Le fiamme gialle di Reggio Calabria hanno eseguito un’importante confisca di beni per un valore di 21 milioni di euro nei confronti di un gruppo imprenditoriale locale, accusato di avere stretti legami con la ‘ndrangheta. L’operazione arriva al termine di una lunga battaglia giudiziaria culminata con una sentenza definitiva della Corte d’appello, confermata dalla Cassazione. Il provvedimento segue le indagini scattate nel 2020, che avevano già portato a un primo sequestro. L’azienda coinvolta opera principalmente nel noleggio di slot machine, giochi online e gestione di centri scommesse, e, secondo gli inquirenti, ha sfruttato protezione mafiosa per dominare il mercato locale.
Accertamenti sulle infiltrazioni mafiose nel mondo del gioco e delle scommesse a Reggio Calabria
Le investigazioni, svolte dalla Guardia di finanza di Reggio e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno evidenziato una profonda contiguità tra il gruppo imprenditoriale e la cosca Labate. Il collegamento emerge in particolare dalle modalità con cui l’azienda ha ottenuto il controllo del mercato locale. Nel 2020, il tribunale aveva già disposto un primo sequestro a seguito dell’operazione chiamata “Heliantus“, mirata a scardinare la rete che univa attività economiche e clan mafiosi nelle attività legate al gioco d’azzardo. Gli accertamenti svelano dettagli inquietanti sulle strategie usate per consolidare il dominio, inclusi presunti abusi come concessioni illegali di linee di credito e gestione illecita di gioco d’azzardo. Nel 2012 la pressione criminale era arrivata fino alla messa di una “bombetta” per costringere un debitore a pagare una somma di 60 mila euro.
Ricostruzione della successione imprenditoriale e impatto mafioso sul mercato locale
Gli investigatori ritengono che il gruppo abbia preso il posto di un imprenditore reggino noto come il “re dei videogiochi”, colpito da condanne per reati aggravati dal metodo mafioso e misure di prevenzione. Nel 2009, grazie alla protezione della cosca Labate, questa nuova compagine avrebbe ereditato una parte rilevante del mercato in cui operava il predecessore. Da quel momento, il fatturato e i profitti commerciali sono cresciuti rapidamente e in modo sospetto. Le attività della società hanno continuato a espandersi, soprattutto in settori molto redditizi come il noleggio degli apparecchi da gioco e le scommesse, consolidando di fatto il radicamento mafioso nel tessuto economico locale.
Testimonianze di collaboratori e conferme sui rapporti tra clan e imprenditori
Più collaboratori di giustizia hanno confermato il legame tra la cosca Labate e i titolari dell’impresa. I racconti indicano che alcuni esponenti della cosca ricevevano soldi dalle aziende coinvolte, anche senza svolgere mansioni lavorative concrete. Altri venivano invece incaricati di recuperare crediti o di svolgere funzioni di “polizia privata”, ovvero intervenire contro furti in sale da gioco o per intimidire chi ostacolava gli interessi della società. Questi elementi rafforzano gli elementi raccolti dagli inquirenti e formano la base per la confisca eseguita a carico di quattro immobili, sette società e le relative disponibilità finanziarie degli imprenditori.
Dettaglio del sequestro e conseguenze per le aziende coinvolte
La confisca ha riguardato un ampio patrimonio: immobili sparsi nel territorio, quote di sette società operanti nel settore e consistenti somme di denaro disponibili sui conti correnti dei soggetti coinvolti. L’intervento della Guardia di finanza riflette il peso economico che questo gruppo aveva raggiunto grazie al sostegno mafioso. Gli inquirenti sottolineano che l’azione mira a sottrarre risorse chiave che alimentano l’attività criminale e a impedire ulteriori profitti illeciti. La vicenda conferma la presenza stabile della ‘ndrangheta nel mondo dell’economia legata al gioco, con il controllo serrato sulle attività più remunerative e un sistema di intimidazioni che accompagna le operazioni commerciali.
Questa operazione rappresenta un passo significativo nella lotta allo strapotere mafioso in Calabria. I beni confiscati ora saranno destinati allo Stato, mentre proseguono ulteriori accertamenti e procedimenti per disarticolare le reti criminali dietro l’apparente economia legale.
Ultimo aggiornamento il 7 Agosto 2025 da Serena Fontana