Autostrade e Spea escluse da risarcimenti nel processo sul crollo del ponte Morandi e la rete ligure
Il tribunale esclude Autostrade per l’Italia, Spea e il ministero delle infrastrutture dalla responsabilità civile nel processo sul crollo del ponte Morandi, coinvolgendo solo le vittime e i comuni liguri.

Il processo sul crollo del ponte Morandi esclude Autostrade per l'Italia, Spea e il ministero delle infrastrutture come responsabili civili, concentrandosi invece sulle responsabilità tecniche e amministrative nella gestione delle autostrade liguri. - Unita.tv
Dopo anni di inchieste e polemiche, il processo sul crollo del ponte Morandi e la gestione della rete autostradale ligure ha fatto un passo importante. le società Autostrade per l’Italia e Spea, insieme al ministero delle infrastrutture, non saranno responsabili civili all’interno del procedimento. il collegio giudicante ha deciso di non includerle tra i soggetti chiamati a risarcire i danni in caso di condanna. questa decisione arriva a quasi sette anni dal tragico 14 agosto 2018, quando il cedimento del ponte Morandi provocò 43 vittime.
Esclusione delle società autostrade e Spea dal ruolo di responsabili civili
La decisione del tribunale ha escluso Autostrade per l’Italia, Spea e il ministero delle infrastrutture dall’essere parte civile nel processo sul disastro del ponte Morandi e la gestione delle autostrade liguri. Il ruolo di responsabili civili implicherebbe dover risarcire i danni qualora emergessero colpe a carico loro. Ora, invece, queste realtà dovranno rispondere solo come imputate o testimoni, ma non direttamente come soggetti a risarcimento.
Questa scelta del collegio ha portato a una ridefinizione delle parti coinvolte nella controversia. Tra quelle ammesse come parte offesa si conferma il Comitato ricordo vittime del ponte Morandi, così come i comuni di Genova, Masone, Rossiglione, Campo Ligure e Cogoleto. Invece, i sindacati e le associazioni dei consumatori erano stati esclusi da questa posizione nelle scorse udienze. Questa selezione rafforza il ruolo delle istituzioni locali e dei rappresentanti delle vittime dirette nelle richieste di giustizia.
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La decisione ha suscitato attenzione per l’impatto che può avere sullo sviluppo del procedimento penale e civile, stretto attorno a molti aspetti della gestione e manutenzione dell’infrastruttura autostradale ligure.
Quadro degli imputati e accuse principali nel processo
Sono 46 le persone iscritte nel registro degli indagati in questo procedimento che riguarda il crollo del ponte Morandi e altri episodi collegati. Tra loro spicca l’ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci, già condannato in via definitiva per la tragedia del bus di Avellino e attualmente in carcere.
Le accuse comprendono frode, falso, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo e altre ipotesi legate a una serie di gravissimi deficit nella gestione delle infrastrutture. Le indagini si sono sviluppate intorno alla scoperta di report falsificati o edulcorati sullo stato dei viadotti liguri, che avrebbero nascosto criticità e ritardi sugli interventi di manutenzione.
Altri elementi emersi riguardano sistemi di protezione difettosi, come le barriere antirumore montate in certi tratti autostradali. Queste barriere, risultate pericolose, si sarebbero staccate creando situazioni rischiose per gli automobilisti. Una registrazione telefonica tra gli indagati ha persino fatto riferimento a un fissaggio approssimativo “con il Vinavil”, mettendo in luce la superficialità nei controlli.
Questa scelta di superficialità mette a rischio la vita di molti utenti della strada, sottolineano gli inquirenti. Questo insieme di accuse punta a fare luce sulle responsabilità che hanno portato alla tragedia e alla scarsa sicurezza del sistema autostradale ligure.
Sviluppi dell’indagine e collegamenti con altri incidenti
L’inchiesta è nata subito dopo il crollo del ponte Morandi, ma si è estesa per includere altri casi problematici avvenuti sulla rete autostradale ligure. Un episodio rilevante è stato il crollo parziale all’interno della galleria Bertè, sull’A26, verificatosi il 30 dicembre 2019. Questo evento è stato incorporato nell’indagine bis, rafforzando l’attenzione sullo stato di conservazione delle infrastrutture.
I pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, coordinando la guardia di finanza che ha condotto gli accertamenti, hanno ricostruito come i tecnici di Spea abbiano sistematicamente edulcorato i rapporti sulle condizioni dei ponti. Questi documenti ammorbiditi servivano a evitare o ritardare i lavori di manutenzione, rendendo l’intero sistema più esposto ai rischi.
Le verifiche hanno anche confermato che alcune barriere fonoassorbenti installate erano difettose. L’emergenza di queste situazioni ha aggravato la percezione di trascuratezza nella gestione delle infrastrutture. Le indagini mettono in discussione la sicurezza a lungo termine dell’intero sistema autostradale della regione.
Con questa mole di fatti raccolti, si consolidano le accuse contro i responsabili tecnici e amministrativi, mentre il processo continua a dipanarsi in tribunale.