La Corte costituzionale ha emesso la sentenza 114 del 2025, bocciando alcune disposizioni del decreto-legge numero 73 del 2024 relative alla gestione del personale sanitario nelle regioni. Il verdetto limita le interferenze statali nella pianificazione delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale, riconoscendo alle Regioni autonomia decisionale su certi aspetti organizzativi e finanziari. La decisione chiarisce i confini tra competenze statali e regionali nel settore sanitario, a seguito di un ricorso che ha evidenziato problemi di sovrapposizione e controllo eccessivo da parte dei ministeri centrali.
La declaratoria di incostituzionalità sull’approvazione statale dei piani triennali del personale sanitario
La Consulta ha riconosciuto illegittimo l’articolo 5, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 73/2024, che affidava ai ministri della Salute e dell’Economia la facoltà di approvare i piani triennali di fabbisogno del personale sanitario delle singole regioni. Secondo la Corte, questa norma invaderebbe la competenza legislativa regionale in materia di organizzazione e tutela della salute, che è concorrente e residuale per le Regioni. In effetti, i piani triennali stabiliscono la quantità e la distribuzione del personale sanitario negli enti regionali, incidendo direttamente sui servizi offerti e sul funzionamento delle strutture sanitarie territoriali. Le Regioni, dunque, devono mantenere il controllo e l’autonomia su queste decisioni strategiche, sempre compatibilmente con i vincoli di bilancio pubblico. Consentire al governo centrale di approvare tali piani avrebbe creato un’interferenza eccessiva sul sistema sanitario territoriale. Per questo motivo la Consulta ha invalidato la parte del decreto che prevedeva questa approvazione statale, sottolineando la necessità di rispettare il principio di autonomia regionale nell’organizzazione del personale sanitario.
Il divieto di controllo ministeriale sulle misure compensative delle Regioni nelle spese per il personale
Un secondo punto contestato riguarda l’articolo 5, comma 1, secondo periodo del decreto 73/2024, dove si stabiliva che le Regioni devono ottenere una verifica di congruità da parte dei ministri della Salute e dell’Economia prima di adottare misure compensative per aumentare la spesa sul personale sanitario. La Corte ha dichiarato incostituzionale anche questa norma, perché imponeva una forma di controllo ministeriale su decisioni gestionali che rientrano pienamente nella sfera decisionale delle Regioni. La riallocazione delle risorse all’interno del bilancio regionale infatti richiede una valutazione approfondita che tiene conto delle priorità istituzionali e delle esigenze locali. Interventi esterni di verifica su queste misure avrebbero limitato la capacità delle Regioni di agire con flessibilità e responsabilità nell’organizzazione del personale. Il quadro costituzionale riconosce alle Regioni competenze ampie nella gestione della spesa sanitaria, per cui qualsiasi forma di autorizzazione preventiva da parte dello Stato si configura come una compressione ingiustificata di questa autonomia.
L’unica conferma costituzionale: l’adozione di una metodologia comune per definire il fabbisogno di personale
La sentenza ha invece dichiarato legittimo il primo periodo del comma 2 dell’articolo 5 del decreto 73/2024, che prevede l’adozione di una metodologia uniforme per stabilire i criteri generali per il fabbisogno di personale sanitario. La Corte ha chiarito che questo strumento non viola l’autonomia regionale perché si basa su dati forniti dalle stesse Regioni e non incide direttamente su scelte organizzative o sulle risorse finanziarie. La metodologia serve a fornire un quadro complessivo e condiviso per individuare i fabbisogni in base a standard generali, senza modificare i poteri delle amministrazioni territoriali. Perciò, questa parte del decreto è considerata accettabile, in quanto contribuisce a un coordinamento nazionale utile senza ledere le competenze delle Regioni. L’approvazione di criteri comuni non può sostituirsi a decisioni vincolanti, ma deve rimanere uno strumento di riferimento per monitorare e pianificare in modo trasparente la distribuzione del personale.
La sentenza 114 del 2025 ribadisce quindi la centralità del principio di autonomia nelle politiche sanitarie regionali, limitando l’intervento diretto dello Stato solo agli aspetti di coordinamento generale, senza invadere la gestione concreta dei piani e le valutazioni finanziarie locali. La Corte conferma così il complesso equilibrio previsto dalla Costituzione sulla suddivisione delle competenze nel sistema sanitario italiano.
Ultimo aggiornamento il 21 Luglio 2025 da Andrea Ricci