Nel 2024 l’Italia ha registrato un calo delle nascite, confermando le difficoltà demografiche che ormai perdurano da anni. L’età media di chi diventa madre continua a salire mentre il tasso di fecondità resta sotto il livello necessario per il semplice ricambio generazionale. La Lombardia, pur mostrando dati lievemente migliori della media nazionale, ha perso posizioni nella classifica delle regioni più favorevoli alle madri, secondo l’Indice delle madri elaborato da Save the Children e Istat. Andiamo a vedere i dettagli delle condizioni in cui vivono le donne con figli, in particolare nel contesto lombardo, mettendo in luce le principali cause dietro lo scenario attuale.
L’inverno demografico in italia e l’andamento delle nascite nel 2024
Nel 2024, in Italia sono nati circa 370 mila bambini, con un calo del 2,6% rispetto all’anno precedente. Questo trend negativo si inserisce in un contesto di profonda sofferenza demografica. La media dell’età al parto è salita a 32,6 anni, un segnale che sempre più donne rimandano la maternità, probabilmente per motivi legati a lavoro, economia e contesto sociale. Il tasso di fecondità nazionale è sceso a 1,18 figli per donna, uno dei livelli più bassi mai registrati, anzi addirittura inferiore al minimo del 1995, che si attestava a 1,19.
La Lombardia, pur non sfuggendo a questa tendenza, ha mantenuto un tasso di fecondità leggermente superiore alla media nazionale, collocandosi ottava tra le regioni italiane. Tuttavia, la regione ha perso una posizione nella classifica di Save the Children che misura quanto un territorio sia amico delle madri. Questo declino riflette situazioni di disagio e criticità legate all’occupazione, ai servizi dedicati, al sostegno sociale e alla sicurezza, elementi che pesano sulle scelte delle famiglie.
Leggi anche:
L’indice delle madri: parametri e risultati per la lombardia nel 2024
L’Indice delle madri sviluppato da Save the Children in collaborazione con Istat valuta sette dimensioni essenziali per comprendere la condizione delle madri e delle famiglie in Italia. Tra queste vi sono la demografia, i servizi educativi e sociali, il lavoro, la salute, la sicurezza contro la violenza, la rappresentanza politica e la soddisfazione personale delle donne.
La Lombardia si distingue per alcuni punti di forza. In ambito demografico, mantiene una frenata meno marcata rispetto a molte altre regioni. Per quanto riguarda i servizi, la regione si posiziona ottava, con un numero di classi primarie a tempo pieno che raggiunge il 54%, ben sopra la media italiana di 39,3%. Anche il pasto servito in mensa scolastica coinvolge l’83% dei bambini lombardi, un dato che supera nettamente la media nazionale del 57,5%. Gli asili nido, con 17,3 posti ogni 100 bambini sotto i due anni, superano di poco la media italiana ferma a 16.
Nel lavoro, le donne con figli minorenni in Lombardia lavorano molto più che in media nazionale: il 73,6% contro un dato nazionale intorno al 63%. Il part time involontario è relativamente basso, al 13%, segno che molte lavoratrici trovano occupazioni più stabili o maggiormente compatibili con il ruolo di madri. Questi fattori contribuiscono alla classifica regionale, ma non bastano per mantenere la posizione.
Criticità in lombardia: salute, violenza e rappresentanza politica
Nonostante alcune performance positive, la Lombardia mostra punti deboli significativi. Sul versante della salute infantile, la mortalità neonatale si attesta a 2,37 per mille nati vivi, appena sotto la media italiana, ma la presenza di consultori per madri è decisamente scarsa: 2,3 ogni centomila abitanti contro una media nazionale di 3,62. Questo dato ha fatto scendere la regione dal 15° al 17° posto su 21 regioni, una posizione non lusinghiera.
Sul piano della sicurezza, la dimensione dedicata alla violenza contro le donne è peggiorata, con una riduzione di risorse e centri d’accoglienza rispetto all’anno precedente. La Lombardia è passata dal quarto al quinto posto. Infine, anche la rappresentanza politica femminile negli organi locali ha subito un calo minimo, ma evidente: da ottava è scesa nona, segno che la presenza delle donne in ruoli decisionali nella regione resta ancora troppo limitata.
La condizione delle madri single e l’impatto sul lavoro
Una delle dinamiche più complesse emerge dall’analisi delle famiglie monogenitoriali, spesso guidate da madri single. In Italia queste famiglie erano 3,8 milioni nel 2021 . Tre su quattro di queste sono capeggiate da una donna. La situazione economica per molte di queste madri è critica: il 32,1% si trova a rischio povertà. Questo dato riguarda un contesto dove il lavoro femminile cala drasticamente dopo la nascita di un figlio.
Il fenomeno riguarda sia le donne sposate o conviventi che le single: una su cinque lascia il lavoro dopo la maternità. Nel caso di madri con figli disabili, questa percentuale sale fino al 35%. Lo squilibrio tra uomini e donne è marcato, dato che il 91,5% degli uomini con figli ha un impiego, mentre tra le donne il tasso scende dal 68,9% senza figli al 62,3% quando diventano madri. La gestione del lavoro e del carico familiare, inoltre, pesa ancora in modo sproporzionato sulle spalle delle donne, creando barriere alla partecipazione piena sul mercato del lavoro e nella società.
Le madri del Lombardia però, si registrano tassi di occupazione più alti rispetto alla media nazionale e un livello di part time involontario più basso, indice di un mercato del lavoro regionale leggermente più adatto a conciliare maternità e professione. Resta però un terreno di grandi sfide, condizionato da servizi di supporto a volte insufficienti e da tensioni sociali legate alla sicurezza e alla vulnerabilità economica di molte famiglie.
Il quadro demografico e sociale si conferma complesso. Anche regioni come la Lombardia, con indicatori migliori della media, mostrano segnali di allarme che richiedono attenzione sia a livello politico, sia sociale.