ha sostenuto progetti come ‘Fatto a Scampia’ che prevede la produzione di borse e abiti in juta realizzati da persone in condizioni di disagio. Ora, il percorso si amplia con l’intenzione di facilitare l’inserimento lavorativo, offrendo un supporto concreto alle aziende e ai detenuti attraverso strumenti come una guida per le agevolazioni fiscali sulle assunzioni.
Kimbo e la tradizione familiare: dalla torrefazione di Rione Sanità al mercato nazionale
Mario Rubino ha ricordato anche le origini di Kimbo, una realtà familiare nata da un piccolo bar e una torrefazione nel Rione Sanità di Napoli. I fondatori, suo padre Elio e zii Francesco e Gerardo, già negli anni passati avevano l’abitudine di chiedere ai clienti come trovassero il loro caffè, “un modo per mantenere viva la connessione con il consumatore.”
Oggi la società gestisce milioni di chili di caffè crudo e tostato ogni anno, raggiungendo una quota del 9% nel mercato italiano. Rubino ha sottolineato l’importanza di mantenere sempre alta la qualità del prodotto e di sviluppare la cultura del caffè, anche attraverso il Training Center dedicato ai baristi professionisti. Questo impegno forse si spiega anche con la provenienza popolare, dove il rapporto con le persone e la realtà quotidiana rappresentano una guida imprescindibile, al di là del solo interesse economico.
Il progetto che sta nascendo nel carcere di Secondigliano rappresenta dunque un passo concreto per trasformare un’attività produttiva in occasione di crescita e rilancio per chi vive in condizioni di marginalità. La sfida si gioca su competenze, territorio e attenzione alle persone, con una prospettiva che va oltre la semplice formazione.
Ultimo aggiornamento il 23 Luglio 2025 da Elisa Romano