Il processo “Il Principe e la scheda ballerina” ha visto la sentenza quasi definitiva della Corte di Appello di Napoli, che ha emesso cinque condanne insieme a diverse assoluzioni e prescrizioni. Il procedimento, seguito dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea, coinvolgeva oltre 60 persone tra politici, amministratori pubblici e colletti bianchi legati al clan dei Casalesi a Casal di Principe. Le decisioni della Corte segnano un passaggio importante nella lunga vicenda giudiziaria.
il contesto del processo “il principe e la scheda ballerina” contro il clan dei casalesi
La vicenda giudiziaria nasce da indagini sulla presunta influenza del clan dei Casalesi nella politica locale di Casal di Principe. Nel mirino degli inquirenti finirono più di sessanta soggetti considerati vicini al gruppo criminale, tra cui politici locali ed esponenti delle istituzioni pubbliche. L’inchiesta prende il nome dal progetto immobiliare “Il Principe”, un centro commerciale mai realizzato ma che avrebbe dovuto essere finanziato grazie a una manovra politica con il presunto sostegno del clan.
Tra gli imputati spiccava Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia durante uno dei governi Berlusconi. A lui veniva contestato aver fatto pressioni per ottenere un finanziamento pubblico destinato alla costruzione del centro commerciale a Casal di Principe interessato al gruppo criminale. Tuttavia Cosentino è stato assolto definitivamente perché non è stato provato che quel finanziamento sia mai stato erogato o concretizzato.
L’indagine inoltre aveva messo in luce come gli esponenti del clan avessero pesantemente influenzato le elezioni comunali e l’amministrazione stessa della città campana negli anni oggetto dell’inchiesta.
principali sentenze confermate o modificate dalla corte d’appello nel 2025
Nei giorni scorsi la Corte d’Appello ha rivisto alcune decisioni prese in primo grado nel 2017 ribaltandone altre o riducendo le pene per diversi imputati coinvolti nel procedimento penale sul controllo mafioso su Casal di Principe.
Tra i casi più rilevanti c’è quello dell’ex sindaco Cipriano Cristiano: la pena inflitta è stata ridotta da sei anni e otto mesi a quattro anni due mesi e venti giorni. Anche Luigi Corvino ha subito una riduzione della pena fissata ora in cinque anni e quattro mesi rispetto alla precedente sentenza; Giovanni Lubello invece passa da cinque anni e tre mesi precedenti ai tre anni sei mesi attuali.
Per Demetrio Corvino e Arturo Cantiello sono stati concessi una pena più lieve pari ad un anno otto mesi con sospensione condizionale. Questi intervento testimoniano come i giudici abbiano rivalutato singolarmente ogni posizione tenendo conto anche delle prove emerse successivamente o delle dinamiche processuali intervenute dopo i primi gradi.
assoluzioni definitive ed estinzione procedurale per alcuni imputati
La Corte d’Appello ha disposto l’assoluzione piena nei confronti di cinque imputati che erano stati invece condannati nel 2017: Mirella Cirillo ed uno degli altri Luigi Corvino sono stati prosciolti completamente dopo esser stati inizialmente puniti con quattro anni ciascuno; anche Eleonora Alfieri, Vincenzo Schiavone e Vincenzo Falconetti hanno ottenuto l’assoluzione pur essendo stati prima condannati a due o tre anni circa.
Due imputati – Luca Diana e Gennaro Diana – hanno invece beneficiato della prescrizione nei loro confronti mentre si è dichiarata estinta l’azione penale per Sebastiano Ferraro ed Antonio Cantiello poiché deceduti durante lo svolgimento del procedimento giudiziario.
Queste pronunce indicano come alcuni episodi contestati non siano risultati sufficientemente provabili davanti ai giudici oppure siano sopraggiunte condizioni giuridiche particolari tali da chiudere definitivamente quei profili processuali specifici senza ulteriore iter penale nei loro confronti.
impatto sulle indagini antimafia nella provincia campana
Questo processo rappresenta uno snodo importante nelle attività investigative contro i legami fra criminalità organizzata locale ed esponenti politici ad essa collegati direttamente o indirettamente attraverso forme occulte ma strutturate d’interferenza negli apparati amministrativi territoriali. La conferma parziale delle accuse dimostra quanto fossero radicate certe logiche corruttive all’interno dell’apparato comunale.
Gli interventi decisionali su pene, assoluzioni e prescrizioni mostrano anche le complessità tecniche e giuridiche affrontate dal sistema penale nell’affrontare fenomenologie mafiose cosiddette “di prossimità”, dove spesso risulta difficile acquisire elementi certissimi tali da garantire colpevolezze incontrovertibili.
Al netto delle decisioni recenti resta alta l’attenzione sulle infiltrazioni mafiose nelle realtà periferiche, specie quelle caratterizzate dalla presenza storica di gruppi camorristici fortemente radicati. La magistratura continua infatti ad approfondire aspetti cruciali di questa rete relazionale fra potere politico locale e organizzazioni illegali pur mantenendosi vigile sull’evolversi legislativo necessario a contrastare efficacemente queste forme criminose complesse.